Cgil, Cofferati evoca il «partito del Lavoro»
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Cgil, Cofferati evoca il «partito del Lavoro»
ROMA - L’autonomia del sindacato dalla politica «in un sistema maggioritario e bipolare non può più essere la stessa». Ecco il tema che il segretario Sergio Cofferati, chiudendo ieri la riunione del direttivo, ha proposto di mettere al centro del congresso della Cgil del febbraio 2002. Una questione di quelle che si affrontano ogni cento anni, ha aggiunto. E non a caso il leader sindacale ha ricordato la discussione degli inizi del Novecento tra la Cgl (Confederazione generale del lavoro) e i socialisti, fino ad evocare il «partito del lavoro». Una suggestione che fatalmente collega il congresso della Cgil con quello dei Ds fissato a ottobre del 2001. La fase preparatoria delle due assise, corre infatti parallela, anzi si intreccia. Al punto che molti vedono lo stesso Cofferati, il cui mandato alla guida della Cgil scade tra un anno, in corsa per la segreteria dei Ds. Nelle uscite di questi giorni, Cofferati ha confermato l’intenzione di restare in Cgil «fino alla prossima primavera», ma è entrato con forza nel dibattito sul futuro del partito, scontrandosi con il presidente dei Ds, Massimo D’Alema. Cofferati chiede una rifondazione dei Ds centrata sulla rappresentanza dei lavoratori. E anche ieri D’Alema replica osservando che la Cgil rappresenta solo una parte del mondo del lavoro. Ieri il presidente dei Ds ha negato lo scontro con Cofferati («non c’è alcuna guerra, gli ho telefonato stamattina») ma, allo stesso tempo, ha cercato di stanare il leader sindacale. Se volesse candidarsi alla segreteria Ds, ha detto D’Alema, «sarebbe del tutto legittimo. Ma, secondo il nostro statuto, dovrebbe farlo a luglio, presentando una mozione. E lui lo sa». Per ora, Cofferati lavora invece alla mozione per il congresso Cgil. Un congresso, ha spiegato ieri nel direttivo, che dovrà ridefinire la Cgil del nuovo secolo. Davanti alla «ragionevole» prospettiva di cinque anni di governo Berlusconi e di una opposizione debole, l’autonomia del sindacato va ripensata. La Cgil continuerà a fare sindacato, «senza dare, neanche involontariamente, la sensazione che vogliamo esercitare una funzione di opposizione politica che spetta solo ai partiti». Ma «senza rinunciare alla nostra autonomia - sarebbe follia - dovremo ancorare sempre più la nostra iniziativa al progetto politico. È un terreno di ricerca che tocca a noi approfondire e scegliere». Cofferati si è fermato qui senza indicare la preferenza per un modello. Ma nella confederazione già ci si interroga sulla percorribilità di un approdo di tipo laburista (fino all’avvento di Tony Blair il Labour Party è stato il braccio politico delle Trade Unions , il sindacato inglese). Il problema del referente politico in un sistema bipolare, dove la Cgil può trovarsi sotto scacco per periodi molto lunghi, va comunque affrontato, ha sottolineato Cofferati, altrimenti non si potrà più contare sulla traduzione in leggi delle conquiste contrattuali, ma si rischierà anzi di subire l’attacco di una maggioranza ostile che potrebbe cancellare vecchie conquiste. Ecco perché, Cofferati ha sottolineato di non credere alla tesi di chi vede «una sinistra debole e una rappresentanza sociale che si consolida», cioè che a una crisi dei Ds corrisponda un rafforzamento della Cgil. La linea di Cofferati viene duramente contestata dalla sinistra interna, unita sotto la sigla Lavoro-Società e guidata da Gian Paolo Patta, Giorgio Cremaschi e Ferruccio Danini. I tre hanno confermato la presentazione di un documento di minoranza al congresso della Cgil nel quale si chiederà di «cambiare rotta» rispetto alla politica dei redditi e alla concertazione, che hanno «impoverito i salari». La sinistra (oggi conta intorno al 16% della Cgil) critica anche l’impostazione politica che Cofferati vuole dare al congresso: «Rischiamo di fare un dibattito sul futuro gruppo dirigente dei Ds», ironizza Cremaschi.
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Enrico Marro
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 Politica
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 © Corriere della Sera
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