13/9/2006 ore: 12:05
"Sindacati" Monopolio di lotta e di governo
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Pagina 3 - In copertina Poteri di massa L'inchiesta Potere a chi lavora - In discussione due aspetti concreti: i servizi delegati in esclusiva alle organizzazioni e i meccanismi della rappresentanza democratica Il punto, al di l? delle polemiche tra gli opposti schieramenti politici, ? che le liberalizzazioni tutti le sostengono, con l’obiettivo di eliminare situazioni di monopolio od oligopolio, favorire la concorrenza, aumentare la competitivit? del sistema. Se questo ? vero, il sindacato c’entra con le liberalizzazioni sotto due profili. Il primo ha a che fare con le rendite di posizione in alcuni servizi delegati a queste organizzazioni, ma anche a quelle dei datori di lavoro, attraverso i patronati (assistenza ai cittadini per le pratiche previdenziali) e i caf (centri di assistenza fiscale). Sui caf il precedente governo ? intervenuto con l’ultima Finanziaria, che ha tolto loro l’esclusiva sull’elaborazione del modello 730 (utilizzato ogni anno da circa 14 milioni di contribuenti) aprendo il mercato anche ai commercialisti, ai ragionieri e ai consulenti del lavoro. E a marzo una sentenza della Corte di Giustizia europea ha rafforzato questa apertura, stabilendo che l’esclusiva ai caf ledeva i trattati comunitari, configurando anche il rischio di aiuti di Stato. Sar? per? dura per i nuovi arrivati scalfire la posizione dominante guadagnata dai caf, nonostante l’Inps abbia gi? stipulato convenzioni quadro con le categorie abilitate dalla Finanziaria. E cos? il preventivo 2006 dell’ente prevede comunque che ai 78 caf convenzionati andranno 120 milioni di euro di contributi per ripagarli dell’invio dei modelli reddituali dei pensionati e dell’elaborazione dell’Ise (indicatore di situazione economica) per chi beneficia di prestazioni assistenziali. Ma in tutto, considerando i 730 (15,12 euro per pratica) inviati all’Agenzia delle entrate, i caf ricevono dallo Stato circa 330 milioni, di cui la met? finisce a centri che fanno capo a Cgil, Cisl e Uil. ? ancora chiuso, invece, il mercato dei patronati: 25 quelli convenzionati con l’Inps, per un esborso di 254 milioni di euro, il 60% circa a favore degli istituti confederali. I radicali tentarono un referendum abrogativo nel 2000, che per? non fu ammesso dalla Consulta che richiam? l’articolo 38 della Costituzione sul diritto all’assistenza. Pi? realisticamente Forza Italia ha presentato un emendamento al decreto Bersani, proponendo la liberalizzazione dei patronati, dando cio? la possibilit? di costituirli anche ad associazioni di consumatori, liberi professionisti, consulenti del lavoro. La proposta non ? passata. I sindacati e le associazioni datoriali (artigiani e commercianti) mantengono quindi questa riserva, che certamente svolge un’importante servizio di assistenza gratuita agli anziani come i caf ai contribuenti (che per?, con l’avvento dei computer, potrebbe essere benissimo svolta dagli istituti di previdenza, se solo volessero) ma che assolve soprattutto al ruolo fondamentale di reclutamento degli iscritti che poi, di norma, restano tali a vita, visto che, firmata la delega per le trattenute sindacali al momento della presentazione della domanda di pensione, queste poi vengono effettuate ogni mese a meno che il pensionato non mandi una disdetta scritta all’istituto di previdenza. Un meccanismo che assicura 115 milioni all’anno allo Spi-Cgil , 71 milioni alla Fnp-Cisl e 18,6 milioni alla Uilp, solo per i pensionati Inps. Ecco perch? un altro emendamento di Forza Italia al decreto Bersani proponeva, spiega Maurizio Sacconi, che le deleghe dei pensionati alla trattenuta associativa avessero una ?validit? temporanea?, cio? una scadenza dopo 1 o 2 anni, passati i quali il sindacato o l’organizzazione di categoria avrebbe dovuto chiedere all’interessato se voleva rinnovare l’iscrizione. Anche questo emendamento ? stato bocciato. Il secondo profilo che lega sindacati e liberalizzazioni riguarda la regolamentazione stessa delle organizzazioni sindacali, ma anche imprenditoriali. Liberalizzare vuol dire creare un mercato regolato anche della rappresentanza sindacale. Significa quindi intervenire sul sistema che garantisce nei fatti una posizione di vantaggio a favore delle sigle storiche, a partire dalla mancata attuazione dell’articolo 39 della Costituzione. Si tratta cio? di affrontare il nodo della reale rappresentativit? dei sindacati e delle associazioni imprenditoriali, anche per dare loro il giusto peso nei rapporti col governo (?Dalla concertazione alla consultazione?, ha suggerito l’ex commissario europeo Mario Monti sul Corriere del 9 luglio). La rubrica del Corriere Economia ?Diario sindacale? ha sollevato pi? volte il problema della verifica degli iscritti. Il segretario della Confsal, Paolo Nigi ha ammesso di dichiarare al ministero del Lavoro un milione 700 mila iscritti contro il milione 300 mila che sarebbero quelli veri, accusando per? anche gli altri sindacati di gonfiare i dati per avere pi? posti nei consigli degli enti previdenziali, nel Cnel e in tutti gli altri organismi dove sono previste rappresentanze sindacali. Guido Fantoni, che ? stato presidente dell’Aran (agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego) dal 2001 al 2006, ha confermato che il problema delle iscrizioni gonfiate esiste. Sacconi, contrario a ogni regolamentazione per legge della rappresentanza, sta preparando una proposta di legge per istituire un’Agenzia per le relazioni industriali che avrebbe tra i suoi compiti anche quello di monitorare periodicamente la rappresentativit? delle associazioni sindacali. Ma c’? invece un altro esperto, Giuliano Cazzola, sempre di formazione socialista, ma con una lunga esperienza di dirigente Cgil alle spalle, che conclude: ?Liberalizzare il sindacato significa, paradossalmente, applicare l’articolo 39 della Costituzione, che prevede una definizione seria della rappresentanza e della rappresentativit?. |