Cdl: sì alla «via spagnola» di Cofferati
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Brunetta (Fi) apprezza le dichiarazioni del leader Cgil: «Il modello di relazioni sindacali stile Aznar fa parte del nostro programma»
 Cdl: sì alla «via spagnola» di Cofferati Marzano: «Sentiremo tutti per arrivare a un’intesa ma poi decideranno il Governo e il Parlamento» Massimo Mascini
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ROMA - Trattare con il sindacato? Ma certamente. La concertazione è nel Dna della Casa delle libertà, suona strano che lo si metta in dubbio. Il giorno dopo i segnali distensivi di Sergio Cofferati verso il prossimo Governo, dall’area del Polo arrivano solo rassicurazioni. Antonio Marzano, ministro in pectore per le Attività produttive, parla di «porte aperte al sindacato», specificando che l’unica remora è che a decidere in ultima istanza siano sempre Governo e Parlamento. Ma il dialogo è irrinunciabile, anche perché «politici e burocrati non possono conoscere tutto». Ancora più netto Renato Brunetta, candidato a ricoprire il ruolo di ministro del Lavoro, secondo il quale il dialogo sociale appartiene fortemente alla cultura della Casa delle libertà. Brunetta, che è deputato europeo, la settimana prossima presenterà una interrogazione al Parlamento di Strasburgo per far sì che in occasione di tutte le riunioni del G8, a partire dalla prossima a Genova il mese prossimo, sia prevista una consultazione delle parti sociali attraverso l’Oil, l’Organizzazione internazionale del lavoro. «Porto avanti questa richiesta — spiega — perché il dialogo sociale è patrimonio culturale di tutti i partiti della Casa delle libertà che aderiscono al Ppe». Ed è il motivo per cui si è rallegrato delle parole di Cofferati. «Ho sofferto in passato delle pregiudiziali demonizzanti di Cofferati nei confronti nostri e delle nostre proposte, adesso ho provato piacere per queste aperture». Certo, vuole conoscerle meglio, vuole capire il grado e la volontà di queste disponibilità, ma già il fatto che il segretario della Cgil parli di confronto e faccia riferimento alla Spagna di Aznar gli sembrano dati positivi. «Deve però togliersi dalla mente — tiene ad aggiungere — che tra di noi ci siano buoni e cattivi. Non ci sono i tathcheriani e i filosindacali, c’è solo il programma, a quello si sono riferiti i diversi esponenti della maggioranza che hanno parlato nei giorni passati e a quello non può non rifarsi lo stesso Governo. Ma in quel programma c’è anche il dialogo sociale». Del resto, si chiede Brunetta, come pensare che si possa fare a meno del confronto con le parti sociali? «Ormai — sottolinea — fa parte della costituzione materiale del nostro Paese, nessuno lo cancella, ma bisogna intendersi sul concetto di concertazione». Per l’economista di Forza Italia è alla concertazione di alto livello che è necessario rifarsi, quella strategica, quella che consente di aggredire e risolvere i grandi problemi del Paese. «Negli anni ottanta lo facemmo per la lotta all’inflazione — ricorda — negli anni novanta per la politica dei redditi e per il risanamento dei conti pubblici in vista dell’ingresso nell’Unione monetaria». Adesso sarebbe necesario riprovarci, per risolvere i grandi problemi del nostro paese, quelli che formano l’«anomalia Italia». A nessuno, dice Brunetta, «piace che il tasso di occupazione in Italia sia dieci punti sotto la media europea, che ci sia un sommerso tra il 20 e il 30% del Pil, che il tasso di scolarizzazione sia inferiore del 50% sulla media degli altri paesi. Ma allora — sostiene — di questo dobbiamo parlare con il sindacato e gli imprenditori, per capire quali obiettivi dobbiamo porci e come sia possibile arrivarci. Questa è la concertazione che vogliamo noi, non quella piccola piccola dello scambio politico, che riduce alla fine la concertazione al luogo dove ciascuno esercita il diritto di veto. E la Cgil ricordi chi ha partecipato alla messa a punto dei protocolli del 1993, chi ha procedimentalizzato le consultazioni delle parti sociali prima del varo del Dpef e della legge finanziaria». Il modello dovrebbe essere sempre la Spagna di Aznar. «Berlusconi — ricorda Brunetta — parla sempre del modello spagnolo, il documento del Free che ho messo a punto nelle settimane passate a quel modello si è ispirato. Se Cofferati a quello pensa non possiamo non intenderci. Un anno fa, in tempi non sospetti, per primo dissi che un eccesso di lavori atipici fa male alle imprese e fa male al Paese. Adesso dobbiamo andare avanti, noi siamo pronti». Mercoledí 06 Giugno 2001
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