"Ticket" Billè e il governo firmano la pace dei buoni pasto
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martedì 5 luglio 2005
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L’ANNUNCIO AL CONVEGNO DEI RISTORATORI, SOLLIEVO FRA I LAVORATORI
Billè e il governo firmano la pace dei buoni pasto
Impegno di Scajola a risolvere i problemi, da oggi tagliandi di nuovo validi
Marco Sodano inviato SAINT-VINCENT
La pace del servizio mensa è firmata. Il ministro per le attività produttive Claudio Scajola si impegna per sé e per il collega Domenico Siniscalco («ne abbiamo già parlato») ad accelerare il cammino del provvedimento sui buoni pasto che in questi giorni è all'esame del Parlamento. E ristoratori e baristi sono pronti ad accettare in pagamento i famigerati tagliandini fin da oggi. Una sorpresa preparata dal presidente della Federazione dei pubblici esercizi (Fipe) Sergio Billè per i suoi associati, riuniti per festeggiare i sessant'anni dell'associazione. Billè lascia che ad annunciarla, e a prendere l'impegno, sia il ministro: «Ascoltate il suo intervento con attenzione». Momento clou nella due giorni di confronto organizzata sulle montagne valdostane per celebrare il compleanno, con i toni e i contenuti della vigilia di una battaglia decisiva.
Si comincia dal fondo, ricucendo la guerra del buono pasto esplosa nelle scorse settimane, quando i ristoratori - di fronte all'ennesimo aumento delle commissioni, rosicchiato sul loro guadagno - hanno detto basta. Scajola chiede: «Non fate pagare lo scotto del problema ai due milioni di italiani che ogni giorno mangiano con il buono pasto». Poi mette sul tavolo la contropartita: «Vi siamo vicini, anche in concreto, in questa cattiva congiuntura». I provvedimenti, oltre all'accelerazione sul buono pasto: «Via l'Irap per tutte le imprese dall'anno prossimo, nessun aumento dell'Iva». E' quanto basta perché Billè annunci che chiederà ai suoi di sottoscrivere la tregua. E tregua sia.
Gongola Carlo Nebiolo, presidente dell'Epat torinese, il primo a saltare sulle barricate lanciando da Torino la sfida dello sciopero del ticket: «E' una grande vittoria - racconta - e sono felice di poter tornare con questo risultato. Lo sciopero cominciava a pesare un po' troppo sui nostri incassi».
Poi si torna a parlare di prezzi, e sul banco degli imputati finisce il solito euro. Il ministro definisce «affrettata» l'introduzione della moneta unica. Billè e i suoi non la amano, costretti come sono a difendersi dall'accusa di aver affondato i bilanci delle famiglie italiane all'insegna del «un euro uguale a mille lire». Gli associati Fipe non solo negano l'accusa cifre alla mano, ma capovolgono il ragionamento e chiedono di esser pesati per quanto valgono: 230 mila imprese, quasi un milione di addetti, un giro d'affari annuo da 45 miliardi. «La nostra categoria è al primo posto nella creazione di nuove occasioni di lavoro», dice un Billè infervorato. Che snocciola i numeri e poi chiede un trattamento adeguato a quelli: «All'estero il nostro settore è al centro dell'attenzione dei governi. Noi siamo considerati la ruota di scorta: noi che tiriamo la carretta, e tutt'al più potremmo considerarci ruota motrice».
Il fatto è, ricapitola Billè, che gli esercizi pubblici sono capaci di generare 32 miliardi di valore aggiunto complessivo ogni anno. Meglio dell'agricoltura e dell'industria alimentare. Pure non si sentono tutelati: i costi della piccola impresa, dal 2001, sono cresciuti del 13 per cento. Rincarati i trasporti, i servizi bancari, gli affitti, i carburanti. E i prezzi di ristoranti e alberghi? L'incremento sul 2004 sta tra 1 e 2,6 per cento. Qualche risposta, Billè l'attende venerdì, quando incontrerà Siniscalco per vedere il Dpef. «Stiamo annegando, abbiamo bisogno di un salvagente. Spero che non ci tirino una ciambella di carta», riassume il presidente Fipe. «Ne ho viste troppe, ciambelle di carta: e non mi sembra che questo governo abbia fatto molto per lo sviluppo».
Inutile sognare ricette coercitive, tipo blocco dei prezzi: Andrea Pezzoli, direttore di settore presso il Garante per la concorrenza: «Quando liberalizzi, e presto o tardi devi farlo, i listini si imbizzarriscono. Nel 2001 le assicurazioni salirono del 18 per cento in un batter d'occhio». Non sembra la cura adatta per il sistema Italia.
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