Art. 18, anche Berlusconi si è arreso
 mercoledì 10 novembre 2004
«Non siamo riusciti a convincere il nostro interlocutore». Ma Maroni non ci sta e annuncia di voler tirare dritto Art. 18, anche Berlusconi si è arreso
MILANO Alla fine anche Berlusconi ha dovuto arrendersi. E ha consegnato alla storia - sì, proprio alla «Storia d’Italia da Mussolini a Berlusconi», l’ultimo libro di Bruno Vespa - la sua decisione: la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quella che avrebbe dovuto dare il via ai licenziamenti facili, non si farà. Abbandonata. Dopo tanto battage da parte del governo e della Confindustria di D’Amato e dopo la mobilitazione (referendum compreso) dei lavoratori.
Non che il premier si sia convertito. Anzi. «Questa riforma - ha affermato - sarebbe utile alle imprese, ai lavoratori e all'intera economia. Purtroppo però non siamo riusciti a convincere i nostri interlocutori dei vantaggi che essa presenta. Meglio prendere atto, piuttosto che alimentare un rischioso conflitto sociale». Ma è sempre l’ammissione di una pesante sconfitta. E proprio sul fronte del consenso. La ritirata del premier, a sinistra, è stata accolta con soddisfazione, ma anche con qualche timore. «Finalmente si è convinto che modificare l'articolo 18 non serve a nessuno» - dichiara Giovanni Battafarano, capogruppo Ds in commissione Lavoro. «È positivo che anche il presidente del Consiglio si sia deciso a rinunciare, seppure tardivamente, a una modifica che non fa altro che alimentare il conflitto sociale». Sospettoso, invece, Gigi Malabarba, capogruppo Prc al Senato. Teme che Berlusconi, d’intesa con Maroni, stiano preparando «l’inganno». Cioè rinunciare ai licenziamenti individuali per avere mano libera con i licenziamenti collettivi attraverso la revisione degli ammortizzatori sociali. Il precedente sulla cassa integrazione per l’Alitalia non lascia tranquilli.
La maggioranza? Divisa come quasi sempre. L’Udc dice che sul destino dell’articolo 18 si deciderà nel corso di una riunione ad hoc la prossima settimana. Maroni invece proclama di voler tirar dritto. Senza sentire né le ragioni del premier né quelle dell’attuale presidente di Confindustria. «Ribadisco che il governo non farà alcuno stralcio - ha affermato -. Le sorti della riforma degli ammortizzatori sociali, dell'indennità di disoccupazione e dell'articolo 18 sono intimamente legate». E richiama il cosiddetto Patto per l’Italia firmato con Cisl e Uil. Ma è probabile che alla fine debba cedere. Dall’altra parte non c’è solo una parola. Ma un libro. Un libro di storia.
a.f.
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