2/11/2005 ore: 10:46
"Teatr'Italia" Celentano, la commedia politica (G.E.Rusconi)
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PALCOSCENICO ITALIA la commedia politica Ma forse il politico si sente meno bravo del comico. Teme di non tenergli testa. Dovrebbe infatti recitare a ruota libera, senza copione garantito. Giocare davvero alla libertà di espressione. Nella trasmissione di Bruno Vespa va sul sicuro, con Celentano invece il rischio della «brutta figura» è grande. Anche se il comico in molti punti di sostanza gli è molto meno ostile di quanto non sembri. Ma il semplice sospetto che Berlusconi non si senta all'altezza della sfida, diventa deleterio per la sua immagine e fortuna politica - più delle critiche che gli sono rumorosamente rivolte. Se davvero Berlusconi è l'inventore della «democrazia mediatica» - come è stato affermato in decine di saggi su qualificate riviste politologiche italiane e straniere - non è una aspettativa o una richiesta stravagante che lui compaia a Rockpolitik. Certo: se Berlusconi accettasse il confronto e superasse la sfida, si leverebbe il coro serioso dei suoi critici di centro-sinistra che vi vedrebbero confermata la sua predilezione per la politica-spettacolo. Siamo in un circolo vizioso. Tutto questo ha a che fare con la democrazia? O ne è una patologia? L'edificante predicozzo di Benigni su Socrate (con un pudico cenno a Cristo) è la copertura di una chiassata goliardica? O è il ritorno dello spettacolo totale dell'antica commedia politica ateniese in versione televisiva? Affermare che si tratta di una commedia politica significa ammettere che i due termini non sono in contraddizione. Significa quindi smentire i commenti, fintamente rilassati, di molti politici e intellettuali (di destra e di sinistra) che assicurano che siamo davanti ad una innocua sana satira. Non si tratta affatto di satira innocua. Potrebbe infatti spostare voti da una parte all'altra - anche se è sempre difficile contare gli spostamenti elettorali sulla base della influenza dei mass-media. Ma soprattutto non è innocua perché incide in profondità sulla qualità della comunicazione politica, mediatica innanzitutto. Questa è la vera novità. Nella misura in cui si affermano spettacoli come quelli di Celentano, i classici talk-show sono finiti. Da tempo del resto appaiono logorati. Assisteremo quindi ad un'altra metamorfosi del linguaggio politico, anzi dell'intera rappresentazione politica, di cui devono tenere conto sia i politici professionisti sia gli studiosi di politica. Rimane l'obiezione più seria. La commedia politica è in grado di trasmettere - in modo spettacolarmente efficace - contenuti politici positivi, costruttivi, dotati di sostanza, i famosi «programmi»? Può diventare supporto ad una campagna elettorale? O per sua natura vive esclusivamente di una corrosiva irridente liberatoria distruttività? |