All’Italia il record dell’invecchiamento
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All’Italia il record dell’invecchiamento In 20 anni prima in Europa con effetti sulla previdenza
ROMA — L’invecchiamento demografico colpirà l’Italia più degli altri paesi europei. Nel periodo 20102025, il calo della popolazione attiva, secondo Eurostat, sarà pari al 7,5% contro il 4,4% a registrato a livello di Unione Europea. L’impatto combinato fra il calo delle nascite e la progressiva uscita dal ciclo produttivo della generazione del baby boom è destinato ad avere riflessi rilevanti sul sistema previdenziale. Solo Spagna e Germania hanno una tendenza simile a quella italiana (6,6% per la popolazione attiva); in controtendenza Portogallo, Svezia e Lussemburgo con un più 1% nel primo caso, un più 1,3% nel secondo e un 4,6% per i lussemburghesi. Eurostat fornisce anche previsioni sull’aumento del numero di pensionati fino al 2050, quando la pressione di coloro con 60 anni ed oltre che non lavorano potrà essere pari al doppio di quella dei ragazzi fino a 19 anni che ancora studiano. Il progressivo aumento comincerà già dal 2010. Fino al 1995 il numero dei giovani non attivi costituiva la metà del complesso della popolazione che non lavorava. Per la cronaca: a questo comparto, oltre agli anziani, vanno aggiunti anche tutti coloro che, in età da lavoro (20 — 59 anni), non sono attivi per vari motivi: studenti, per esempio, ma anche handicappati o prepensionati. A livello regionale, la manodopera, sempre nel periodo 2010 — 2025, è destinata a diminuire sensibilmente soprattutto in alcune zone della Germania e della Spagna. L’Italia però non è da meno. Da noi, in testa alla classifica, c’è la Liguria con un meno 15,7%, seguita dal Piemonte con un meno 14,3%. Il Friuli Venezia Giulia è al terzo posto con un 13,7%. Sono percentuali significative. L’unica eccezione è costituita all’Irlanda dove la forza lavoro si manterrà stabile. Nel 1995 nei paesi Ue la popolazione attiva era di 169 milioni di persone, ma, secondo le tendenze dell’ufficio statistico europeo, verso il 2010 potrà risalire fino a 183 milioni per poi tornare a diminuire fino a raggiungere i dati del 1985, ossia 154 milioni di occupati. Ancora da Bruxelles un’altra notizia: la produzione della zona euro è cresciuta in dicembre del 2% mensile (+1,4% nei quindici membri dell’Unione Europea) e dell’8% annuale (+7,2%). Nell’intero 2000 l’attività industriale è migliorata nell’area di Eurolandia del 5,5%, mentre nell’intera unione la crescita è stata del 5%. L’Italia, con una progressione del 2,4%, si è classificata al quarto posto nella scala delle crescite più forti registrate nel mese dalla produzione industriale, dietro all’Olanda (+6%), alla Danimarca (+5,1%) e al Portogallo (+3,4%). Decisamente più modesti i miglioramenti di Germania (+1,5%) e Francia (+0,1%); addirittura di segno negativo è stato l’andamento dell’attività in Spagna (0,8%) e Gran Bretagna (0,6%).
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