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giovedì 5 gennaio 2006
Pagina 5 -Primo Piano
I DS E UNA FANTA-SUCCESSIONE - IN MOLTI GIÀ PENSANO A WALTER
Veltroni e l’arte della dissimulazione
Lui parla d’altro, ma sa di essere in pole
retroscena Riccardo Barenghi
ROMA Nel frattempo. Nel frattempo Veltroni fa il sindaco di Roma, spiega cosa sta facendo la sua giunta per la manutenzione delle strade, progetta un rifacimento di piazza Venezia, sgombra un edificio occupato da sette anni a Cinecittà, ricorda affettuosamente Donatella Colasanti, vittima della strage del Circeo, segue con «ironico distacco» le candidature del centrodestra a sindaco di Roma, si impegna nell’approvazione del bilancio tagliato dalla legge finanziaria, fronteggia come può le emergenze sociali, si occupa del freddo e dei barboni che lo subiscono, degli anziani soli durante le feste, degli immigrati che sono troppi.
Nel frattempo, Veltroni doppia il tacchino nell’ultimo film di Walt Disney Chicken little e scrive il suo diciassettesimo libro, il primo uscì nel ‘91 da Feltrinelli, Il sogno degli anni ‘60, quello più famoso parla dell’Africa e si intitola Forse Dio è malato (Rizzoli, 2000). Il nuovo titolo ancora non si conosce e appena appena si riesce a sapere di che parla. Un romanzo, più o meno giallo, ambientato negli Anni Settanta in Italia. Il protagonista è un giovane che «ritrova se stesso» cercando la verità su un delitto oscuro, un delitto terroristico. La storia insomma di un compagno che forse ha sbagliato ma che poi recupera. Uscirà in autunno, sempre per Rizzoli.
Questo fa Veltroni, nel frattempo che nel suo partito scoppia la bufera. Lui però del caso Unipol non vuole parlare, e se ne fosse costretto (come probabilmente sarà domenica da Fabio Fazio e la domenica successiva da Lucia Annunziata, su Raitre), ne parlerebbe tenendosi «sulle generali». Forse, chissà, potrebbe anche prendere una qualche distanza da quel che sta emergendo, magari dichiararsi d’accordo con Prodi sul confine da stabilire tra affari e politica (come peraltro ha fatto ieri, esprimendo contemporaneamente solidarietà a Fassino). Forse potrebbe far capire che bisognava stare più attenti, che l’interessamento alla scalata è stato eccessivo, improprio. O forse no, certamente è preoccupato di quel che può ancora accadere, e di un eventuale scontro violento che si aprisse nel partito già nella Direzione di mercoledì prossimo. Si infastidisce se il suo nome appare sui giornali come possibile alternativa agli attuali vertici dei Ds (come ieri su Libero)
Nel frattempo però il partito parla di lui, anche di lui. Tutti ovviamente escludono che la situazione precipiti fino a una crisi verticale del gruppo dirigente. Ma tutti ignorano che cosa contengano le intercettazioni rimaste nei cassetti (della Procura, della Guardia di Finanza, dei giornali?). Ogni giorno si va in edicola con una certa ansia, e se non esce niente l’ansia aumenta: si teme lo stillicidio, la goccia sulla pietra. E allora, sperando che la pietra resista e soprattutto che la goccia non scavi troppo, si fanno comunque scenari per un futuro non auspicato da nessuno ma che nessuno si sente di escludere a priori. E’ qui che rispunta il nome di Veltroni, ché se il Partito dovesse improvvisamente trovarsi senza leader, lui sarebbe una risorsa. Non l’unica e forse anche la meno disponibile, tuttavia se ne parla. Così come si parla di Bassolino e Cofferati, che insieme al sindaco di Roma compongono il trio sconfitto al congresso di Pesaro del 2001 da Fassino e D’Alema. Ma siamo nel regno della fantapolitica, perché se davvero si arrivasse a quel punto il problema sarebbe un po’ più grave del cambio di leadership diessina. Si tratterebbe di un tale terremoto politico che solo un miracolo potrebbe salvare il risultato (delle elezioni) e risollevare il Partito.
Tuttavia la politica è anche l’arte delle ipotesi, degli scenari, dei se e dei ma. Bisogna prepararsi a tutto, anche al peggio. Ecco perché, nella peggiore delle ipotesi, si pensa a Veltroni come salvatore della patria. Ma lui, la salverebbe la patria? Probabilmente no, almeno non quella di cui parliamo, ossia i Ds. Non farebbe insomma il segretario della Quercia (già l’ha fatto, è un lavoro che nemmeno gli piace), semmai si metterebbe a pedalare con Prodi, e soprattutto con Rutelli per far nascere in tempi da record il Partito Democratico. Non a caso, solo un mese fa, fu l’ingegner Carlo De Benedetti a dire che il futuro del centrosinistra sono proprio loro due.
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