venerdì 18 Luglio 2003 |
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Basi Usa, diritti zero Nemmeno i lavoratori alle dirette dipendenze del governo americano sono risparmiati da mobbing e pressioni di ogni genere. E quando sorgono problemi vengono trattati come i militari senza gradi. Sindacati? Purché non siano di sinistra
FRANCESCA PILLA
L'extraterritorialità delle basi Us Navy e Nato crea non poche distorsioni nelle competenze legislative tra governo italiano e statunitense e getta un velo scuro su quello che succede all'interno di centri recintati, coperti dal «segreto militare» anche per ciò che concerne le vicende dei lavoratori italiani. Parlare di zona franca è riduttivo, visto che conoscere i rapporti di forza tra personale civile e militare è praticamente impossibile. Le aree infatti sono completamente in mano agli ufficiali statunitensi che decidono le sorti dei dipendenti, gestendo arbitrariamente assunzioni, spostamenti di personale, appalti. In Campania i siti della Us Navy sono ad Agnano, Capodichino e, da qualche anno, nella nuova base di Gricignano d'Aversa. La Nato invece ha il comando generale a Bagnoli, mentre il centro radar si trova a Lago Patria, a pochi chilometri da Napoli. Quindi c'è il Corney Park, tra Pozzuoli e Quarto, una grande struttura dedicata allo svago dove entrano solo cittadini statunitensi, ma anche qui il personale italiano non manca. Nelle basi gli italiani dipendenti diretti di Washington sono circa settecento, mentre quelli che lavorano per le ditte nostrane sono un centinaio. Stime precise non si possono fare perché il numero dei dipendenti varia di stagione in stagione, e i sindacati non hanno informazioni dettagliate. La Cgil è bandita dalle basi fin dal lontano dopo guerra, perché gli Usa non riconoscono la prima organizzazione dei lavoratori in Italia, e neppure i Cobas e l'Ugl. Una chiara violazione delle nostra leggi, perché la Cgil sarebbe in teoria ammessa dalle ditte italiane nelle basi. Ma di fatto ciò non avviene.
Così i lavoratori alle dirette dipendenze Usa denunciano da tempo la violazione dei diritti minimi. Innanzitutto la mancanza di una concreta copertura sindacale permette ai «supervisori» ogni tipo di sopruso e un mobbing spietato nei confronti di chiunque cerchi una qualche forma di tutela. Ultimamente, per un volantinaggio si è arrivati anche alle minacce esplicite. I dipendenti raccontano di essere trattati come militari, pur essendo semplici lavoratori civili. Raccontano ll'ambiguo rapporto con datori di lavoro che si trasformano in caporali a tutti gli effetti non appena si presenta un problema. In particolare, quando un settore è destinato a essere esternalizzato, aumentano a dismisura i carichi di lavoro, si tagliano i finanziamenti per poi lasciare in gestione agli italiani il lavoro sporco.
Sulle assunzioni di personale decise senza nessun criterio di trasparenza, Cisl e Uil hanno tentato più volte d'intervenire, ma alla fine hanno gettato la spugna. Ora c'è la spinosa questione del trasferimento di molti reparti nella base di Gricignano d'Aversa, negli ultimi anni al centro di accese polemiche sia perché sorge su un sito archeologico (i lavori sono stati interrotti più volte proprio per il ritrovamenti di reperti antichi), sia perché la costruzione è in parte gestita dalla famiglia Coppola, quella del famoso Villaggio simbolo dell'abusivismo edilizio sul litorale domitio. I dipendenti lamentano l'imposizione di lunghe trasferte, che per gli impiegati part time significano oltre due ore di viaggio da Napoli, per lavorare al massimo quattro ore. Ma a chi rivolgersi? Di visite dell'ispettorato al lavoro non se ne parla, e quand'anche arrivino i funzionari di Roma sono liquidati con un blando resoconto che naturalmente dimostra come tutto sia in piena regola. In seguito all'inchiesta aperta da il manifesto un gruppo di parlamentari - tra cui Vincenzo Siniscalchi e Giovanni Russo Spena - ha preparato un'interrogazione urgente al ministro del welfare per «accertare se il mantenimento del rispetto del trattato Nato possa consentire che nelle basi non vengano rispettati i diritti connessi al rapporto di lavoro di cittadini italiani». I dipendenti aspettano.
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