Abbassare i toni, il Governo dia l'esempio - di Innocenzo Cipolletta

Abbassare i toni, il Governo dia l'esempio |
di Innocenzo Cipolletta Abbassare i toni della polemica risulta essere in questo momento la cosa più condivisa da tutti ma anche quella più difficile da realizzare. Ogni intervento, anche quello teso a chiarire e a rilanciare il dialogo finisce per assumere toni e contenuti atti più a generare nuove tensioni che a contribuire a una generale distensione. In questa situazione, poco giova capire di chi è la responsabilità e a poco serve valutare con il bilancino del farmacista quali sono le cose condivisibili e quali quelle che non avrebbero dovuto essere dette da una parte o dall'altra. Occorre invece che qualcuno faccia un passo coraggioso e distensivo. Questo qualcuno non può che essere il Governo e ciò non già perché abbia torti eguali o maggiori di altri, ma perché è l'istituzione che deve gestire la cosa pubblica ed è votata alla realizzazione di un programma sul quale ha ottenuto il consenso della maggioranza degli italiani. Un Governo che ristabilisca il clima di convivenza civile, non è un Governo che ha abdicato al suo ruolo né un Governo che sia stato sconfitto. Al contrario è un Governo che ha svolto il suo compito e ha riaperto la strada per gestire il Paese e realizzare il suo programma. Di questo i cittadini se ne rendono conto, magari non nell'immediato, ma con il passare del tempo e premiano, ne sono sicuro, quelle forze politiche che hanno saputo superare gli ostacoli, mentre guardano con disappunto alle contrapposizioni dialettiche sterili di risultati. Anche questa è cultura da maggioritario che stenta a farsi strada nel nostro Paese. Siamo abituati da una lunga consuetudine di irresponsabilità governativa negli anni della prima Repubblica, quando era possibile stare, allo stesso tempo, al Governo e all'opposizione, al fine di lucrare effimeri vantaggi elettorali in un clima di crisi politiche ravvicinate. In quel periodo maggioranza e opposizione avevano spesso lo stesso linguaggio fatto di invettive e di sarcasmi. Oggi questa situazione dovrebbe essere superata perché il Governo Berlusconi ha i numeri per governare: quindi non deve fare anche l'opposizione, ossia non deve essere sarcastico nei confronti di parti della società e non deve inveire contro una opposizione che, non potendolo contrastare in Parlamento per carenza di numeri, usa necessariamente toni esacerbati, come avviene in ogni democrazia maggioritaria. Saremmo un Paese ben triste se dovessimo misurare il linguaggio per timori di attentati terroristici: se così fosse, allora il terrorismo avrebbe già vinto una sua prima battaglia. Invece in un sistema maggioritario, ove il Governo non ha (o non dovrebbe avere) difficoltà a far approvare le sue proposte di legge in Parlamento, sua principale preoccupazione deve essere quella di creare un clima favorevole alle riforme proposte, attraverso un rasserenamento degli animi e una spiegazione calma e sistematica degli obiettivi, pronto eventualmente a modificare alcuni dettagli delle proposte avanzate pur di raggiungere gli obiettivi sostanziali. E in questo caso, l'obiettivo è un miglior funzionamento del mercato del lavoro per creare più occupazione, non il solo ritocco dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. È ovvio che l'opposizione ha un obiettivo opposto: quello di creare un clima sfavorevole alle riforme, attaccandole e mettendo in risalto, anche sotto forma estrema, i rischi e le distorsioni che ne potrebbero derivare. Accusare l'opposizione di non creare un clima favorevole alle riforme volute dal Governo mi pare per lo meno ingenuo, così come lo è far credere alla gente che un Governo con una chiara maggioranza in Parlamento sia impedito a governare da parte di una opposizione che tali numeri non ha. Il gioco della democrazia assegna ruoli e comportamenti diversi a chi sta al Governo rispetto a chi sta all'opposizione e quindi non si possono invocare toni eguali. Sarà grande responsabilità, e quindi grande merito, del Governo se saprà ristabilire un clima di confronto civile ove si riprenda il dialogo con tutte le parti sociali, perché questo è il suo compito. È per questo che non credo sia una sconfitta di questo Esecutivo il fare un passo deciso verso la ripresa del dialogo, rinunciando totalmente al linguaggio delle allusioni e del sarcasmo che in democrazia sono appannaggio dell'opposizione, proprio perché essa è impotente di fronte alla maggioranza. Se anche il Governo usasse lo stesso linguaggio, questo sarebbe più un segno di debolezza che di legittima reazione ad attacchi verbali. Spetterà poi agli elettori valutare le cose fatte e gli atteggiamenti tenuti da tutti: se le riforme volute avranno avuto effetti positivi, gli elettori sapranno premiare chi ha governato rispetto a chi ha creato un clima di allarme. Se invece gli esiti saranno negativi o non sufficienti, allora cambieremo Governo, in una possibilità di alternanza che è il succo di ogni democrazia parlamentare. Giovedí 28 Marzo 2002
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