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 N.17 del 17 febbraio 2005
ECONOMIA Bentornato aumento
Sorpresa: dopo un 2003 di lacrime e sangue le aziende hanno riaperto i cordoni della borsa. E promettono anche un 2005 un po' più generoso. Ma non per tutti: ecco dove la busta paga vincerà la gara contro l'inflazione.
di Raffaella Galvani
Preoccupati per lo stipendio? Calma: almeno per chi lavora nelle grandi aziende nel 2005 la copertura dell'inflazione dovrebbe essere assicurata. Con aumenti che solo per la parte fissa, tra ritocchi contrattuali, scatti di anzianità, ma soprattutto di merito, oscillano tra il 3,3 per cento degli operai e il 5,3 dei direttori. È quanto emerge dall'indagine che la Watson Wyatt, una delle principali società internazionali di consulenza nelle politiche retributive, ha svolto su un campione di 70 mila persone che lavorano in 100 grandi aziende (65 per cento multinazionali) operanti nei principali settori dell'economia, e che Panorama pubblica in esclusiva. Oggetto: quanto hanno pagato davvero le imprese i loro dipendenti nel 2004 e come si comporteranno quest'anno.
L'argomento stipendi è bollente. Come per la riforma fiscale, che promette di rendere più pesanti le buste paga e meno rapace il fisco, in queste settimane si è scatenata sui salari una vivace polemica. Con l'Istat che dipinge il 2004 come un anno record per gli stipendi, cresciuti a un tasso medio del 2,9 per cento, per la prima volta dopo quattro anni sopra l'inflazione; e i sindacati che contestano le cifre, parlando della solita «media del pollo». Chi ha ragione? I dati dell'indagine pubblicata da Panorama sembrano confermare i risultati dell'Istat. E seppur limitata alle grandi aziende, l'inchiesta si basa su un campione vasto: le buste paga effettivamente intascate da 10 mila dirigenti, 25 mila quadri e 35 mila impiegati.
Dopo un 2003 nerissimo, il 2004 ha portato più quattrini a tutti. Conferma Marco Legnani, partner della Watson Wyatt e responsabile dei sistemi retributivi: «Ha ripreso a salire anche lo stipendio fisso, che da tempo era stato trascurato dalle aziende, con incrementi che oscillano dal 6,7 per cento dei direttori all'1,9 degli impiegati». Se poi si aggiungono i premi di fine anno e i bonus variabili, ovvero si considera quella che gli esperti chiamano la retribuzione totale, i conti sono ancora più positivi. Con dirigenti e quadri (come risulta dalle tabelle pubblicate qui a fianco) che incassano incrementi di circa il 4 per cento e addirittura il doppio i direttori. Tutto bene, quindi?
«In realtà, basta allargare il bilancio al biennio 2003-2004 per raffreddare gli entusiasmi» precisa Rodolfo Monni, responsabile della ricerca. A fronte di un tasso di inflazione ufficiale del 2,7 e del 2,2 per cento, solo i direttori hanno davvero guadagnato, portando a casa un aumento complessivo del 10,1 per cento della retribuzione fissa e del 12,7 della totale. Tutti gli altri, invece, hanno perso potere d'acquisto: primi tra tutti gli impiegati, che hanno addirittura registrato un meno 0,2 dello stipendio fisso; ma persino i dirigenti, che nel biennio hanno portato a casa appena il 4,3 per cento in più, incentivi compresi.
Insomma, la sensazione di impoverimento non è stata solo psicologica. Ma è destinata a perdurare? In effetti, spiegano alla Watson Wyatt, i tempi non sono facili e i bilanci sono magri. Tuttavia, le aziende hanno capito che è indispensabile riaprire i cordoni della borsa, per non demotivare e provocare fughe di collaboratori, costosi da rimpiazzare. E nel 2004 hanno iniziato a comportarsi di conseguenza.
Non per tutti va allo stesso modo: come mostrano le tabelle pubblicate, non solo conta quanto uno è bravo, pesano anche settore di attività e area aziendale. Spiega Monni: «Il largo consumo e il farmaceutico si sono confermati lo scorso anno tra i migliori pagatori assoluti, anche se va segnalata la ripresa delle telecomunicazioni, trainate dalla telefonia mobile, dell'informatica e dell'elettronica di consumo. Mentre il metalmeccanico rimane la cenerentola per busta paga». Quanto alle funzioni, tra i numeri uno (e non solo) salgono nella hit parade retributiva tutte quelle legate alla riduzione dei costi: dall'amministrazione e finanza alla logistica, dagli acquisti al personale. Meno brillanti produzione (le imprese delocalizzano), legale e ricerca.
Quali logiche adottano le aziende per premiare i loro collaboratori? «Al centro dell'attenzione» spiega Legnani «ci sono i talenti, che non sono più i fenomeni di un tempo in grado di rivoluzionare le sorti aziendali, ma piuttosto le persone che con continuità da più anni danno buone prestazioni e che soprattutto occupano ruoli chiave». Per individuarle le aziende chiedono ai consulenti sistemi di valutazione sempre più sofisticati e politiche retributive personalizzate. Insomma, se un tempo per gli aumenti si ragionava per fasce retributive generali, finendo per premiare anche quel dirigente o quadro che rispetto ai compiti risultava già strapagato, oggi si punta a identificare la criticità del ruolo e a rivedere le buste paga di conseguenza. Sia per la parte fissa sia per quella variabile.
