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A D’Amato il governo piace sempre meno
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16 settembre 2002
A D’Amato il governo piace sempre meno
Il presidente degli industriali ammette a denti stretti: «Sinora non c’è stata una politica di qualità»
Bianca Di Giovanni
ROMA «Confindustria non sta dalla parte di nessuno,
fare politica non è il mio mestiere».
Un coraggio da leone, quello di Antonio
D’Amato, a dire queste cose da un palco della festa
dell’Unità. Ma il popolo diessino, e quello modenese
in particolare, non se l’è bevuta
ed ha risposto con una raffica di fischi.
Dopo il Patto per l’Italia, dopo l’affondo
al sindacato, e soprattutto dopo
la storia del programma fotocopia tra
centrodestra e Confindustria evocata
da Berlusconi due anni fa, dire che in
Viale dell’Astronomia non si fa politica
è come raccontare che gli asini volano.
I fischi sono naturale conseguenza.
Ma quando, alla fine dopo due ore di
confronto D’Amato ammette che «la
politica di oggi non è di qualità», dice
«no ad una finanziaria tampone, sì a
una legge che disegni il futuro», allora
ci è scappato anche l’applauso.
Così la prima volta del presidente
di Confindustria ad una festa dell’Unità
in un dibattito-duello con «l’amico»
(così ama chiamarlo da qualche giorno
a questa parte) Pier Luigi Bersani,
non si archivia certo come un fallimento.
Il confronto è stato intenso, argomentato,
dialettico, serrato. L’accoglienza
- nonostante il nervosismo -abbastanza
calorosa e alla fine c’è stato
anche qualcuno che è andato a stringere
la mano a D’Amato («anche se stiamo
su fronti diversi voglio salutarla»,
ha detto un iscritto al partito). Più
d’una volta il moderatore Paolo Gambescia
(direttore del Messaggero) ha
dovuto tenere a bada una platea numerosissima
(circa duemila persone si sono
radunate al Palaconad) e rumorosa,
ma anche attenta e soprattutto sensibile
ai temi come concertazione e politiche
per il Mezzogiorno. A un certo
punto lo stesso D’Amato si è appellato
alla platea: «Siete stati voi ad invitarmi,
se non mi volevate non sarei venuto»,
Poi, rivolto a Bersani: «In Confindustria
i fischi non li ha sentiti». Bugia:
proprio Bersani fu contestato a Parma
da un fischio (per la verità isolato). Ma
l’ex ministro è andato più indietro con
la memoria. «Erano più numerosi nel
‘96 i palazzetto dello sport del nordest».
Il rapporto dell’associazione degli
industriali con le parti politiche è stato
il fil rouge del lungo dibattito. «Nei
confronti del governo Berlusconi non
avete fatto un’apertura di credito, avete
aperto un portone - ha attaccato
Bersani - Avete messo al centro della
politica economica solo le questioni
del lavoro, avete firmato un Patto per
l’Italia che non passerà alla storia. Sarebbe
meglio per voi guardare oltre».
Punto delicato, questo, visto che quell’accordo
è l’unico risultato incassato finora da D’Amato.
Così Confindustria lo difende, e continua a chiederne
l’applicazione integrale (leggi: sgravi fiscali).
Sui conti pubblici quello di Bersani
è un vero e proprio assalto: condono,
credito d’imposta sospeso, debito
in aumento, operazione verità che non
arriva. Tutto sbagliato. Sarebbe ora secondo
l’ex ministro - che Confindustria
metta sotto accusa il governo e in
qualche modo rinneghi la sua apertura
di credito. «Se qualcuno pensa che l'
autonomia di Confindustria significhi
mettersi dalla parte dell' opposizione,
questo non è il nostro mestiere - replica
D’Amato - Noi giudichiamo dai fatti
se un governo fa cose sbagliate, diciamo
che fa cose sbagliate sia che sia di
destra che di sinistra». Fischi.
Quanto all’elenco di accuse di Bersani
D’Amato fa qualche concessione
sul credito d’imposta («abbiamo alzato
la voce più di voi»). Per il resto,
l’operazione è quella già mostrata qualche
giorno fa: attribuire le responsabilità
della finanza malata all’Ulivo. E qui
comincia un bottae-risposta senza respiro.
Il presidente di Confindustria
parla di un «ritardo enorme sul terreno
delle infrastrutture. Non stiamo facendo
nulla oggi, come negli anni passati».
Bersani ricorda che a pochi chilometri
da Modena ci sono i cantieri
dell' alta velocità e che Berlusconi sulla
linea in costruzione fra Firenze e Milano,«
ha fatto tre inaugurazioni che avevamo
già fatto noi». L' esponente dei
ds critica la Tremonti bis che non ha
dato i risultati sperati, creando un «buchino»
da 2500 miliardi che sommato
alle altre misure «ha creato un bucone
vero, non finto».
D'Amato torna a sua volta sul ticket sanitario
abolito dal governo Amato, e chiede che
venga rimesso per mettere sotto
controllo la spesa. Replica di Bersani:
«Piuttosto pensiamo a rimettere
la tassa di successione».
D’Amato chiede che l’opposizione
incalzi il governo in Parlamento. E Bersani
non si sottrae ma chiede dove il
governo pensa di trovare i soldi per
una riforma fiscale che costa «50 mila
miliardi di vecchie lire». E suggerisce:
«Bisogna riprendere il percorso di privatizzazioni
e portare un pò dei soldi
delle una tantum a ridurre il debito
ma le nostre proposte in Parlamento
non mancheranno».
Un messaggio inequivocabile agli
imprenditori è giunto ieri anche da
Massimo D’Alema. Presentando a Ravenna
il suo ultimo libro «Oltre la paura»,
il presidente ds ha avvertito: «Nella
finanza pubblica siamo tornati in
piena emergenza e per di più la classe
dirigente non sa che pesci pigliare. Qui
rischia di saltare tutto. Sarebbe vostro
interesse mandare a casa Berlusconi».
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