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Bilancio negativo per la riforma Bersani a due anni dal via

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Sabato 8 Luglio 2000 italia - economia
Bilancio negativo per la riforma Bersani a due anni dal via: l’inerzia degli enti locali frena gli investimenti della distribuzione moderna Commercio, veti e ritardi in vetrina Una boccata d’ossigeno al piccolo dettaglio ma la deregulation andrà a regime soltanto tra qualche anno

MILANO Dopo circa tre decenni di attesa il bilancio della riforma del commercio è ben magro. A oltre due anni dal varo, chi si attendeva sostanziali cambiamenti da nuove norme ispirate ai principi del regionalismo e condite con una buona dose di deregulation (simboleggiata dalla scomparsa del Rec, delle licenze per i piccoli esercizi e della selva di tabelle merceologiche), può rimanere alquanto deluso.

Innanzitutto, come ha più volte rilevato lo stesso ministero dell’Industria, guidato da Enrico Letta, le Regioni hanno dimostrato lungaggini eccessive nel recepire le norme-quadro della riforma messa a punto dall’ex ministro dell’Industria, Pier Luigi Bersani (oggi responsabile dei Trasporti). Tant’è che Bersani stesso per molti mesi ha tenuto un orientamento molto fermo nei confronti delle amministrazioni, sfiorando il varo di una raffica di commissariamenti per far sì che almeno una decina di amministrazioni superassero l’impasse.

Del resto, nell’ultimo anno e mezzo, le associazioni degli operatori di settore — da Confcommercio a Confesercenti, da Ancc-Coop a Ancd-Conad — hanno bersagliato il Governo con una raffica di allarmi e denunce sui nodi ancora da scioglire di una riforma complessa, dalla quale ci si aspettava.

È sceso in campo anche l’Antitrust guidato da Giuseppe Tesauro per denunciare l’impatto negativo sulle dinamiche della concorrenza, derivante dalle mancate scelte delle amministrazioni locali.

La realtà oggi, come rilevano le analisi periodiche dell’Ancd-Conad e del Cescom-Bocconi, è che la media e grande distribuzione è praticamente ferma al palo da circa due anni. A nulla sono valsi gli appelli di Faid, Federcom, Ancc-Coop e Ancd-Conad per velocizzare le procedure e consentire i nuovi investimenti.

Così le imprese hanno deciso di mobilitarsi. Confcommercio (cui aderiscono Faid e Federcom), Ancc-Coop e Ancd-Conad hanno dato vita a Excel, una sorta di super-associazione con l’obiettivo dichiarato di accelerare il confronto sulle prospettive del settore. «La riforma è inattuata — rilancia Renato Viale, presidente di Federcom — la media distribuzione italiana ha le mani legate mentre l’offensiva dei giganti stranieri si fa sempre più pesante. Insomma siamo condannati a soccombere».

Il piccolo dettaglio in questi mesi ha ricevuto una scossa positiva. La deregulation, sia pure con tutti i limiti introddotti dalle amministrazioni locali, ha iniziato a far sentire i propri effetti e i dati elaborati dalle Camere di commercio hanno messo in evidenza che c’è stata una ripresa degli investimenti e delle aperture. Nel corso della seconda parte del ’99, per la prima volta da molti anni, è stato registrato un saldo attivo con oltre 15mila nuove aperture a fronte di 9mila chiusure, secondo le rilevazioni Infocamere per il ministero dell’Industria.

Il settore del franchising, con oltre 22mila negozi, è in piena espansione per effetto dell’interesse dei piccoli negozianti ad associarsi a realtà strutturate e più affidabili sotto il profilo dei risultati commerciali.

«Il problema vero — sottolinea Osvaldo Napoli, vicepresidente vicario dell’Anci — è che il Governo, e il ministero dell’Industria in particolare, in questa fase così delicata risultano latitanti. In precedenza c’erano state delle iniziative apprezzabili. Ora invece si naviga a vista e non si intravvede una direzione precisa. Invece è proprio in questo momento che le strutture governative dovrebbero sviluppare il confronto con le amministrazioni locali per accelerare e recuperare il tempo finora perduto».

Dei segnali ci sono, seppure in un contesto ancora confuso. Proprio ieri il Comune di Napoli ha varato una delibera di Giunta per la pianificazione commerciale della grande distribuzione, individuando aree sulla planimetria della città in cui sia possibile concedere le autorizzazioni relative, censendo immobili adeguati. Sono state anche individuate aree per la media distribuzione alimentare e mista, percorsi di riqualificazione e rilancio della rete commerciale; e verificando la compatibilità della media distribuzione con le piccole botteghe a conduzione familiare. La delibera passa ora all’esame del Consiglio comunale.

La Regione Lombardia ha varato il regolamento che detta i criteri ai Comuni sull’urbanistica commerciale e sul rilascio delle nuove autorizzazioni alle superfici commerciali; la Regione ha individuato almeno 250mila metri quadrati, di cui una parte coperta da progetti in giacenza.

Ma a Torino è battaglia, in Consiglio regionale, sul progetto di investimento a Santhià predisposto dal gruppo statunitense Prime Retail per realizzare un megacentro commerciale (del tipo factory outlet). Forza Italia ha proposto un emendamento alla legge recentemente varata, schierandosi contro l’investimento.

Resta infine ancora scoperto il nervo del divieto delle vendite sottocosto. Il Governo di recente (con due anni di ritardo) ha varato una bozza di provvedimento per disciplinare i maxisconti nei supermercati. Ma il provvedimento non è praticamente piaciuto a nessuno. Innanzitutto a coloro — imprese di marca in pole position — che ne avevano chiesto da tempo il varo. Sono insorte le associazioni dei consumatori, da tempo schierate contro un provvedimento di sapore dirigistico sui prezzi.

Intanto, all’Antitrust stanno valutando come interventire.

Vincenzo Chierchia