15/4/2002 ore: 9:41

«Sull´articolo 18 dobbiamo andare avanti»

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        (Del 13/4/2002 Sezione: Economia Pag. 9)
        retroscena
        Flavia Podestà
IL LUNGO CONFRONTO FRA GLI IMPRENDITORI SULLE POLITICHE PER IL LAVORO E GLI INTERVENTI SUL MERCATO
«Sull´articolo 18 dobbiamo andare avanti»
Ma sulla linea dura in Confindustria affiora qualche dubbio

          inviata a PARMA INDIETRO non si torna. Nonostante tutto». Antonio D´Amato ha avuto otto giorni per meditare, per decodificare e rielaborare le perplessità di tanti suoi associati per il clima sociale rovente; per valutare l´entità delle preoccupazioni che assillano le imprese davanti alla prospettiva di mesi di micro-conflittualità in fabbrica. Otto lunghi giorni, da venerdì 5 aprile, quando - nel corso del direttivo straordinario di Confindustria - la nomenklatura di viale dell´Astronomia non aveva nascosto ansie e patemi, veicolati senza acredine. Nessuno, infatti, la scorsa settimana ha mosso lancia in resta contro il presidente della Confindustria: nessuno ha fatto attacchi personali che eventualmente rilanciati all´esterno, avrebbero potuto tradursi in un boomerang per l´istituzione chiamata a difendere le ragioni dell´industria, indebolendola. «D´Amato è il nostro presidente, non va indebolito», era ed è la parola d´ordine cui l´intero parlamentino della confederazione romana di viale dell´Astronomia si è attenuto e continua ad attenersi. Proprio perché prive di pregiudiziali personali, le perplessità di esponenti importanti della base associativa avrebbero forse dovuto essere prese in seria considerazione dal vertice, responsabile - ai loro occhi - di aver condotto la categoria in un passaggio molto stretto. Le sollecitazioni a D´Amato perché esplorasse tutte le alternative possibili per riportare indietro le lancette dell´orologio e recuperare il dialogo con le componenti sindacali disponibili a discutere di riforme senza intenti politici - come dire Cisl e Uil - erano state inequivocabili. La stura al cahier de doléance per le tensioni in corso era stata aperta dal presidente degli industriali di Bergamo Ratti, che si era tirato dietro un buon numero di quei cavalieri senza volto che hanno fatto la fortuna del nostro Paese. «L´articolo 18 - era l´assunto - può essere un tema da rileggere alla luce delle modifiche intervenute del mercato del lavoro; non è, comunque, l´alfa e l´omega delle necessità dell´industria sul piano della flessibilità: visto come si è impantanato il confronto, meglio cercare di recuperare il dialogo, perché solo con il dialogo si possono cambiare le cose». Si dice che persino un imprenditore allergico al «reintegro obbligatorio» come Marco Tronchetti Provera - preoccupato di ridurre la tensione sociale - si sia lasciato sfuggire un invito perentorio: «Antonio, trova una via d´uscita». La risposta di D´Amato, finora, non ha concesso margini di manovra. «Non possiamo tornare indietro», diceva il presidente della Confindustria. Che rilanciava con una metafora: «E´ come se, partiti da Napoli per raggiungere Capri, ci accorgessimo che il mare pesante ci farà comunque fare naufragio: meglio tentare di agguantare la meta, o correre il rischio lo stesso per tornare al punto di partenza? Io non ho dubbi: vado a Capri». Dal direttivo partivano richieste di chiarimento. «Cos´è Capri per te Antonio?», chiedevano Tanzi, o Pieralisi, o altri ancora. «Capri è l´articolo 18», rispondeva il presidente di Confindustria. Troppo. Troppo persino per un suo sponsor come Fedele Confalonieri che - sostengono le solite gole profonde che non mancano mai in occasione delle riunioni del direttivo - bonariamente cercava di correggerne il tiro: «No, Antonio: Capri non può essere solo l´articolo 18. Capri sono le riforme»: collocamento, ammortizzatori sociali, statuto dei lavoratori e quant´altro. Per molti esponenti del direttivo confindustriale l´articolo 18 non era che un tassello, una componente della manovra per la flessibilità, dunque non poteva continuare ad essere una pregiudiziale. D´Amato ci ha riflettuto otto giorni, poi ha deciso. «Confindustria è con me», ha detto ieri mattina alla consulta dei presidenti (250 persone riunite, 28 gli interventi a sostegno della linea dura, guidati da Guidi e Tognana e da tutto il Sud): «Il governo non torna indietro - insisteva il presidente - e Confindustria non arretra». Anzi, potrebbe persino rilanciare. Se dopo lo sciopero generale il dialogo non dovesse ripartire, con il corollario delle riforme impiombate al palo, qualcuno - non ancora D´Amato, ma chi vuol essere più realista del re - sarebbe tentato di allargare la discussione sull´intero statuto dei lavoratori. E il governo? L´interrogativo non è stato posto. Del resto gli umori verso l´esecutivo - cui veniva anche dato atto di aver fatto delle buone cose - ieri mattina non erano dei migliori: l´apprezzamento indubbio per la riforma del collocamento, è stato controbilanciato negativamente dalla irritazione degli imprenditori per l´anticipo di Irpef e Irpeg e dalle reazioni di Farmindustria per gli interventi sui farmaci. Avanti così, dunque? Non è detto: la notte spesso porta consiglio e Antonio D´Amato potrebbe riservare oggi anche una sorpresa.

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