27/6/2005 ore: 11:04

"StatoLiquido" Le parole di Ratzinger sorprendono il Colle

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    sabato 25 giugno 2005
      Pagina 3
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          Le parole di Ratzinger sorprendono il Colle
            Davanti al Capo dello Stato ha tracciato una linea netta

            retroscena
            Paolo Passarini
              ROMA
              VI sono eventi preparati fin nei minimi dettagli, che pur svolgendosi, almeno in apparenza, esattamente come previsto, finiscono, come per mistero, per assumere un significato diverso da quello che ci si aspettava. Così è stato per la visita di Stato che ieri Benedetto XVI ha compiuto al Quirinale. Per esempio, il discorso che il Papa ha pronunciato a fine cerimonia nel salone dei Corazzieri era già noto fin dalla mattinata ai consiglieri del Quirinale, che lo avevano gentilmente ricevuto in lieve anticipo dalla segreteria del pontefice. Eppure, mentre Benedetto XVI scandiva con precisione le parole con il tono di voce calmo e gentile, con gli occhi sorridenti e senza scomporsi in un gesto, Carlo Azeglio Ciampi appariva sempre più in imbarazzo. Così come molti dei politici che erano di fronte a lui tradivano sempre più l'impressione di trovarsi di fronte non un mite, sia pur rigoroso, teologo, ma l'incarnazione del «papa victor», l'uomo che, a pochi giorni dall'ultimo voto referendario, aveva ordinato ai cattolici di «astenersi dal fare tutto ciò che non piace a Dio», travolgendo le scomposte schiere laico-illuministe. E adesso, dopo aver ricevuto da Ciampi un'annunciata e ovvia rivendicazione di laicità dello Stato italiano assieme, però, al riconoscimento dell'identità cattolica dell'Europa e a tante altre buone parole, il Papa, con quella che Erasmo da Rotterdam avrebbe chiamato «suavis clericorum malitia» (la soave malizia dei preti), stava tracciando una linea netta sul pavimento di marmo del salone. Tutti la potevano vedere. E la sorpresa era piuttosto palpabile.

              Ciampi aveva dato tutte le disposizioni possibili perché la visita di Benedetto XVI, la sua prima all'estero, la prima al Quirinale, si svolgesse in modo perfetto. La regia dei saluti istituzionali al Papa, appena varcato il «confine», da parte del vicepresidente del consiglio e poi del sindaco di Roma sotto il Campidoglio. La scorta dei corazzieri in pompa magna fino a piazza Venezia e poi, di lì al Quirinale, di un plotone di trentadue uomini a cavallo. E poi gli staffieri in livrea cremisi e polpe blu scuro. Sui pennoni del torrino, in fondo al cortile delle cerimonie, il vessillo bianco-giallo garriva assieme al tricolore e alle stelle disegnate da Arsene Heitz per la bandiera dell'Unione europea.

              Ciampi, mentre aspettava la Mercedes scoperta con targa SCV1 su un tappeto ai bordi del cortile, pregustava il lungo momento in cui avrebbe potuto guidare il suo nuovo amico attraverso il labirinto di corridoi del Quirinale, mostrandogli questa e quest'altra bellezza. E' quindi rimasto un po' sorpreso, quando, dopo aver gentilmente segnalato al Papa molte opere lasciate dai pontefici, si è sentito chiedere davanti a due arazzi: «Anche questi?». Il consigliere culturale Luigi Godart, con un sussulto quasi ghibellino, ha chiuso l'argomento: «No, sono arrivati dopo il 1870». Ciampi aveva anche pensato a dove buttare la conversazione privata: avrebbe parlato della guerra, cercando di stimolare ricordi comuni (come poi è stato: si ricordava il Papa quella domenica del giugno 1941...? Se la ricordava.) e poi dell'Europa, dei giovani e della pace.

              Avrebbe dovuto essere l'ultima visita di Giovanni Paolo II, del Papa amico, ma Ciampi, cattolico, era contento di poter stringere subito i rapporti con un uomo che, appena eletto, lo aveva ricevuto molto cordialmente in Vaticano, pur facendogli fare sette minuti di anticamera.

              Ma poi papa Ratzinger era stato gentilissimo anche con donna Franca, confermando la sua fama di uomo dolce. Ciampi, come Humphrey Bogart in Casablanca, pensava «all'inizio di una grande amicizia». E così, per evitare malintesi o improvvisi incidenti, aveva informato il Vaticano che il suo discorso avrebbe contenuto una peraltro doverosa rivendicazione di laicità dello Stato italiano. L'«orgogliosa» rivendicazione era un atto dovuto per un presidente di fronte a un Papa, soprattutto dopo le recenti polemiche suscitate dalle prese di posizione del cardinale Camillo Ruini.

              Ma non avrebbe significato niente più di questo. In compenso il presidente avrebbe sottolineato l'eccellenza, l'esemplarità dei rapporti tra Repubblica italiana e Santa sede. E avrebbe offerto a Benedetto XVI, papa europeo che vuole incidere sull'Europa, quell'atteso riconoscimento: «Il patrimonio cristiano e umanistico della civiltà italiana è un elemento unificante della identità europea». Il Papa poteva essere certo che, se fosse dipeso da Ciampi, la costituzione europea avrebbe contenuto un riferimento alle radici cristiane.
                Ciampi, insomma, aveva preparato per Joseph Ratzinger un'accoglienza in guanti bianchi e si aspettava, probabilmente, di essere ricambiato con un alato discorso sui massimi problemi dell'umanità. Invece il Papa si era preparato una risposta che, in termini calcistici, potrebbe essere quasi definita come un'entrata con i piedi a martello. Lui era venuto al Quirinale per annunciare che rivendicava la libertà di continuare a battersi contro le unioni tra omosessuali, contro la ricerca sugli embrioni, contro l'aborto e a favore di maggiori finanziamenti alle scuole cattoliche. Lo ha fatto parlando con la voce dolce di un maestro prealpino e indossando quelle scarpe rosse da fatina, senza rivendicare orgogli, ma duro come una spada. Tutto è andato bene, quindi. Ma non si può dire che sia proprio andata come nelle previsioni.

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