10/6/2005 ore: 12:08
"StatoLiquido" E all’Assemblea trionfa il cannolo (J.Iacoboni)
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pagina 10 UN CALCOLO DELLA CGIL: IN SICILIA, A PALAZZO DEI NORMANNI, PIÙ RINFRESCHI CHE SEDUTE Non si negano a nessuno, perché se li dovevano negare gli onorevoli dell’Ars, l’Assemblea regionale siciliana, sottoposti a un lavoro faticoso, intessuto di difficili mediazioni e gravato da complesse responsabilità, oltretutto svolto in un clima che per tanti mesi all’anno vira verso il caldo più duro a digerire? Meglio digerire una tartina. E infatti. Da un paio di giorni corre di bocca in bocca a Palermo una storia di cocktail e coffee break, lunch e rinfreschi, sicuramente accoppiati a discussioni politiche che solo un calcolo svolto dalla Cgil dell’Ars e girato ai giornali locali tende a presentare (riduttivamente) come la saga del buffet permanente: cosa fanno gli onorevoli, invece di legiferare mangiano? La Cgil ha compiuto una piccola indagine dalla quale vien fuori che tra maggio e giugno si sono tenuti o sono previsti a Palazzo dei Normanni dodici o tredici buffet al mese, che proiettati su un anno intero fanno una media di poco più di sessanta: più rinfreschi che sedute assembleari! Oltretutto in quali incantevoli scenari, il cortile Maqueda con la Cappella Palatina sullo sfondo, il cortile della fontana, i giardini del Palazzo... La politica italiana conosce e celebra da tempo, specialmente nella sua evoluzione postmoderna, la prevalenza del buffet. Al buffet si sono piegati tutti, sempre collegandolo a momenti insindacabilmente epocali, dalla crostata a casa Letta al risotto mediatico di D’Alema alle mozzarelle di bufala da Fortunato al Pantheon. E comunque: ogni genere di piatto e di rinfresco è entrato nella meravigliosa storia politica italiana recente, il baccalà mantecato sul quale, al ristorante Cibreo di Firenze, sempre D’Alema faceva le prove degli stati generali della sinistra; il collo di pollo ripieno di Violante; il ristorante umbro di Vissani dove la sinistra, guarda caso nei suoi snodi cruciali, tende a peregrinare come avvenne nel luglio ‘98, con D’Alema, Prodi, Veltroni, Parisi, Micheli, Minniti e signore impegnati in un difficile confronto con l’arancia e il soufflè all’albicocca. E non è che dall’altra parte stiano a guardare, anzi, dalla sapienza istituzionale del cuoco berlusconiano Michele fino a Umberto Bossi, che nel ‘94 celebrò la rottura con Berlusconi proprio dicendo «da lui si mangia pure male», e lo chef Persechini se la prese ma il Senatùr abbandonò i suoi manicaretti per andare a mangiare: pane e sardine con Buttiglione e D’Alema. Qualcuno slitta sul teorico: Giorgio Guazzaloca, allora sindaco polista di Bologna, andò una volta a cena col segretario diessino Mauro Zani e all’Unità, che riferiva di un suo preciso orientamento (tortellini al ragù), rettificò sdegnato: «Tutto può passare, ma non che io ordini tortellini al ragù. Chiamo Zani come testimone: è stato lui a volere i tortellini al ragù. E io, che li avevo ordinati in brodo, per non apparire troppo di destra ho acconsentito». |