23/3/2006 ore: 12:00

"...sharing" I sindacati: vergogna figlia della crisi

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    gioved? 23 marzo 2006


    Pagina 16 - Societ?

    L’EMERGENZA E’ ANDATA CRESCENDO CON LE DIFFICOLTA’ DI CASSA NELLE BASI DELL’ESERCITO

    I sindacati: vergogna figlia della crisi

    BRINDISI
    L’Arsenale militare di Brindisi ha 250 dipendenti dello Stato e un “indotto”, cio? le aziende private, ormai affondato o quasi. Alla crisi di un decennio e ai recenti tagli dei fondi alla Difesa sono sopravvissute poche decine di posti. E’ rimasta la flessibilit? da qualche ora di lavoro al giorno. L’Arsenale di Brindisi ? una sezione staccata dello stabilimento di Taranto, che ha 2050 dipendenti statali e 400 lavoratori privati al servizio della pi? grande base navale italiana. L’Arsenale di Taranto, esteso su novanta ettari, fu fondato nel 1889.

    Quello di Brindisi, pi? piccolo, ne ha rappresentato sempre un supporto. Entrambi si occupano della manutenzione del naviglio militare. Per sostenerli, la Difesa ha speso nel 2005 sessanta milioni di euro per le retribuzioni. Trentacinque milioni sono stati destinati ai contratti con le aziende private: aziende metalmeccaniche e di servizi. Nel 2006 la musica ? cambiata: il budget destinato alle aziende private si ? ridotto a quattro milioni. Le imprese sono stremate e gli effetti si vedono. A Brindisi la cooperativa Aulonia, impegnata nel settore delle pulizie, ha proposto assunzioni da 45 minuti di lavoro al giorno. “Una vergogna” secondo Roberto Aprile, rappresentante dei Cobas brindisini.

    Ma lo scenario preoccupa anche la Cisl. Fernando Toma, segretario della Fisascat Cisl, sottolinea come le speranze siano tutte affidate al governo e ai “200 milioni di euro promessi”. E’ il denaro che il decreto milleproroghe destina alla Difesa. Verr? ripartito su tutto il territorio nazionale. Qualcosa arriver? anche a Brindisi e a Taranto. Baster?? Difficile prevederlo. Le risorse sono in ogni caso in decremento. A Taranto, poi, come non bastasse la crisi finanziaria, la magistratura ha messo sotto inchiesta proprio il sistema delle imprese private e indaga sugli appalti. L’ammiraglio Paolo La Rosa, capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ha recentemente rassicurato: arriveranno nuovi fondi.
      Fino agli anni sessanta lavorare nell’Arsenale era un privilegio. Era il lavoro dello Stato, stipendio sicuro. Ora che la Marina militare deve ridurre perfino le spese di carburante per le proprie navi, di sicuro non c’? pi? nulla. Ieri ? arrivata un’altra conferma da parte di Maridipart, il dipartimento di Taranto: l’incrociatore Vittorio Veneto, vecchia ammiraglia della flotta, non potr? diventare un museo. Il ministro Rocco Buttiglione che aveva annunciato di volerla vincolare come bene culturale, ci ha ripensato perch? la Marina non ha fondi. Servono 30 milioni per metterla in sicurezza, bonificarla dall’amianto e ristrutturarla. Non ci sono. Il vecchio incrociatore andr? in disarmo il 30 giugno e poi in demolizione.

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