Cgil a congresso per scegliere tra opposizione e «rientro»
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Il 16° congresso della Cgil cade in un momento particolarmente critico per i lavoratori, lo stato del paese e della «classe dirigente». Sarà un congresso dall’esito scontato, ma con conseguenze che non lo sono affatto.
I numeri certificati l’altroieri dalla commissione nazionale di garanzia non lasciano dubbi: il segretario generale uscente (e il suo successore, alla scadenza del 20 settembre di quest’anno) può contare su una maggioranza di ferro: l’82,9%. Ma è già una novità che si sia arrivati a Rimini con due mozioni diverse. La «seconda», guidata dal segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini e dagli ex segretari di bancari e funzione pubblica (Domenico Moccia e Carlo Podda), ha accettato il risultato, tra diversi mugugni. Comunque sia, le due anime del maggiore sindacato italiano hanno definito due diverse visioni del ruolo del sindacato in questa fase storica. L’insistenza della «seconda» sul tema della democrazia – stanno raccogliendo le firme per una legge di iniziativa popolare che obblighi a sottoporre qualsiasi accordo o contratto al referendum tra i lavoratori – pone un problema difficilmente sottovalutabile. Il confronto, dunque, anche se l’esito rispetto alle «poltrone» non è in discussione, potrebbe essere di alto profilo. Oltre mille delegati – in rappresentanza di più di 5 milioni e 700mila iscritti, tra dipendenti e pensionati – affolleranno da stamattina i grandi saloni della Fiera, dove intorno alle 11 Epifani leggerà la sua relazione introduttiva. Il tema generale è già indicato («difendere il lavoro, liberare i diritti»). Così come la critica al governo (idee su quello che si deve fare per superare la crisi». Il timore – per usare un eufemismo – è che «nei prossimi due anni ci sia una ripresa senza il lavoro»; e quindi le proposte giocano sulla riduzione delle tasse per lavoratori e imprese, una riforma degli ammortizzatori sociali, ecc. Mentre bisognerà affrontare anche la ferita aperta con la «riforma delmodello contrattuale», siglato separatamente un anno fa da Cisl,Uil eUgl con governo e Confindustria. Per la Cgil si tratta di scegliere se «rientrare in partita» – alla fine del «periodo di verifica » del nuovo modello, alla fine del 2012 – dopo aver strappato qualche modifica più o meno sostanziosa, oppure se attestarsi sulla linea del conflitto e dell’opposizione. Una decisione è stata già annunciata dallo stesso Epifani, qualche settimana fa, al congresso della Fiom (i metalmeccanici sono l’unica categoria in cui la «seconda» ha avuto una maggioranza schiacciante): «non vogliamo rientrare dalla finestra, ma sederci al tavolo; non è immaginabile una lunga stagione in cui la Cgil e le sue categorie non siano messe in condizione di esercitare il proprio ruolo nella contrattazione». Il problema è dunque lungo quale percorso si punterà a questo risultato. La lista degli ospiti offre qualche spunto. La presenza dei segretari confederali di Cisl e Uil – i «complici», nella definizione affettuosa del ministro del lavoro Maurizio Sacconi – è solo in parte una consuetudine. Il primo maggio unitario a Rosarno, la firma congiunta sotto i contratti di diverse categorie (alimentaristi, elettrici, edili, chimici) stanno ad indicare che una convergenza è possibile. O in atto. Anche la presenza del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia – una novità assoluta – sembra andare nello stesso senso. E il quotidiano dell’associazione (il Sole24ore) si augura che Rimini certifichi «il cambio di passo», con una «Cgil del dialogo» capace di mettere in un angolo «l’ala più intransigente». Dal lato opposto, invece, si colloca la presenza del ministro Sacconi, ancora ieri impegnato a ripetere che «la Cgil è l’unico sindacato a rimanere arroccato su posizioni estreme»; salvo auspicare che «nel suo congresso partecipi a quella evoluzione che ha già caratterizzato grandi confederazioni come Cisl e Uil».