5/1/2007 ore: 11:52
"Riforme" Bersani: Verso il decollo del secondo pacchetto
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Pagina 6 - Primo Piano ROMA — «Appena me la chiedono arriva, una nuova lenzuolata Bersani è pronta, ci sto già lavorando». Prima di Natale, nel momento di massima impopolarità per il governo alle prese con una Finanziaria scomoda e pesante, il premier Romano Prodi si rivolse al ministro dello Sviluppo Pierluigi Bersani invitandolo a «inventarsi qualcosa». Come a luglio, con il decreto sulle liberalizzazioni per taxi e farmacie che tanto piacque agli italiani, opposizione compresa. Ora laBersani- due è in fase di decollo anche se, per capire l'agenda delle priorità, bisognerà aspettare il vertice di Caserta programmato per giovedì e venerdì prossimi. In una intervista al settimanale Espresso, il ministro anticipa la filosofia di questa «accelerazione» di riforme chiesta a gran voce dall'ala riformista del governo con Francesco Rutelli e Massimo D'Alema in testa e sponsorizzata anche da Confindustria. Prodi ha convenuto, «per dare una scossa al sistema produttivo e rilanciare la crescita del Paese», come ha detto nella conferenza stampa di fine anno, pur negando la necessità di una «fase-due». Il primo punto che Bersani tiene a chiarire è che l'intervento non si farà con un decreto come nell'estate scorsa ma con un disegno di legge in modo da obbligare «ciascuno degli alleati ad assumersi le proprie responsabilità». Il contenuto della Bersani-due è noto nelle sue linee generali anche se qualche sorpresa c'è da aspettarsela. Lo ricorda il ministro sintetizzandolo in quattro capitoli: efficienza energetica (dal risparmio con il coinvolgimento dei cittadini a misure sulle auto e gli elettrodomestici); nuovi investimenti al Sud ma «con meno capannoni e più tecnologia»; liberare le attività economiche partendo dalla privatizzazione dei servizi locali; spingere sulle infrastrutture «con un piano meno banale che in passato». E poi class action, riforma delle professioni e delle Authority. Ci sarà anche la riforma delle assicurazioni, «che cambieranno tra gennaio e febbraio», e poi la vera novità, introdotta sottovoce: «Un minimo di mobilità nel pubblico impiego». «La politica del centro sinistra — spiega Bersani nell'intervista — può appoggiarsi solo su una pubblica amministrazione con un minimo di credibilità, altrimenti vince la destra che vuol buttare tutto». Sapendo di toccare un tasto delicato e sensibile per la tenuta della maggioranza, il ministro precisa che su «pensioni e lavoro non servono grandissime riforme ma aggiustamenti». Ma chiede anche un «nuovo modello di concertazione e di dialogo con le parti sociali basato su coordinamento e sobrietà». Il sindacato accetta la sfida ma il terreno è scivoloso. Il memorandum d'intesa tra governo e parti sociali sulla produttività nel pubblico impiego doveva essere firmato prima di Natale ma improvvisamente l'incontro è saltato. Ufficialmente per «problemi tecnici», in realtà per una forte distanza di vedute tra governo e sindacato, dove un peso non trascurabile l'ha avuta quella proposta di legge annunciata dai senatori Antonio Polito e Lanfranco Turci per istituire una Authority della pubblica amministrazione per valutarne la produttività. Il padre del progetto è il giuslavorista Pietro Ichino insieme a Bernardo Mattarella. Ora ci stanno riprovando con un nuovo testo che il ministro delle Funzione Pubblica Luigi Nicolais sta predisponendo. «Noi ci stiamo — afferma Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil con la delega per il pubblico impiego — però il rigore ci vuole non solo per la mobilità ma per tutto». Al sindacalista non è piaciuto, per esempio, che nella famosa nottata del maxi-emendamento (quando passa a sorpresa la norma Fuda per cancellare i reati nella pubblica amministrazione) sia stato approvato anche un nuovo meccanismo per aumentare le retribuzioni di alcuni dirigenti statali. Nerozzi è comunque ottimista ed è convinto che entro gennaio il memorandum si firmerà: «Il nostro è uno spiritoo costruttivo, basta che finisca quello scambio infame tra lavoro di bassa qualità con il potere ai consulenti esterni». Il ministro Bersani si è tolto anche alcuni sassolini dalle scarpe. Se l'è presa con il presidente della Cassa forense Maurizio De Tilla «perchè non doveva permettersi di trasformare l'Ordine degli avvocati in un sindacato». E con l'ex ministro dei Trasporti Pietro Lunardi che, appena arrivato al governo, «ripristinò le concessioni per gli appalti senza proceduredi gara da me cancellate, un fatto di gravità che non ha precedenti». |