26/2/2007 ore: 10:21
"Personaggio" Follini: passo da formica oltre la terra di mezzo (R.Cotroneo)
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Pagina 5 - Politica IL RITRATTO - «Vada pure, lui più nessuno» ha detto con sprezzo Dell’Utri. Ma uno più zero fa uno, e forse basta. Il suo centro è una linea sottile, però pesante oltre la terra di mezzo Ieri sul «Corriere della Sera», il senatore Dell'Utri commentava così un possibile passaggio di Marco Follini alla maggioranza: «Se vuole vada. Ma abbiamo visto quanto vale. Lui più nessuno. Vada pure». Ieri, quella frase il senatore Follini sembra l'abbia riletta più di una volta. Senza fare commenti. Quel lui più nessuno, poteva suonare sprezzante, se letto in termini ironici. Un formidabile atout se letto in termini matematici. Perché uno più zero non fa zero. Fa uno. Ed è proprio su quell'uno che conta la maggioranza di Prodi per farsi un po' di conti al Senato. Ancora una volta i destini del paese sono scritti da ex democristiani. Andreotti e Cossiga l'altro giorno. Follini oggi. Democristiani diversissimi, quasi due codici genetici opposti. Grandi vecchi astutissimi i primi due. Malinconico e con un'idea della politica sospesa e contraddittoria il secondo. Vicepresidente del Consiglio di Berlusconi, per solo tre mesi. Incapace di seguirlo a ogni costo come il suo ex amico e collega di Udc Pierferdinando Casini. Caratterialmente difficile: più che astuto attento, più che prudente parsimonioso. Dicono che Berlusconi non lo sopportasse affatto. Dicono che nel breve periodo in cui Follini rimase al governo, non si guardassero quasi mai negli occhi. E quando Follini ha cominciato a esprimere prima un dissenso verso l'operato del governo Berlusconi, e poi un dissenso sulla linea politica imposta da Casini all'Udc, tutti giuravano che aveva fatto un passo che gli sarebbe costato enormemente. L'Italia di mezzo era semplicemente lui, Follini: il suo centro era una linea sottile. Da questa postazione scomoda, Follini ha cominciato la sua traversata nel deserto dal centro destra verso un luogo non ben precisato. Ma ieri, quando è uscito da un colloquio con il Presidente della Repubblica che aveva sforato di molto il rigido protocollo dei tempi, si è tolto la soddisfazione di non rilasciare dichiarazioni. Eppure finalmente il deserto se lo era lasciato alla spalle. Gli aveva telefonato Prodi in serata già mercoledì. Probabilmente il primo senatore che il premier ha chiamato. Poche parole prima con Sircana, e poi con il presidente del Consiglio. Giovedì ha visto Rutelli, abbastanza a lungo. Ieri Napolitano, e nel mezzo, nel suo destino di mezzo, una marea di telefonate come non capitava più da tempo. Follini è un uomo tangenziale. In matematica, nella matematica che oggi è in grado, sui piccoli numeri, di aprire magici portoni, si direbbe che è un asintoto. Una di quelle rette che non arrivano mai a congiungersi alla curva, a convergere, ma si avvicinano sempre di più senza toccarla mai. Si dice che l'asintoto tocca una curva in un punto infinito. E lui, Follini, è questo. È nella simbologia Dc l'uso di metafore matematiche per definire qualcosa. Le «convergenze parallele» di morotea memoria non sono altro che questo. E in fondo, in una versione più moderna, siamo ancora là. Alle convergenze parallele. Ma se quelle di allora spostavano due interi grandi partiti di massa, quelle di oggi, spostano frammenti infinitesimali, capaci di cambiare il corso della storia dei governi. Lui più nessuno è un'alchimia di laboratorio che può far esplodere tutto. Follini si muove come un umile soldato che le ambizioni le nasconde, anche se le ha eccome. Quando Fassino in un'intervista ha detto che Follini è più a sinistra di Di Pietro, lui la prende con simpatia, ma corregge che per un uomo di centro «essere definiti di sinistra non è un complimento». Salvo poi aggiungere: «certo, Di Pietro è più a destra di me». E pochi giorni prima che il governo andasse sotto al Senato, aveva disquisito, come un cartografo della politica, che Prodi doveva «sterzare verso il centro». Ci passano tutti dal centro del deserto dove, come uno stilita, Follini predica nella solitudine di ex dc. Prima non si fermava nessuno. Passavano e andavano, mentre lui, Follini, cercava il giusto mezzo in tutto quanto accadeva. Una stoccata ai manifestanti di Vicenza, una disponibilità blanda perlomeno su una discussione serena in Parlamento riguardo ai Dico, un apprezzamento sulle liberalizzazioni avviate del governo, ma con un distinguo: «però la velocità non mi pare quella giusta». Follini ha un'idea così centrale del centro, che pensa che al centro c'è pochissimo posto. E dunque è inutile invitare troppa gente. Ieri, nel tardo pomeriggio, lo davano più nervoso del solito. Dopo le telefonate dei leader della maggioranza, l'incontro con il presidente della Repubblica, che gli ha chiesto con fermezza la sua disponibilità concreta, deve essere arrivata qualche non graditissima telefonata pure dal centro destra. E per quanto uno più nessuno fa uno, e se ormai passare dall'altra parte non è più fare a nuoto il Fiume Giallo ma al massimo saltare un ruscelletto, il salto rimane difficile ugualmente. Anche se quei dodici punti di programmatici di Prodi, a vederli dall'eremo solitario di Follini, paiono davvero un bell'invito al ritorno: sulla politica estera, su scuola e cultura, sulle liberalizzazioni, sulla famiglia. Temi buoni per il suo sito internet, dove Follini mette quello che fa e pensa. E dove ci sono anche le sue foto. Tutte uguali, con gli occhiali da Harry Potter. Con un dettaglio non trascurabile: per vederle bisogna cliccare alla voce «Frammenti». Chiedersi il perché di questa bizzarria sarebbe inutile: spiega bene la psicologia del personaggio. Frammenti e dettagli, anziché foto o ritratti. Piccolezze, numeri infinitesimali, unità singole, minime, che nei prossimi giorni al Senato, potrebbero pesare più dei ritratti giganteschi di se stesso che da anni fa affiggere per l'Italia Berlusconi. roberto@robertocotroneo.it |