Camusso a Tremonti: Basta colpire il lavoro, si tassino i patrimoni
Contenuti associati
Il confronto è pugnace, aspro, con un ministro quasi stizzito, che «avrebbe forse preferito non esserci », e la leader Cgil ferma nelle proprie posizioni, che non arretra. L’incontro pubblico tra Susanna Camusso e Giulio Tremonti è quasi la rappresentazione scenica dell’inevitabilità della protesta.
OGGI LO SCIOPERO Oggi la Cgil sarà in piazza, con uno sciopero generale di 4ore (che quasi tutte la categorie hanno raddoppiato) per chiedere al governo, al ministro dell’Economia di cambiare registro. Sul fisco, sul lavoro, sui diritti. Le distanze tra la politica economica dell’esecutivo e le rivendicazioni del maggiore sindacato sono siderali. Due mondi, due visioni. Che anche ieri non si sono mai incrociati. Tanto che alla fine Camusso ha concluso (in assenza dell’interlocutore, che ha abbandonato il campo prima del previsto): «Tremonti non risponde mai, si limita a dire che il mondo è cambiato ». Ecco: nessuna risposta. Né sul lavoro (anche se sulle tipologie di contratti c’è una piccola apertura), né sulla politica fiscale (che resta a distanze siderali), tantomeno su quella sociale, che il ministro dice di aver mantenuto intatta (basta chiedere conferme ai sindaci). Qualche «tremontata», come quella proposta di «meno ballerine e più lezioni di inglese in prima serata sulla Rai». Roba da raccomandare al premier, che del ballo ha gfatto un «must» catodico generalizzato, piuttosto che alla Cgil. L’occasione del duello è la presentazione del libro di Marianna Madia, giovane deputata Pd, dal titolo «Precari », parola mai citata dal ministro. A introdurre gli interlocutori Lucia Annunziata, chenonriesce a smussare gli angoli. «Possiamo chiamarlo delfino», dice di Tremonti, che però non si «scioglie».
COMBATTIMENTI È Camusso ad aprire e chiudere i combattimenti. Parte dalla «precarietà come grande tema che interroga tutti», e visto che Tremonti ha teorizzato il posto fisso, gli chiede subito la possibilità di semplificare le figure contrattuali, e di distinguere tra autonomi e subordinati. Richiesta meno «pericolosa» di quella che segue. Un welfare che copra i periodi di non lavoro, magari ampliando l’utilizzo del sussidio per la disoccupazione. «Bisogna restituire l’età adulta ai giovani - prosegue Camusso - perché tra bamboccioni, lavoretti, accettazione delle condizioni dei migranti, oggi in Italia i giovani restano residuali, nella marginalità». Alla fine la domanda cruciale. «Quale Paese ci si immagina - chiede la sindacalista - Il governo per quale Paese lavora?». La Cgil lo sa: chiede più giustizia sociale. E dunque una redistribuzione del reddito che passa per un fisco più equo. Anche per questo oggi sciopera. «Ma questa scelta implica pestare i piedi a qualcuno - dice Camusso - per questo non la si fa». Il sindacato chiede che la «torta» sia distribuita diversamente: dalle rendite, dai grandi patrimoni, deve passare al lavoro. Tremonti non raccoglie. Anzi, rintuzza. «Siamo qui solo perché vogliamo essere democratici, ma in realtà questo libero è pieno di provocazioni », esordisce. Poi, una filippica contro i «manichei» che demonizzano il nemico e la difesa a oltranza del suo governo: tenuta dei conti, tenuta delle famiglie anche grazie agli ammortizzatori, tenuta del sistema senza scontri sociali. Insomma,il governo ha passato l’«esame» della crisi. Dunque, perché si dovrebbe protestare? «La patrimoniale? È una sciocchezza, perché in Italia non ci sono grandi patrimoni (in Italia forse no, ma al governo certamente sì, ndr) - spiega il ministro – Non ha funzionato dopo la guerra, non funzionerebbe oggi che i capitali sono mobili». È i grandi manager? Le stock option? Attacca Camusso. «Prima non pagavano un tubo, ora sì», replica il ministro, dimenticando che a tassarli è stato il secondo governo Prodi. Ma tant’è, l’importante è «battibeccare ».