"StatoLiquido (2)" I Ds nella morsa, una scelta tra due «mali»
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giovedì 26 maggio 2005
PARLA SOLO IL SEGRETARIO, E AL BOTTEGHINO SI SOTTOLINEA LA «CAUTELA». MA LA VERA DISCUSSIONE COMINCIA OGGI IN DIREZIONE I Ds nella morsa, una scelta tra due «mali» Appoggio al Professore, ma anche questa è decisione dolorosa
analisi Federico Geremicca
ROMA MESSI lì, sistemati come sempre in mezzo ai due “amici” che litigano, con l’onere di essere il soggetto a cui spetta l’ultima parola e sapendo - per di più - che l’ultima parola può affondare la leadership di Romano Prodi oppure determinare un’ulteriore rottura con la Margherita, compromettendo del tutto il futuro e il profilo dell’Ulivo. E’ più o meno questa la situazione nella quale ieri, alle otto della sera, si è ritrovato il vertice della Quercia, orfano di D’Alema e di Veltroni, entrambi assenti alla riunione subito convocata da Piero Fassino al termine del burrascoso incontro tra Romano Prodi e i leader della Federazione. Il clima: atmosfera preoccupata e tesa. L’avvio: secco resoconto del segretario intorno all’andamento dell’appena concluso summit col Professore. Lo svogimento: niente dibattito, nessun intervento. Le conclusioni: prendere tempo e massima attenzione nel calibrare parola per parola la dichiarazione di Fassino da consegnare alla stampa. In più: vincolo alla totale riservatezza e intesa circa il fatto che nessuna altra dichiarazione si sarebbe sovrapposta a quella del segretario. La discussione vera sarà avviata oggi nella riunione dell’Ufficio di presidenza della Direzione, una sorta di “ufficio politico” del quale fanno parte, oltre ai leader della maggioranza del partito, esponenti della minoranza come Mussi e Salvi (che minacciano fuoco, fiamme e la richiesta di un Congresso straordinario) e personalità del calibro di Veltroni e Bassolino. Inutile però attendere decisioni definitive nemmeno da questa riunione, il percorso si annuncia infatti lungo e l’obiettivo rimane tentare di far decantare la situazione per riuscire in quello che oggi appare un miracolo: ricucire il filo spezzato tra Prodi e la Margherita per provare a rimettere l’Ulivo in carreggiata.
In realtà, se si dovesse dirla tutta, la sensazione è che dalle parti della Quercia non se ne possa più né della crescente voglia di competition di Rutelli né delle improvvisazioni e delle impuntature di Romano Prodi. Altra sensazione è che, se davvero alla fine fossero chiamati a scegliere, i ds potrebbero abbandonare la Margherita al suo “disegno neocentrista” per restare aggrappati a Romano Prodi e a quel che resterebbe dell’Ulivo. Quest’ultima prospettiva, per mille ragioni, non è considerata affatto esaltante: ma allo stato maggiore della Quercia, però, tremano addirittura le vene nei polsi al solo pensare all’altra possibilità, cioè al siluramente della leadership di Prodi in assenza di alternative né discusse né condivise. La prima mossa, dunque - intendiamo quella di ieri - ha puntato a salvaguardare soprattutto il rapporto col Professore. Ma dalle parti del Botteghino, di fronte a interpretazioni che danno la Quercia schierata ventre a terra con Romano Prodi, rettificano nella seguente maniera: «Si tratta di una cauta apertura. E in questo caso l’aggettivo è più importante del sostantivo...».
Non può sfuggire a nessuno, infatti, quanto per la Quercia sia rischioso anche seguire il percorso bruscamente proposto dal leader dell’Ulivo. Rappresentano un problema, intanto, i suoi continui cambi di percorso (si pensi alle primarie, prima proposte, poi ritirate e ieri di nuovo brandite come una minaccia) e lo stesso stile di direzione del Professore. Assente e irrintracciabile per tutti nei giorni in cui maturava lo strappo della Margherita, pare però abbia trovato il tempo per telefonare dalla Cina a Fausto Bertinotti: il quale immaginava che l’oggetto del contatto fosse appunto il terremoto che si stava sviluppando nell’Ulivo mentre invece il Professore voleva solo fargli sapere che non aveva gradito per niente una dichiarazione di Sandro Curzi (neo consigliere Rai) circa il profilo e le modalità di elezione del nuovo direttore generale dell’azienda. E poi c’è la sostanza: una cultura politica ormai assai distante da quella dei partiti, il procedere per spallate continue, l’intenzione - sempre più trasparente - di ridurre al minimo il potere d’influenza delle forze politiche del centrosinistra e dei rispettivi leader.
Ma se tutto questo rappresenta certo un problema, aprirebbe problemi assai maggiori affondare la leadership di Romano Prodi. Assieme al professore, infatti, si inabisserebbe l’Ulivo e, assieme all’Ulivo, il lungo lavoro fatto negli ultimi dieci anni per dare al centrosinistra un assetto che risentisse il meno possibile dell’origine del partito maggiore della coalizione, nato dalle ceneri del Pci. E poi: che leader al posto di Romano Prodi? Walter Veltroni, come molti ipotizzano fuori dalla Quercia? E perché allora non Piero Fassino? E se né l’uno e né l’altro, per quale ragione favorire l’attacco portato al Professore da Rutelli e dagli ex dc della Margherita? Ogni mossa, ogni ipotesi, insomma, ha la sue evidenti controindicazioni. Ma per quanto la Quercia cerchi tempo e provi a raffreddare la situazione, il tempo delle decisioni è ormai vicino. Ed una cosa è ormai del tutto chiara: al punto cui si è giunti, scelte indolori non ce ne sono più...
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