25/3/2002 ore: 9:18

Alba di speranza alla stazione Tiburtina

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Alba di speranza alla stazione Tiburtina
di Vladimiro Polchi


Alle sette davanti alla stazione Tiburtina ci sono già più di 50 mila persone. «Dalle 4 di questa mattina è arrivato un treno di manifestanti ogni dieci minuti», racconta Franco Guerrieri, uno dei trenta addetti al servizio d’ordine Cgil, «in trent’anni di attività sindacale non avevo mai visto una tale mobilitazione». Intanto su piazza delle Crociate continuano ad arrivare decine di pullman: c’è tutto il Veneto e la Calabria e gran parte della Lombardia (con dodici treni). I manifestanti dell’Emilia Romagna vengono invece indirizzati verso un altro binario: il loro corteo infatti partirà alle 10 dalla stazione ostiense.
Da Varese la Cgil pensionati ha organizzato nove autobus. «E’ stato un viaggio faticoso, siamo partiti ieri alle 12 e abbiamo pernottato a Fiano Romano, ma era impensabile non venire», spiega Nino, appena sceso dal pullman con le bandiere dello Spi-Cgil. Secondo Nino «la difesa dell’articolo 18 non è, come vorrebbe Berlusconi, una lotta dei padri contro i figli, ma al contrario la salvaguardia di un diritto faticosamente conquistato dai lavoratori e lasciato in eredità alle generazioni future». «Questa volta il Berlusca è andato veramente oltre e ha fatto incazzare anche i leghisti di Varese», sbotta Silvia, un’altra pensionata Cgil, «tanti di loro secondo me sono venuti a Roma di nascosto per manifestare con noi».
Poco più in là, vicino al gazebo di Rifondazione Comunista, Daniele dell’Arci sostiene con forza le ragioni del corteo. «L’omicidio del professore Biagi è stato un delitto contro le ragioni dei lavoratori e non poteva fermare la protesta», spiega Daniele e aggiunge che «nel suo “libro bianco” la modifica dell’articolo 18 non era considerata prioritaria, dunque il Governo ha messo in piedi una indecente strumentalizzazione dell’omicidio per portare avanti le sue politiche liberiste». Alle 8,15 la testa del corteo comincia già a muoversi, per sgombrare il piazzale e lasciare spazio ai nuovi arrivi.



 

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