"Produttività" Intervista a Pietro Ichino
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sabato 2 giugno 2007
Pagina 8 - Primo Piano
Produttività La lezione americana
Intervista a Pietro Ichino
“Ma da noi nessuno rischierebbe la paga”
Chiara Beria Di Argentine
MILANO «Lavorare meno ma lavorare meglio? Certo che sarebbe possibile . Occorrerebbe una cultura del risultato e, quindi del rischio, che in Italia molti dicono di volere ma più a parole che nei fatti». Alla vigilia di una tavola rotonda al festival dell’economia a Trento con il ministro della Funzione Pubblica Luigi Nicolais e il segretario nazionale degli statali-Cgil Carlo Podda, Pietro Ichino, noto giuslavorista, autore del dibattutissimo saggio «I nullafacenti» (Mondadori editore, già 20 mila copie vendute, centinaia di mail nel suo forum) sulla scarsa produttività nella PA, commenta con dichiarato scetticismo i risultati della ricerca Usa.
Professor Ichino, la media dei lavoratori Usa spenderrebbe in ufficio 45 ore - con punte di 70- a settimana. Almeno 16 ore sarebbero improduttive. Qual’è il confronto con la situazione italiana?
«Bisognerebbe vedere con quele criterio è stata condotta questa indagine, come hanno ottenuto queste medie. Sono tante 45 ore. In America vogliono dire 40 più 5 di straordinario, cioè 1 ora al giorno di straordinario. E’ la loro legge sulle 40 ore, una delle poche che hanno. In Italia, ormai, abbiamo ovunque le 38,39 ore- 36 ore per gli statali- e non è normale che si facciano gli straordinari. Quanto alle 16 ore d’improduttività vogliono dire 3 al giorno. In tutti gli uffici ci sono spazi di non applicazione intensa e assidua alle proprie mansioni, però non so come abbiamo fatto a misurarle. Mi sembra il tipico dato che fa la media tra chi non lavora un tubo tutta la settimana e quello che sgobba come un mulo».
Tra i nostri statali quale sarebbe la media?
«Non ho dubbi che se fosse possibile condurre uno studio ben fatto su un campione ben costruito dell’insieme delle amministrazioni pubbliche - negli uffici privati la situazione è diversa- verrebbe fuori un dato assai peggiore. Ci sono vastissime aree di “nullafacenza totale”, non certo limitate ai “nullafacenti dolosi”. Per esempio, i “nullafacenti strutturali” ovvero quelli ai quali non fanno fare nulla. E ancora. I nullafacenti in situazioni di non rigore amministrativo o organizzativo ai quali non riesci a imporre una produttività decente. Insomma, le situazioni sono tante e molto diverse. Nel terzo capitolo del mio libro ho riportato un’antologia degli interventi nel forum. Uno è intitolato "Ufficio pubblico minuto per minuto" con la descrizione di cosa fanno 5 addetti. Ore 8.30: A, B e C timbrano il cartellino e, subito, vanno a predere il caffè. Ore 9.30: B e C escono a comprare il giornale e rientrano alle 10.15 e così via. In questi uffici altro che 16 ore di improduttività!»
Secondo la ricerca Usa le riunioni di lavoro sono una perdita di tempo. Condivide?
«In molte situazioni sì. All’università sono un vero flagello, tra la riunione del corso di laurea, quella del collegio dei docenti, quella del master etc. dovremmo passare il tempo a saltare da una riunione a un’altra. Nel nostro Dipartimento all’università Statale ci siamo accordati per evitarle. Soluzione: il responsabile dell’organo collegiale redige il verbale di quello che si vorrebbe esca dalla riunione; lo manda a tutti e, se tutti sono d’accordo, la riunione dura mezzo minuto. Il tempo di firmare».
Perché parla di cambio di cultura per riuscire a lavorare meno ma meglio e farla finita con i cartellini e i capi uffici cerberi?
«Esiste un’immensa letteratura sul tema e ci sono molte tecniche d’ottimizzazione del tempo. Attenzione, questo significa spostare l’oggetto della prestazione dal tempo al risultato. Il rapporto cambia natura: al posto del tuo tempo t’impegni a raggiungere un risultato. Se le cose vanno non ti pagano. Non ce lo vedo il sindacato disponibile a un simile cambiamento».
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