27/11/2006 ore: 11:39
"Sindacale" Cremaschi: «Io dissento, su tutto o quasi»
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Pagina 11 - CAPITALE & LAVORO ?Sulla Finanziaria la Cgil sbaglia. E con il governo ? troppo generosa? Giorgio Cremaschi, il reprobo. E' riuscito, con le sue posizioni certo non accomodanti, a determinare la rottura di una tradizione della Cgil, quella per cui nei conflitti anche aspri nei gruppi dirigenti non si personalizza mai. Di Cremaschi, invece, nel direttivo nazionale il segretario Epifani ha fatto nome e cognome, annunciando che la prossima ?marachella? che dovesse combinare non aprirebbe una discussione politica ma offrirebbe materia di lavoro agli organismi competenti. Il reprobo sa bene che nel mirino c'? l'intera Fiom. Sotto accusa ? l'autonomia della pi? importante categoria industriale che luned? riunir? uno dei suoi pi? caldi Comitati centrali alla presenza di Epifani (?di questo come segreteria Fiom abbiamo deciso di non parlare?). Nei corridoi confederali, di Cremaschi - che non si limita a manifestare il 4 novembre ignorando gli appelli ma arriva ad apprezzare lo sciopero dei Cobas - si parla come di uno che rischia di mettersi ?oggettivamente fuori?. Epifani ti ha richiamato all'ordine. E al di l? della solidariet? dovuta e sentita, c'? chi pur criticando la ?svolta a destra? della Cgil esprime perplessit? su alcune tue posizioni, che potrebbero non aiutare una battaglia ?di sinistra?. Come vivi questa personalizzazione? Non ? piacevole assistere a una deriva sanzionatoria. Non penso tanto a me - io in fondo ho il privilegio di potermi difendere, anche con un'intervista - quanto ai compagni e compagne in giro per l'Italia che potrebbero subire le conseguenze di una intolleranza verso il dissenso. E come rispondi alle critiche, diciamo cos?, da sinistra? E' importante la ricerca di unit? tra le anime di sinistra della Cgil e mi sembra che un segnale in questo direttivo sia stata dato. Non ? una strada semplice, le storie congressuali hanno un peso. Ma c'? un punto su cui l'accordo a sinistra dovrebbe essere pi? semplice: nell'ultima fase le scelte della Cgil sono avvenute senza consultare i lavoratori. Penso all'avviso comune sui call center, ma anche al Tfr dov'? stato affermato un principio sbagliato sul silenzio-assenso senza l'opinione e il voto degli interessati. Ma la democrazia non riguarda solto la sinistra Cgil: storicamente, quando regge il rapporto democratico con i lavoratori anche il rapporto interno all'organizzazione ? salvaguardato. C'? un limite al dissenso, e se c'?, qual ?? Ti rispondo cos?: se i lavoratori approvano un accordo, questo vale per tutti, anche per me che magari non lo condivido. Se viene meno la pratica democratica, se la Cgil diventa pi? simile alla Cisl, al ?sindacato degli iscritti?, i rapporti interni non possono che inasprirsi. Nelle sinistre Cgil poi, si ? sempre stati convinti che la democrazia viene prima di tutto il resto. Il mio dissenso ? forte, ma assolutamente legittimo: non ho mai violato le regole formali dell'organizzazione e di rispetto delle persone. Se apprezzo sia lo sciopero confederale dell'Universit? e della ricerca che quello dei sindacati di base, ci? non vuol dire che aderisco alle iniziative dei Cobas. E a proposito di alcuni linguaggi come quelli contestati ai Cobas, voglio ribadire non sono mai stati i miei. Non solo nei confronti di Damiano, ma anche di Sacconi. Al contrario, nel sostenere un movimento di lotta nel quadro politico dato dico che questo movimento l'avrebbe dovuto mettere in piedi il sindacato confederale con l'obiettivo di cambiare in meglio parti della Finanziaria: a giugno, Cgil, Cisl e Uil chiesero che non fosse cos? pesante. Perch? questa posizione ? stata subito abbandonata? E' persino superfluo dire che il governo di centrosinistra non sta facendo le stesse cose di un governo di centrodestra, ma non posso non aggiungere che comunque la linea resta dentro una logica liberista. Se ? cos?, perch? mai la Cgil dovrebbe fare il tifo per questa Finanziaria? La Fiom ha messo la democrazia al centro del suo agire. E dentro tutti movimenti, difende la sua autonomia nel rapporto con le controparti, la politica, i governi e persino con la Cgil. Che bisogno c'era di costituire un'area programmatica come la Rete 28 aprile? Rete 28 aprile ?, appunto, un'area confederale non della Fiom, che ha al centro l'indipendenza e la democrazia sindacale. Pensiamo che senza democrazia non sia possibile l'indipendenza. La Fiom ha le sue posizioni, la sua autonomia, la sua pratica per cui, per esempio, se i due contratti separati che abbiamo subito fossero stati invece votati e approvati dai lavoratori noi avremmo accettato il responso. Ci? detto, io ho le mie posizioni, pi? radicali di quelle di Rinaldini. Sto alle regole e non tento di attribuire alla Fiom le mie idee. Ma non credi che al centro ci sia la dialettica confederazione-categorie, il diritto delle seconde di intervenire sulle scelte generali? Questa dialettica tra Fiom e Cgil c'? sempre stata, ? ineliminabile. Il problema ? un altro, e riguarda le categorie come le Camere del lavoro, insomma l'intera organizzazione: una volta effettuato il congresso, definite maggioranze e minoranze, esse devono valere ovunque, tutta l'organizzazione dev'essere omogenea a quei rapporti e a quelle linee politiche, come sosteva Amendola, e dunque il dovere delle minoranze ? di obbedire sempre e ovunque? Lo scontro in Cgil c'entra qualcosa con i tavoli di gennaio su pensioni e precariet?? Credo che l'irrigidimento del clima interno nasca da una lettura emergenziale della fase politica. Mi chiedo se la Cgil metta in conto la possibilit? di un non accordo, con Confindustria che tenta di imporre i suoi diktat su precariet?,orari, riduzione della copertura salariale del contratto nazionale. Se, cio?, tiene aperta l'ipotesi che si possa arrivare a un conflitto. L'alternativa che temo ? che la Cgil si faccia carico a priori della stabilit? del governo. Lo dico perch? nel documento del direttivo ? scritto che l'autonomia ? data, solo all'interno del quadro politico dato. E un modo di ragionare opposto al mio. E mi ricorda gli accordi firmati il 31 luglio del '92 sotto la minaccia delle dimissioni del presidente Amato. Poi a dimettersi fu Bruno Trentin. |