Berlusconi per ora non cede sull'art.18
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Durante il vertice a Palazzo Chigi con i sindacati il Governo conferma i contenuti della delega ma rinvia la risposta ufficiale a lunedì
 Berlusconi per ora non cede sull'art.18 Le confederazioni chiedono lo stralcio delle misure sui licenziamenti e più risorse per i contratti pubblici - Maroni: incontro positivo
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ROMA - Il Governo prende tempo e fissa al prossimo lunedì un nuovo incontro con i sindacati. L'incontro di ieri tra il premier Silvio Berlusconi e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil si è concluso in un niente di fatto, in un appuntamento interlocutorio dove ciascuno ha difeso le proprie posizioni. Il sindacato riaffermando una nettissima e compatta contrarietà sulle modifiche all'articolo 18 dello Statuto, il Governo difendendo le nuove norme del collegato-lavoro approvate all'unanimità nello scorso Consiglio dei ministri. Al momento, quindi, non ci sono dietrofront dall'Esecutivo anche se l'incontro di ieri è servito al premier per pesare bene il dissenso dei tre leader sindacali sulla questione dei licenziamenti. «Berlusconi - ha detto il numero uno della Uil, Luigi Angeletti - ha ben compreso la valenza politica della nostra richiesta e le conseguenze che deriveranno da un "no". Per questa ragione ha chiesto tempo per riflettere». Dai sindacati è infatti arrivata la richiesta di stralciare del tutto dalla delega sul lavoro la parte che riguarda l'articolo 18 mentre sugli altri contenuti le posizioni di Cgil, Cisl e Uil si divaricano. «Se le risposte del Governo saranno negative - ha detto il leader Cgil, Sergio Cofferati - sarà rottura». La Cgil ha però più di una ragione per promettere uno scontro frontale. Non c'è solo la questione di merito dei licenziamenti ma anche l'uso dello strumento delle deleghe scelto dal Governo per portare avanti le riforme del lavoro, della previdenza e fiscali. Riforme che ieri il Governo ha difeso tendendo il punto su tutto. «Il problema - ha detto il leader Cisl, Savino Pezzotta - è che sulle modifiche all'articolo 18 non c'è consenso. Mantenere quelle norme sui licenziamenti diventa un elemento forte di frizione e tensione con le parti sociali. Anche sull'arbitrato chiediamo una riscrittura completa delle norme». Insomma, da Cisl e Uil arriva un sostanziale sì alla delega e un sì sugli altri punti del collegato lavoro. E su queste differenze si dovrà muovere il Governo, oltre che sulle diverse istanze che arrivano dalla propria maggioranza (si veda articolo accanto). Evitare di impattare su uno sciopero generale, al di là dello scambio di battute che c'è stato durante l'incontro («voi fate lo sciopero? Allora io ritiro l'articolo 18» avrebbe detto Berlusconi in tono ironico con i tre leader), sarà il tema all'ordine del giorno delle diplomazie di Palazzo Chigi. L'intenzione di fare una completa inversione di marcia non c'è. Si ragiona invece su una possibile attenuazione di quelle modifiche inserite nel collegato, magari eliminando alcune delle fattispecie toccate dalla "sospensione" provvisoria dell'articolo 18. L'ipotesi di prevedere il risarcimento al posto dell'obbligo di reintegrazione nei casi di emersione è quella che più facilmente potrebbe cadere. Così come potrebbe essere inquadrata diversamente la modifica che coinvolge le piccole imprese che vogliano superare la soglia dei 15 dipendenti. Sull'arbitrato, invece, nel Governo già si parla apertamente di una possibile cancellazione delle norme e di un rinvio alle parti per produrre un avviso comune. Limitare la platea potrebbe essere una delle mediazioni anche se quello che davvero non si vorrebbe toccare è la modifica che riguarderà la trasformazione dei contratti da tempo determinato in assunzioni stabili. Questo viene considerato il vero punto qualificante nella riforma dell'articolo 18, cioè la reale sperimentazione per verificare se con le modifiche si produrrà occupazione aggiuntiva a tempo indeterminato. Ma il Governo potrebbe anche semplicemente rinviare tutta la spinosa questione più in là nel tempo dicendo di volerla risolvere nella trattativa ancora aperta sulle pensioni. Berlusconi, insomma, potrebbe continuare a tenere la porta aperta a eventuali ripensamenti ma non subito, non lunedì. C'è anche da dire che a complicare la situazione c'è la questione dei rinnovi nel pubblico impiego. Questione ricordata ieri dai tre leader sindacali che aspettano ancora risposte sulle risorse disponibili. Anche su questo punto il sindacato minaccia mobilitazioni e perfino uno sciopero nel pubblico impiego se, come ha ricordato Pezzotta, «ci riproporranno uno 0,3% di recupero del differenziale inflattivo che è assolutamente insufficiente per chiudere i contratti». I fronti, dunque, sono più d'uno e il Governo sa che bisogna assolutamente evitare di sommarli. Perché sul pubblico impiego, come sull'articolo 18, il sindacato è compatto, come ieri ha potuto constatare di persona il premier. «Ma non eravate d'accordo?», sembra sia stata un'altra delle battute di Berlusconi rivolgendosi al ministro del Welfare, Roberto Maroni, di fronte al muro di Cgil Cisl e Uil sui licenziamenti. Anche sulle pensioni i sindacati sono in attesa di testi scritti che per il momento non ci sono perché, come ha detto Cofferati, «c'è un intreccio con la delega per la riforma fiscale». Ma su questo fronte Cisl e Uil sembrano essere tranquille: «Il ministro Maroni - ha detto Pezzotta - ci ha assicurato che i 5 punti sono esaustivi». Ieri, al termine dell'incontro, il ministro leghista ha dato «un giudizio estremamente positivo. Pur rimanendo le divergenze sull'art.18, è stata accertata una sostanziale convergenza sul resto dei contenuti delle deleghe in materia di lavoro». Lina Palmerini Mercoledí 21 Novembre 2001
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