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"Unipol" Un moderato che ama gestire i voti dei giudici

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    martedì 3 gennaio 2006


    Pagina 2 - Primo Piano


    Un moderato che ama gestire i voti dei giudici

    Presidente di Unicost, una carriera tra toga e Csm
      personaggio
      FRANCESCO LA LICATA

      ROMA
      Achille Toro, così viene descritto da più di un collega, non è esattamente quello che suole definirsi un magistrato «presenzialista», di quelli che amano stare sulle prime pagine e quindi spingono sul pedale mediatico. No, l’aggiunto della Procura di Roma preferisce - così dicono - i toni bassi, attutiti: non litiga quasi mai, preferisce la mediazione, il chiarimento, le spiegazioni alle contrapposizioni nette e violente. Se si volesse trovare un modo per distinguerlo politicamente, si dovrebbe ricorrere - come fanno tutti quelli interpellati per meglio conoscere Achille Toro - allo stereotipo del «moderato» che pondera ogni scelta ed ogni intervento e cerca sempre una «soluzione condivisa».
        Insomma qualcosa che somiglia molto all’intramontabile «essenza democristiana», che non è affatto cambiata, neppure dopo la diaspora della seconda repubblica, e perciò si trova nelle varie formazioni di centro destra e di centro sinistra. Nulla di stupefacente, dunque, se il procuratore aggiunto di Roma viene dato come «abbastanza vicino» all’ex sottosegretario alla giustizia Michele Vietti (Udc), ma «senza impegno di militanza politica».
          Il giudice Achille Toro - un passato nell’Ufficio Legislativo del Ministero di Grazia e Giustizia (anni ‘80), sempre su «designazione» della corrente di Unità per la Costituzione - è rientrato nei ruoli della magistratura all’inizio del 2003, dopo una tornata di Consiglio superiore della magistratura, candidato sempre dalla sua corrente che accoglie al proprio interno le diverse anime dello sterminato campionario dei cosiddetti moderati.
            Ecco, sarà per questo eccesso di moderatismo che quando si parla di Toro e del suo gruppo (di cui fa parte Francesco Castellano, presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano e anch’egli indagato per la vicenda Bnl) affiorano definizioni del tipo «ventre molle». Anche se, subito dopo, viene precisato da chi l’ha frequentato: «Ma non nel senso peggiore, intendiamoci». E allora, in che senso? «Nel senso che Toro è un tipo di magistrato che non vedrai mai sulle barricate. Lui preferisce prendersi cura della corrente e degli iscritti, come nel rapporto tra un politico e il proprio collegio». E infatti c’è chi attribuisce a tali «qualità comportamentali» il fatto che la corrente (Toro è presidente di Unicost) sia sempre riuscita a gestire un discreto «pacchetto di voti», anche a costo di dissidi interni, come avvenne nel periodo in cui l’anima di destra della corrente si opponeva, ma con «dissenso strisciante», al «cambio di pelle» in direzione di una presa di posizione netta antigovernativa.
              Una politica attenta agli interessi degli iscritti, quella di Toro al Csm. Quando conclude il mandato, com’è prassi (ma c’è chi non si è avvalso di questa prassi, pur se legale), accede al cosiddetto «concorso virtuale» ed ottiene, unico partecipante, la poltrona di Procuratore aggiunto. Prima di arrivare al Csm, Achille Toro era stato sostituto procuratore generale e sostituto alla cosiddetta «Procurina», cioè la Procura della Repubblica presso la Pretura.
                Siamo all’inizio del 2003 e il nuovo aggiunto diviene una sorta di punto di riferimento. Non entra a far parte della Direzione distrettuale antimafia ma riceve l’incarico (e la delega) di coordinare tutte le inchieste più «difficili»: a lui viene affidato in pratica tutto il comparto che riguarda le indagini bancarie e sui reati finanziari. Incarico che lascia, senza apparenti motivi, dopo poco più di un anno e mezzo e dopo essersi occupato di storie abbastanza «rognose» come l’inchiesta sulla Cirio, conclusa poi col rinvio a giudizio di Cragnotti.

                Da più di un anno, dunque, Achille Toro non era più a capo della task-force preposta alla lotta contro i reati finanziari, gli era stata cambiata la delega ed attualmente, infatti, coordina il gruppo di magistrati che si occupa di reati dell’edilizia. Tutto ciò, tuttavia, non ha impedito che divenisse assegnatario delle due più importanti inchieste di natura finanziaria degli ultimi anni: lo scandalo dell’Antonveneta e la scalata di Unipol alla Bnl. Per quest’ultima si è trovato nei guai, insieme con l’amico Francesco Castellano, il quale già da luglio aveva pubblicizzato le frequentazioni romane con Toro.
                  Il magistrato milanese, che fa parte anche del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, ha annoverato Achille Toro come uno dei magistrati romani «assiduamente frequentati». Al Corriere della Sera ha aggiunto: «Con Toro non ho mai parlato di Bnl», ma poi coi magistrati ha ammesso di aver «solo commentato i fatti del giorno». I giudici di Perugia non sembrano credergli.

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