Associazioni, sale la fronda

Sabato 22 Marzo 2003
LIBERE PROFESSIONI |
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Associazioni, sale la fronda
 Si rafforza il timore che la proposta di riforma possa pregiudicare il futuro
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ROMA - Tra i rappresentanti delle professioni non riconosciute si rafforza la convinzione che la proposta di riforma nasconda troppe insidie che potrebbero minare il futuro delle Associazioni. Anche se il sottosegretario alla Giustizia, Michele Vietti, rassicura che l'obiettivo della riforma delle professioni è creare un sistema duale, in cui l'affidamento dei consumatori è garantito da Ordini e Associazioni (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri). «Il progetto - afferma Ennio Ciampoli, vicepresidente del coordinamento Colap - non innova, anche se ammette la possibilità di riconoscimento per le Associazioni esistenti. Si tratta, visto l'impianto, di un compromesso debole che potrebbe essere spazzato al primo colpo di vento in Parlamento, benché Vietti sostenga che il progetto ha raggiunto un punto di equilibrio. Vedremo la prossima settimana il testo definitivo». Il progetto dà spazio - secondo Ciampoli - ad aspirazioni corporative. «Gli Ordini - spiega - riescono a imporre la figura del professionista dipendente che dovrà sottostare alla regolamentazione e insieme rispettare i doveri di lavoratore subordinato. Se dovesse essere radiato, l'imprenditore o la pubblica amministrazione dovranno licenziarlo? Che ne pensano le associazioni datorili e i sindacati?». La proposta di riforma, secondo Claudio Antonelli, presidente dell'Apco, l'associazione dei consulenti di direzione, poggia su basi ambigue. «Gli Ordini - commenta Antonelli - sono stati ricondotti a professioni che operano in ambiti caratterizzati da interessi generali, meritevoli di specifica tutela. Invece le "nuove professioni" saranno riconosciute in base alla rilevanza economica e sociale. Tuttavia, i due concetti non sono esclusivi: un professionista del marketing, pur non appartenendo a un Ordine, se sbaglia la campagna per un prodotto, per esempio un'auto, ha impatto su interessi generali. Invece, nel caso di un ragioniere libero professionista, che si occupa di "piccole" contabilità, le conseguenze in presenza di errori sono limitate». Le definizioni che costituiscono lo spartiacque tra Ordini e Associazioni non sono esclusive l'una nei confronti dell'altra e - secondo Antonelli - per individuarli non è previsto alcun criterio oggettivo. «La proposta - concorda Riccardo Alemanno, presidente dei tributaristi Int - riprende un vecchio schema e confina le Associazioni in una specie di riserva indiana. Per il futuro è inibito il riconoscimento di nuove professioni che ricomprendano anche attività tra quelle "qualificanti" esercitate da iscritti agli Ordini. In modo egoistico potremmo essere soddifatti perché nel periodo transitorio sono fatte salve le Associazioni esistenti. Ma il problema è la libertà di esercizio delle attività non esclusive». Esercizio che deve prescindere anche dall'iscrizione alle Associazioni: la richiesta di certificazione, infatti, deve avvenire su base volontaria. Il timore che la proposta ipotechi il futuro delle Associazioni è condiviso anche da Roberto Falcone, presidente dei tributaristi Lapet: con il veto a nuove professioni in relazione alle attività qualificanti si estendono in modo implicito le esclusive degli Ordini. Per Stefano Masullo, presidente di Assoconsulenza (consulenti finanziari), «la proposta di riforma è un passo avanti, ma insufficiente. Le Associazioni non possono essere relegate in serie B». Soddisfatta del progetto Vietti è invece la Confederazione Unionquadri. «Il riconoscimento pubblico delle professioni che non risultano disciplinate da disposizioni legislative - afferma il presidente Corrado Rossitto - è una novità rilevante. Comunque all'interno del sistema dualistico per Ordini e Associazioni vanno definiti spazi di attribuzione». M.C.D.
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