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venerdì 15 luglio 2005
Pagina 10
IL PREMIER RIPETE: VEDREMO COME SCEGLIERE IL CANDIDATO MIGLIORE ANCHE CON ALTRI METODI, TIPO I SONDAGGI
Il Cavaliere punta sulla sorpresa «Fare di tutto pur di battere Prodi»
Tiene aperte tutte le porte, ed è venuto incontro come ha potuto agli alleati rissosi I suoi lo incitano: dai un segnale, la partita delle elezioni 2006 non è affatto chiusa
retroscena Augusto Minzolini
ROMA SCENE d’insoddisfazione nel centro-destra. Sul portone di palazzo Wedekind a piazza Colonna, luogo prescelto per i convegni sul partito unitario del centro-destra, un omone alto due metri con due braccia grosse grosse che risponde al nome di Guido Crosetto, coordinatore del Piemonte di Forza Italia, sbuffa e risbuffa. «Tra un momento esplodo - confida e in quel caso le dimensioni del nostro non promettono nulla di buono -. Esplodo! Qui il presidente deve dare un segnale. La partita delle elezioni non solo non è persa, ma abbiamo ottime probabilità di vincerla. Solo che bisogna provarci. Ora gli invierò una lettera. E’ l’ultimo segnale che gli lancio per spiegargli come mi sento».
Il ministro Giorgio La Malfa, nel Transatlantico di Montecitorio, è perplesso: «Non li capisco. A livello internazionale noi abbiamo Bush, Blair e fra un po’ anche il nuovo governo tedesco. La sinistra nessuno. E, invece, nel centro-destra i comportamenti sono quelli di chi si attrezza a perdere. E il Cavaliere è mortificato per colpa di chi tra i suoi crede che Casini sia un candidato più vincente di lui». Nella sala che ospita il convegno per la Costituente del nuovo partito, organizzato dal comitato di Todi messo in piedi da Ferdinando Adornato, Sandro Fontana, ex-dc che nel partito di Follini ha preso un sacco di botte per aver sostenuto sempre il Cavaliere, si lamenta anche lui: «Silvio non ha ancora focalizzato che l’ipotesi del partito unitario è la sua ancora di salvezza. Il problema sono anche i suoi consiglieri: lui sente Gianni Letta, ma quello è più un diplomatico che un politico. E’ un andreottiano fedele al motto “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Il problema è che con questa filosofia si tirano le cuoia nel modo peggiore».
Questa è l’atmosfera nel centro-destra. Eppure Silvio Berlusconi è proprio quel tipo d’uomo che quando lo dai per sconfitto, diventa pericoloso. Così ieri dopo i tentativi messi in campo dalla testardaggine del Cavaliere coniugata con quella di Adornato per rianimarlo, il partito unitario del centro-destra dato da tutti per morto ha mostrato un segnale di vita: a luglio sarà messo in piedi il comitato Costituente del nuovo soggetto politico. Qualcosa, appunto, si è mosso. E nella grande confusione e nelle mille contraddizioni che circondano questo progetto, qualcosa appare chiaro: l’arma che il Cavaliere ha scelto per battere il centro-sinistra è la sorpresa. Se, infatti, il centro-sinistra, nella sua sicurezza di vincere, si è imposto un percorso rigido, quasi scontato, con le primarie ad ottobre che incoroneranno Romano Prodi candidato, Berlusconi - è la novità di ieri - non si è chiuso nessuna porta. Anzi. Sulla scommessa del partito unitario il premier ha basato una strategia estremamente elastica: il nuovo partito, infatti, potrà avere luce prima o dopo le elezioni, ma questo poco importa visto che il Cavaliere ha demandato proprio al processo costitutivo la scelta fondamentale dei prossimi mesi, quella del candidato alla premiership del centro-destra. «Non c’è alcun problema di leadership - sono le parole che ha pronunciato ieri -. Io voglio essere una risorsa. La nuova formazione politica si darà attraverso la costituente di luglio delle regole democratiche. Mi atterrò a queste regole democratiche e vedremo insieme cosa fare, anche consultando gli elettori. Potremmo fare le primarie o possiamo usare altri sistemi come i sondaggi. Insomma, sceglieremo tra noi il candidato che ha più chances di vittoria».
Se il piano di battaglia del centro-sinistra è rigido, quindi, quello del Cavaliere è flessibile. Addirittura ieri il capo del governo per portare gli ex-dc dentro la Costituente ha detto di essere pronto a prendere in esame una riforma della legge elettorale in senso proporzionale. Ma, visto che è difficile mettere in campo una simile ipotesi a 10 mesi dal voto, bisogna decrittare questa apertura secondo gli schemi democristiani: in realtà nel linguaggio dell’Udc la richiesta a Berlusconi di discutere una legge elettorale proporzionale, va tradotta in una richeista di disponibilità a confrontarsi sul cambio di leadership. E, a quanto pare, Berlusconi ha risposto «sì». Non per nulla tra gli ex-dc l’adesione alla costituente del nuovo partito è stata caldeggiata, soprattutto, dal personaggio più interessato all’argomento “leadership”, Pierferdinando Casini.
Insomma, i litiganti di questi mesi, pur tra mille diffidenze, si sono venuti incontro. «La verità - osserva un influente ministro di Forza Italia - è che proprio Berlusconi non esclude niente. Lui è quello che più di tutti noi vuole vincere, a qualunque costo. Non può permettersi di chiudere la sua parabola politica con una sconfitta. Se per noi l’esito delle elezioni è importante ma non definitivo. Per lui è questione di vita o di morte. Ecco perchè è giusto - quasi un fatto di etica politica - che sia lui a scegliere se vuole candidarsi o meno a novembre-dicembre quando i sondaggi faranno capire il vero umore del paese. E sono sicuro che lui valuterà la questione con un unico obiettivo: vincere».
Proprio questo tipo di approccio alla battaglia elettorale fa capire perchè il Cavaliere non esclude l’ipotesi che il progetto del nuovo partito possa concretizzarsi anche prima delle elezioni: la sua nascita, infatti, potrebbe essere la «garanzia» che Berlusconi chiederà agli alleati per fare un passo indietro. «In fondo - spiega l’ex-ministro di An, Maurizio Gasparri - con i discorsi che hanno fatto uno al congresso dell’Udc e un altro all’assemblea nazionale di An, Casini e Fini hanno dimostrato di essere dei “berluscones” come me. Fondando il nuovo partito Berlusconi lascerà la sua eredità politica. Come De Gaulle con i gollisti in Francia». Già, sia il partito unitario o un’altra invenzione del Cavaliere, per ritagliresi qualche chance di vittoria, il centro-destra ha bisogno di un sogno di gloria. Altrimenti, come si è lamentato il presidente dei senatori di An, Domenico Nania, sul palco del convegno di Palazzo Wedekind, fissando la platea «il vero rischio è quello di arrivare al voto tra lo scoramento e la depressione».
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