«Sì ai rinnovi, ma con le regole del ’93»
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Il leader di Confindustria D’Amato: pronti al confronto sui contratti, però bisogna tenere conto dei tetti dell’inflazione programmata
 «Sì ai rinnovi, ma con le regole del ’93» «Dal Governo un’iniziativa fuori luogo: siamo in campagna elettorale, però non si deve esagerare» Nicoletta Picchio
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MOSCA Se sarà convocata dal Governo, la Confindustria si siederà tavolo per discutere sui rinnovi contrattuali. Ma il presidente della Confindustria, Antonio D’Amato, non esita a bollare la mossa del presidente del Consiglio e del ministro del Lavoro come «un’iniziativa del tutto fuori luogo». E se Cesare Salvi ripropone un ritorno alla vecchia scala mobile, il giudizio del presidente degli industriali è che si tratti di «una nostalgia irresponsabile». Rimbalzano a Mosca, dove è in corso una missione della Confindustria in Russia, le dichiarazioni dell’altro ieri del presidente del Consiglio sui rinnovi contrattuali e la sua intenzione di prendere l’iniziativa per stringere i tempi delle trattative in corso. Una mossa che D’Amato collega all’imminente voto del 13 maggio. «È vero che siamo in campagna elettorale, ma non bisogna esagerare», osserva il presidente degli industriali. Che rimarca tutta l’intenzione delle aziende a chiudere le trattative. «I contratti vanno firmati nel più breve tempo possibile, ma debbono rispettare i tetti dell’inflazione programmata, come previsto, del resto, dall’accordo di luglio del 1993», dice D’Amato. Una necessità imprescindibile, insiste, se si vuole raffreddare questa fiammata inflazionistica che, a suo parere, ha origine anche dalla manovra espansiva realizzata con la Finanziaria del 2001. «Occorre quindi grande senso di responsabilità delle parti sociali, tanto più che il Paese deve recuperare competitività e ridurre il differenziale inflazionistico con gli altri Paesi», dice ancora il presidente di Confindustria. Una posizione nettamente contraria alla ipotesi lanciata da Salvi di recuperare non solo l’inflazione programmata, con una sorta di nuova scala mobile. «Ci abbiamo messo tanti anni per superare un meccanismo che aveva messo l’Italia non solo fuori mercato, ma l’aveva paralizzata. Non mi sembra il caso di riproporre vecchi miti del passato», continua D’Amato. Sorpreso dell’iniziativa del Governo? «No — risponde — sono semplicemente sconcertato che si possano fare interventi come questo nel nuovo millennio». Se ci sarà la convocazione dell’Esecutivo (forse il 2 maggio) D’Amato comunque si presenterà al tavolo. Però rivendica l’autonomia delle parti sociali in materia contrattuale e sostiene che la Confindustria è impegnata a un «dialogo sociale serio e costruttivo». Confindustria, dunque, non si tira indietro ma contesta le modalità scelte dal Governo. «Quella dei contratti — ha spiegato D’Amato — è una questione che riguarda le parti sociali. In questo Paese ognuno deve fare il suo mestiere. Le parti sociali contrattano, e si fa concertazione su questioni sulle quali il Governo ha responsabilità di intervento». Ma perché i contratti di cinque milioni di persone sono bloccati? «Le trattative sono in corso, le richieste sono eccedenti rispetto alle compatibilità economiche», risponde. E punta il dito sul Pubblico impiego: «Nel pubblico hanno splafonato, noi dobbiamo giocare un ruolo di responsabilità». Non poteva mancare un riferimento all’altra questione calda del momento, la trattativa sui contratti a termine che sta andando avanti, ma senza la Cgil. «Si tratta di questioni completamente distinte», dice D’Amato. «Le trattative per i contratti a tempo determinato — aggiunge — vanno avanti, a gennaio era stato raggiunto un accordo, poi smentito per ragioni politiche. Il tavolo non ha porte chiuse, ma nessuno ha voglia di fermarsi, per nessuna ragione». Giovedì 26 Aprile 2001
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