Già, il variabile: anche nel 2004 ha contribuito in maniera significativa all'irrobustimento delle buste paga, ma in maniera diversa per le varie categorie di dipendenti. Per esempio i direttori e i dirigenti hanno visto crescere soprattutto gli incentivi variabili annuali o bonus legati a obiettivi predeterminati (più 14,9 e più 8 per cento), mentre per impiegati e quadri si registra un forte incremento sul 2003 dei premi di fine anno (più 29 e più 25,7 per cento). Il motivo? «Non sempre per i quadri e soprattutto per gli impiegati è possibile individuare target personali misurabili. Così alla fine dell'anno si valutano le prestazioni complessive e si opera attraverso dei premi».
Ma che fine hanno fatto le stock option, ovvero quegli strumenti di incentivazione a lungo termine legati al rialzo delle azioni, che negli anni della bolla tecnologica hanno reso ricchi molti manager? Osserva Legnani: «A causa dei nuovi principi contabili internazionali che impongono di inserire le stock option a bilancio fra le spese, rendendole quindi più costose, le imprese stanno drasticamente diminuendo il numero di persone a cui concederle, concentrandosi su quei collaboratori che possono incidere sulla quotazione o sul valore aggiunto dell'azienda». Quindi aumentano stock option e piani azionari a favore dei top manager e diminuiscono quelle per i livelli medio-bassi. Nel 2004 i quadri che sono stati inseriti in piani di incentivazione azionaria sono diminuiti del 9,5 per cento e gli impiegati del 19,3.
Un problema comunque rimane: che siano distribuiti sotto forma di aumento, premio di fine anno o incentivo azionario, i quattrini che le aziende possono dare ai dipendenti non sono molti. Esperti e direttori del personale cercano di far ragionare i lavoratori di ogni ordine e grado in termini di «total reward» o compenso complessivo. Che tradotto in parole semplici significa tener conto non solo dei soldi brutali, ma anche di tutto quello che sta intorno alla busta paga, dall'ambiente di lavoro al rapporto con il capo.
Alla Watson Wyatt per esempio hanno condotto uno studio da cui è risultato che non solo il «cash» motiva il dipendente. «Certo al primo posto c'è la retribuzione totale che non può essere sotto la media di mercato» precisa Legnani. «Ma subito dopo vengono le prospettive di promozione, la flessibilità del pacchetto retributivo (fatto sui misura), le opportunità di training, una comunicazione efficace e un ambiente creativo». Tutto vero. Ma per chi più prosaicamente resta attaccato al vecchio principio dei soldi «pochi, maledetti e subito» forse è utile sapere che probabilità avrà di ottenere il normale aumento in busta paga. E ancora una volta la ricerca della Watson Wyatt ci viene in soccorso.
I più fortunati? Come sempre i top manager: ben il 77 per cento dei direttori e il 70 per cento dei dirigenti passeranno con successo alla cassa. Però l'ascensore che porta ai quattrini non sarà in salita per tutti: nel 2005 infatti il premio in busta paga arriverà solo alla metà dei quadri, al 38 per cento degli impiegati e dei venditori. E gli operai? Dovranno accontentarsi: solo uno su cinque ce la farà.
IL PREMIO PESA DI PIÙ AI PIANI ALTI
Si amplia la forbice tra impiegati, quadri e top manager Nel 2004 gli impiegati, tra stipendio di base, bonus e premi, hanno incassato mediamente 32 mila euro, con un aumento del 2,4 per cento rispetto all'anno prima. Un po' meglio è andata ai quadri (3,8 per cento) e ai dirigenti (più 4 per cento).
Allungano invece le distanze i direttori, cioè i responsabili di funzione che dipendono direttamente dal numero uno dell'azienda: per loro l'incremento è stato in media dell'8,2 per cento. Già nel 2003 solo i top manager avevano battuto l'inflazione.
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BENEFIT À LA CARTE
L'ultima moda per incentivare il dipendente L'ultima novità in materia di benefit si chiama «cafeteria» e si pronuncia all'inglese. Di fatto è come se al dipendente venisse dato appunto il menu di una cafeteria dove, all'interno di un limite di spesa (la cifra messa a disposizione dall'azienda), è libero di scegliere quale «piatto» preferisce: il fuoristrada piuttosto che l'iscrizione al circolo sportivo, il corso di lingue piuttosto che l'assicurazione vita. «Si punta sui flexible benefit perchè si vuole che il dipendente riceva qualcosa che davvero apprezza» spiega Legnani della Watson Wyatt.
Di certo se i benefit più creativi sono i più divertenti (nel menu compaiono persino il corso di guida sportiva e la settimana benessere), i più seri come l'assistenza sanitaria e la pensione integrativa sono quelli che si stanno diffondendo maggiormente, anche ai livelli medio-bassi. Nel 2004 i piani pensionistici sono aumentati del 16 per cento per i quadri e del 12,5 per gli impiegati.
Quanto valgono i benefit? Nel 2004 i direttori hanno avuto un pacchetto del valore medio di 20 mila euro, i dirigenti di 8 mila e i quadri di 2 mila.
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