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Caprotti: sfida alle Coop

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    sabato 22 settembre 2007

    Pagina 35 - Economia


    Il fondatore dell'Esselunga a tutto campo: nel mondo ci sono soltanto quattro gruppi all'altezza del mio
      Caprotti contro
      Sfida alle Coop
        «Io vendo, anzi no».«Quella volta con Pesenti»

        Raffaella Polato

        MILANO — Fioccheranno querele, garantito, ma che gli importa? È lì che le aspetta. E si diverte da pazzi. Come lunedì sera, quando «mi ha chiamato uno di voi e anzi, a proposito: c'è quel signore? Venga qui, mi devo scusare. Perché vedete, mi sono comportato molto male con lui, sono stato bugiardo, ho fatto una putt... Mi telefona e mi fa: ma allora, è vero che ha scritto un libro contro le coop? E io mica potevo rovinare la sorpresa di oggi. Quindi nego: ma va, ma le sembra? E lui: vabbé, e questa vendita? E io: non le posso dare il nome ma è già fatta». Va da sé che non era vero. Però va da sé, pure, che se a dire il contrario è il venditore (supposto?) nessuno pensa di esser stato preso in giro. Difatti: tutti a scriverlo. E Bernardo Caprotti, 82 anni, gran patron di Esselunga, grande nemico di coop rosse e sindacati, grandissimo allergico alla stampa (fino a ieri), qui a riderne ancora adesso: «Ci è cascato anche il Corriere: "Una fonte interna conferma". Ero io, la fonte interna...». Che nemmeno ora, però, dice fino in fondo la verità. Del resto: se smettesse di bluffare e facesse il nome, quello della spagnola Mercadone, sussurrato più tardi da altri vicino alla trattativa, dove finirebbe il divertissement? Suo e, ammettiamolo, di tutti quelli presenti ieri alla prima conferenza stampa di mr. supermarket?
          Ore 11, spaccate perché la sala sarà disponibile (dicono) solo per un'ora e e mezza. La coda all'ingresso del Four Seasons è già da settimana della moda, la security deve piazzarsi a metà scala per regolare il flusso, al desk a un certo punto chiudono: «Stop, non ci sta più nessuno». Persino Giulio Tremonti, arrivato a sorpresa, si accontenta e resta in piedi come mezza sala. Probabilmente lui, la mente economica di quel Silvio Berlusconi intimo amico di Caprotti, qui c'è venuto per ascoltare in diretta la tirata anti-coop e anti-sinistra. Gli altri, stampa e tv, si affollano anche per altro. Falce e carrello, il libro, ok. La vendita, d'accordo. Ma chi è questo signore che ha portato i supermercati in Italia, fondato un impero, conquistato clienti quasi adoranti perché ha prezzi bassi e l'ossessione della qualità, cacciato il figlio dalla gestione perché «non funzionava », e che però nessuno conosce perché lui in 82 anni ha concesso una sola intervista e addirittura una sola foto?

          Un grande imprenditore, certamente, come dice Ferruccio de Bortoli, che introduce la conferenza stampa dopo la «prefazione» di Geminello Alvi e cerca (senza riuscirci troppo) di spostarla da qualche furore ideologico a un piano più imprenditoriale: «Raramente ho visto un tale orgoglio e amore per l'azienda, per chi ci lavora, per il prodotto». Lui ringrazia il direttore del Sole, si commuove (e sul serio), ma per poco: è subito one man show. Pezzo forte, ovvio, le coop.

          Caprotti ne ha di affondi da fare, le denunce del libro le ha già portate a Bruxelles, a Neelie Kroes, e dice che ora andrà in Procura. Racconta un episodio su tutti: lui che acquista un terreno a Bologna per farci un «super», la sovrintendenza che blocca tutto perché si scoprono reperti etruschi, lui che rinuncia, le Coop che si fiondano e «guarda un po', la Sovrintendenza toglie i vincoli». Si smarca da Panorama, «hanno messo una foto di Giovanna Melandri, hanno fatto credere che c'entrasse lei: ma io mi gioco la testa che non ne sapeva niente, come poteva ». Però se qui sarebbe stata (sarà?) una querela senza scampo, il resto «è documentato»: «Ci sono molti modi per fermarci. Questo è uno. Così si fa il controllo del territorio. Così le coop vanno al monopolio. E così i consumatori pagano il 10,15, 20% in più. Magari per melanzane paonazze come Caprotti, perché vecchie di 15 giorni, e per zucchine marroni e per pomodori che fanno il sugo... Ma se poi esplodono i prezzi della pasta, che cosa leggo a tutto titolo su Repubblica? "Le coop bloccano i prezzi". Sì, a 46 centesimi. Quando noi siamo a 39. Chapeau a Pierluigi Stefanini e Turiddu Campaini». Che sono o sono stati, per chi non lo sapesse, i suoi omologhi in cooperativa.

          Non ne ha solo per loro. Gioca sull'ipotesi- cessione, sul vendiamo-non vendiamo, sul «no» pronunciato a un certo punto apertamente perché «pochi potrebbero garantire la qualità Esselunga e dunque, semmai, un giorno potremmo anche pensare alla Borsa». Continua, affossando pure i concorrenti esteri (e senza preoccuparsi nè di politically correct nè di qualche scivolone razziale): «Vendere? I quattrini non contano nulla, saranno sempre troppi. La questione è: a chi?». Azzardo: Wal-Mart? «È l'antitesi di Esselunga. È un discount del Mid-West: io non ho niente contro i negri, ma sono una fascia molto bassa, noi facciamo qualità». Telco, allora? «La vigilia di Pasqua, alle quattro del pomeriggio, l'agnello è già finito». Rewe? Macché: «Nel mondo solo tre o quattro gruppi sono all'altezza di Esselunga. Gli altri son troppo dozzinali. O, come il mio amico Carlo Pesenti, con i supermercati non c'entrano proprio». Voilà. Serviti. E sconti non ce ne sono nemmeno per la famiglia. Cita le due figlie, parlando del futuro. Non il figlio, Giuseppe, e glielo fanno notare. Estromesso? Alt: «È in consiglio, ha un lauto stipendio, avrà la sua parte. Ma si era attorniato da un management... Non si può diventare l'azienda più cara del Paese, se il cliente lo devi prendere a calci nel sedere è meglio che ti ritiri. C'era una ghenga che voleva impadronirsi del potere e lui non se n'è accorto. Però, scusate, con questa storia della vendita: sono un vegliardo, ma il presidente della Repubblica ha la mia età, e mica gli chiedete se deve morire prima di Pasqua o di Natale. Io sto qui, lavoro, mi diverto, rompo i cosiddetti a qualcuno, magari: ma perché mi volete far ritirare prima dei 90 anni?».

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