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mercoledì 13 luglio 2005
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ENZO CARRA, DELLA MARGHERITA: «IN CERTI MOMENTI L’APPROCCIO DEL CONFRONTO È STATO PENOSO». E BUONTEMPO AMMETTE: «UNA DISCUSSIONE UN PO’ RITUALE»
Dibattito alla Camera, il pathos non c’è
Castagnetti: «Poca consapevolezza della sfida terribile»
retroscena Fabio Martini
ROMA L’ONOREVOLE Andrea Gibelli, da Codogno, sta martellando da par suo, nel tipico slang leghista: «Non esiste, signor ministro, l’Islam moderato! L’Islam moderato è il paravento dietro cui si nasconde la mano dell’Islam terrorista!». Sono le cinque della sera e nell’aula di Montecitorio il discorso dell’esponente della Lega sta scivolando in una sorprendente, generalizzata indifferenza. Attorno a Gibelli si sono formati piccoli crocchi nei quali si chiacchiera sotto voce, ogni tanto da uno scranno sibila il «tu-tu» che segnala l’arrivo di un messaggino, mezza aula è vuota e gli unici che si riscaldano sono i leghisti che ogni tanto regalano uno scroscio di battimani al loro portavoce. Certo, il tono al dibattito lo aveva dato, mezz’ora prima, il ministro dell’Interno Beppe Pisanu con il suo intervento asciutto, apprezzato da tutti i gruppi e dunque il fiammeggiante discorso dell’onorevole Gibelli è come se fosse avvertito dagli altri come un fuor d’opera.
Ma l’indifferenza che circonda il leghista, i vistosi vuoti tra i banchi di Montecitorio, il tono distratto di gran parte del dibattito sulle comunicazioni del ministro Pisanu sembrano suggerire altro: una generale mancanza di pathos, quasi che nessuno ancora creda che la minaccia terrorista stia davvero per abbattersi sull’Italia. Dice a dibattito concluso Pierluigi Castagnetti, presidente dei deputati della Margherita: «Sì, è come se nei colleghi non ci fosse la consapevolezza della sfida terribile che sta arrivando». E un personaggio come Teodoro Buontempo, battitore libero di An, lontanissimo dal cattolico-democratico Castagnetti, conviene: «Un passaggio parlamentare obbligato, un dibattito un po’ rituale». Enzo Carra della Margherita, già portavoce di Arnaldo Forlani, per una volta è tranchant: «Dopo Pisanu, in certi momenti il dibattito e l’approccio dell’aula sono stati penosi».
Certo, oramai parlamentari e giornalisti sono abituati al ring, davanti ad un copione diverso è come se fossero disorientati ed effettivamente stavolta l’avvio del dibattito, affidato al ministro Pisanu, si era dipanato su modalità diverse dal solito. Quando il ministro dell’Interno prende la parola, sugli scranni sono seduti trecentocinquanta deputati, con una forte presenza ds, compreso il segretario Piero Fassino. Con la sua inflessione sassarese, Pisanu si presenta con un incipit senza fronzoli retorici, che sfiora il mattinale: «Sulla base di informazioni direttamente raccolte nel Regno Unito, posso così brevemente riassumere la tragica sequenza degli attentati di Londra...». Una sequenza di fatti, intervallati ogni tanto da qualche valutazione politica, quasi mai lapidaria: «Anche l’attribuzione ad Al Qaeda sembra verosimile».
Sardo sobrio il ministro Pisanu che però si concede anche un passaggio autoindulgente: «Dopo gli attentati di Casablanca e Istanbul dichiarai che il terrorismo islamista aveva bussato alle porte d’Europa. I fatti, purtroppo, mi hanno dato ragione». Pisanu snocciola le proposte operative ma il passaggio nel quale parla per motivi opposti alla sinistra e alla Lega è quello nel quale dice: «Logicamente non possiamo confondere la minaccia contro l’Occidente e contro l’Europa con la religione, la cultura e la civiltà islamiche, no dunque allo scontro di civiltà ma risposta comune ad una minaccia comune, chiaramente individuata». Passaggio impegnativo che viene accompagnato da un silenzio diffuso, nessuno applaude, né a destra né a sinistra, quasi che nessuno se la senta di prendersi la responsabilità di esporsi per primo. Con l’effetto un po’ paradossale che Pisanu finirà il suo intervento senza la gratificazione di un solo applauso, se non quello finale, anche se poi ad intervento concluso tutti diranno «bravo ministro». E quel sogguardarsi tra i banchi diventa ancora più curioso al termine del discorso di Pisanu. Dai banchi del centrodestra si alza un applauso sobrio, mentre molti deputati della sinistra gettano lo sguardo sul segretario ds: Fassino applaude anche lui e quel battimani è come un via libera ai suoi.
E l’appello finale di Pisanu («Contro il terrorismo dobbiamo evitare divisioni e ricercare larga concordia politico-istituzionale») viene raccolto da Fabrizio Cicchitto di Forza Italia, che arriva a definire «troppo duri alcuni accenti di Oriana Fallaci», anche se alla fine lo applaudono solo quelli di Forza Italia e di An. Ma l’intervento più atteso è quello di Luciano Violante, capogruppo dei Ds. Aprirà? Chiuderà? Resterà a mezza strada? L’incipit è sottovoce, col tono un po’ sussurrante: «Signor ministro, il suo intervento è stato sostanzialmente ragionevole e ispirato a sensibilità democratica». Il più sembra detto, ma Violante ci tiene a distinguere Pisanu dalla sua maggioranza e dunque martella su tutti gli errori del governo, sull’ostruzionismo messo in atto a Torino dall’opposizione contro il voto agli immigrati regolari e suggella il tutto con la frase: «La legge Bossi-Fini si è rivelata un fallimento». Da quel momento si apre la giostra delle interruzioni e delle battutine che si ravvivano durante il tagliente intervento di Maurizio Gasparri di An e il clima resta diffidente anche durante il discorso di Pierluigi Castagnetti. Al primo intervento in aula dopo l’infarto che lo aveva colpito durante la campagna elettorale per le elezioni a Catania, il presidente dei deputati della Margherita inizia così: «Rinuncio, come potrei essere tentato, ad interloquire con il collega Gasparri, perché il tono usato nel suo intervento in una qualche misura contraddice lo spirito del ministro Pisanu». Proteste dai banchi di An e Giampaolo Landi di Chiavenna urla: «Usi altri argomenti!». Il presidente dell’aula Pier Ferdinando Casini: «Castagnetti usa gli argomenti che vuole!».
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