Arriva l'ora del signor no - di Fabrizio Rondolino

Arriva l'ora del signor no 23 marzo 2002
di Fabrizio Rondolino
La grande manifestazione che si tiene oggi a Roma, convocata dalla Cgil per contestare le scelte di politica economica e sociale del governo, e divenuta, dopo l’omicidio del professor Biagi, una manifestazione «contro il terrorismo, per la democrazia, per l’affermazione dei diritti», è anche, e forse prima di ogni altra cosa, un grande evento politico.
L’emozione e il dolore di questi giorni, segnati dal ritorno prepotente del terrorismo, non cancellano infatti il significato e la portata della partita giocata in solitudine da Sergio Cofferati. Fedele al proprio soprannome, il «Cinese» ha aspettato che la corrente del fiume trasportasse i suoi avversari: si è sottratto ai giochi congressuali dei Ds puntando sulla debolezza intrinseca di quel gruppo dirigente; ha evitato con cura ogni intervento nelle vicende interne dell’Ulivo, lasciando che la leadership di Rutelli si indebolisse; ha rotto con Cisl e Uil convinto che le scelte del governo avrebbero prima o poi riunificato il fronte sindacale; ha lasciato che Rifondazione plaudisse alla sua linea senza tuttavia concederle nulla; infine, ha saputo accreditarsi come interlocutore tanto del variegato movimento no-global quanto dei «girotondisti», senza cadere, diversamente da molti dirigenti del centrosinistra, nella facile tentazione di piacere a tutti i costi.
Se a tutto ciò si aggiunge che la Cgil è la più forte organizzazione di massa, e che si trova saldamente alla testa dell’opposizione (sia sociale sia politica sia «civile») al governo Berlusconi, ce n’è abbastanza perché la manifestazione odierna consacri Cofferati come il vero leader della sinistra italiana. E tuttavia proprio qui cominciano i problemi: perché è vero che Cofferati - diversamente da altri leader - è un leader che non divide e lacera ma, al contrario, unisce e unifica le varie anime della sinistra; e tuttavia è altrettanto vero che quest’unità è un’unità dei «no»: no al governo, prima di tutto, ma no anche ad una concezione meno «antagonista» e più duttile dello scontro politico, e no ad un programma riformista coraggioso capace di fare i conti anche con quanto di vecchio ancora alberga a sinistra.
Intendiamoci: non è vero che Cofferati sia un conservatore. La sua personalità e la sua storia sono assai più complesse. Ma è vero che la sua leadership ha oggi un sapore antico: è la leadership rassicurante e ben poco innovativa di un esercito sbandato che s’attesta in trincea in attesa di tempi migliori. Sta proprio a Cofferati, dopo il prevedibile successo della manifestazione di oggi, indicare al suo popolo una strada che possa condurlo fuori dalle secche in cui si trova. La sinistra ha trovato un leader, ma deve ancora trovare una politica capace di renderla di nuovo credibile.
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