15/1/2007 ore: 9:19
"Pensioni" Il governo alla prova dello «scalone»
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Pagina 4 - Politica Pensioni, il governo alla prova dello «scalone» È ingiusto e impraticabile abbassare ancora le pensioni già basse RIFORMA La presunta sintonia del vertice di Caserta si è arenata sulle pensioni. La previdenza è uno scoglio molto duro per la coalizione di governo. Da una parte il ministro del Lavoro Cesare Damiano che vorrebbe iniziare subito a discutere con i sindacati anche sulla revisione dei coefficienti, dall’altra il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, per il quale quel percorso «è impraticabile». «L’idea di rivedere i coefficienti delle pensioni basse - ha spiegato il ministro di Rifondazione comunista - equivarrebbe ad aumentare l’età pensionabile perché, già così, chi ha mille euro al mese va in pensione con 800. Se si rivedessero i coefficienti significherebbe mandarli in pensione con 750 o forse meno. Francamente è una cosa impraticabile». Impraticabile nonostante sia già prevista dalla legge Dini, che assegnava il compito di revisione al ministero del Lavoro e a quello del Tesoro sulla base di quanto suggerito dal Nucleo di valutazione, dalle Commissioni parlamentari e dalle parti sociali. In realtà il suggerimento del Nucleo di valutazione era già arrivato la scorsa legislatura. E diceva che visto che la previsione di vita si era alzata di due anni gli assegni, nella media, avrebbero dovuto ridursi del 6-8%. Un taglio i cui effetti avrebbero cominciato a manifestarsi nel 2011, quando sarebbero andati in pensione i primi lavoratori legati al sistema misto (retributivo e contributivo). In pratica però il governo Berlusconi non volle intervenire lasciando la patata bollente al governo successivo. Per questo al tavolo sulla previdenza Damiano dovrà lavorare sodo. A quel tavolo, in verità, il ministro vorrebbe anche ridisegnare l’intero welfare, la legge Biagi, i contratti a termine, gli ammortizzatori sociali, e non focalizzare l’attenzione solo sulla revisione dei coefficienti contributivi. Non sarà facile. Perché la cosa da fare subito per il ministro Ferrero - ieri alla presentazione del nuovo Sindacato dei lavoratori (nato dalla fusione di Sult e Sincobas) - è «l’abolizione dello “scalone”» (l’aumento dell’età pensionabile da 57 a 60 anni previsto dalla legge Maroni a partire dal 2008, ndr). «Un obbligo per questa coalizione». E a chi gli ricordava invece come Damiano avesse bocciato questa via visto la carenza di risorse Ferrero ha risposto che le risorse per farlo «si trovano». Sulla linea di Ferrero anche il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi: «Faremo la riforma delle pensioni nei termini che sono scritti nel programma: non faremo riforme su cose che non sono scritte nel programma». E alla domanda se è possibile una decurtazione del coefficiente di calcolo delle pensioni ha risposto: «Mi pare proprio di no». Sul piede di guerra anche i sindacati. «Siamo assolutamente contrari all’ipotesi di revisione dei coefficienti - ha sostenuto il segretario confederale Cgil Morena Piccinini -. Più volte abbiamo detto che la Dini sta funzionando anche troppo bene». Quanto alla Cisl di Raffaele Bonanni: «La priorità è lo sviluppo. Se vogliono parlare di pensioni noi siamo qui, ma il governo ha nel programma l’eliminazione dello scalone». Insomma le pensioni stanno diventando il nuovo scoglio sul quale si potrebbe infrangere la maggioranza. Un pericolo avvertito da Pier Ferdinando Casini pronto a lanciare il suo salvagente. «C’è un momento in cui l’opposizione deve assumersi una responsabilità nazionale, senza crogiolarsi nelle disgrazie altrui. Questo è il momento in cui è necessario affrontare le grandi questioni che interessano gli italiani, costretti ai continui rinvii di una maggioranza che non è in grado di dare loro risposte». |