13/11/2006 ore: 10:00

"Pensioni" Geroldi: «La vera riforma l’ha già fatta Dini»

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    luned? 13 novembre 2006

    Pagina 2 - Economia/Oggi


    GIANNI GEROLDI

    Parla lo studioso chiamato a valutare la spesa previdenziale: ?La vera riforma l’ha gi? fatta Dini. Adesso si tratta di aggiustare...?
      ?Pensioni e lavoro: insieme
      e con maggior elasticit?
        Roma
        ?L’esegesi autentica su quello che davvero c’? scritto nel programma sulle pensioni gliela far? a gennaio, non prima?. Gianni Geroldi non sale sul ring del dibattito previdenziale: ?Fino a gennaio non se ne deve neanche parlare. Chi lo fa oggi, vuole solo comparire sulle pagine dei giornali?.

        Eppure il tema ? presentissimo: ancora ieri si leggevano numerose dichiarazioni, premessa a quanto avverr? a gennaio, con frequenti richiami al rispetto del programma preelettorale.

        Ancora ieri Gugliemo Epifani ammoniva : ?La Cgil non intende nemmeno sedersi al tavolo del confronto sulle pensioni se prima l'esecutivo non definir? ?una sua posizione unitaria, esplicita e trasparente?. Il leader sindacale, che difende l'impianto e gli obiettivi della Finanziaria, non esitava a denunciare ?la mancanza di un progetto di fondo chiaro che giustifichi la ragione per cui oggi vengono chiesti i sacrifici?.

        Gianni Geroldi, da studioso, delinea un campo da gioco assolutamente diverso da quello (molto ristretto) indicato dai dibattiti in corso. Lui, che quel programma ha contribuito a scriverlo, lui che ? stato uno dei ?demiurghi? del memorandum d’intesa con i sindacati a settembre, lui che dal suo incarico (ricevuto in estate) di presidente del nucleo di valutazione della spesa previdenziale, parteciper? molto da vicino alla trattativa nei primi tre mesi del 2008, esclude che ci sia una contrapposizione netta tra fare la riforma e non fare nulla. Il punto non ? quello. ?La vera riforma l’ha fatta Dini - spiega - Nella Dini c’? tutto, c’? anche la sostenibilit? economico-finanziaria, che a lungo termine funziona meglio della Maroni?. S?, ma come si fa? Attuare davvero la Dini significa in qualche misura cambiare il mondo produttivo, abbattere la barriera tra lavoro e non lavoro (con part-time, aggiornamento, anno sabbatico, ecc), inventare (ma altri Paese l’hanno gi? fatto) un modo nuovo di andare in pensione o di lavorare fino a tardi. Insomma, fare politiche di invechciamento attivo e scoprire una terza generazione: non solo i giovani o i vecchi, ma quelli tra i 50 e i 65 anni che perdono lavoro e non possono andare in pensione. La quadratura del cerchio (o del cappio? ) pensioni sta qui.

        Se nella Dini c’? tutto, basta allora eliminare l’intervento di Berlusconi?
          ?Non proprio, perch? la Dini aveva un periodo di tempo che serviva per andare a regime in cui c’? un appesantimento della spesa sul Pil. Ma non ? una cosa drammatica, si tratta di un punto o un punto e mezzo di pi?. Il problema ? che il nostro Paese ? gi? indebitato, quindi bisogna rimediare?.

          Ci sono pochi giovani che pagano e troppi vecchi che vanno in pensione?
            ?No, questa cosa io non gliela dir? mai. Anzi, ritengo che sia una delle cose pi? stupide che siano mai state dette. Se noi consideriamo i trasferimenti che oggi avvengono tra giovani e vecchi, ci sarebbe da fare il ragionamento opposto: si pensi a quanti studiano con i soldi dei genitori. Bisogna uscire da questa retorica. Senza contare che i sistemi pensionistici, come quelli sanitari, sono sempre stati fatti in maniera tale che il carico maggiore ricada sui pi? giovani, i quali per? quando diventano vecchi godranno a loro volta dei vantaggi. ? questo il patto integenerazionale?.

            Vero, ma i giovani di oggi da vecchi non avranno gli stessi trattamenti dei vecchi attuali...
              ?S?, chi sta nel retributivo ha qualche vantaggio, e si dovr? lavorare per chi ha profili pensionistici a rischio, tra cui ci sono molti giovani. Per questo si cercano dei sistemi per far andare le persone un po’ pi? tardi?.

              A modo suo Maroni il problema lo ha risolto...
                ?S?, ma con la rigidit?. Il che vuol dire che per esempio chi perde il lavoro attorno ai 50 anni e non viene pi? riassunto da nessuno si ritrova in un inferno. ? inutile mettere una soglia rigida, se poi la realt? espelle il lavoratore molto tempo prima. Questa ? una delle contraddizioni di Confindustria, che si ? sempre schierata per l’innalzamento dell’et? pensionabile, per? poi gli imprenditori sono i primi che chiedono meccanismi che di fatto sono dei prepensionamenti?.

                Come se ne esce?
                  ?Io penso che se si tolgono i vincoli sulla cumulabilit? tra reddito da lavoro e pensione, e se si indicassero delle fasce d’et? (per esempio dai 58 anni in poi) in cui si pu? andare in pensione modulata sull’et?, si pu? immaginare di anche di andare presto in pensione e magari integrare il proprio reddito con un lavoro parziale. Si possono combianare cose di questo genere, senza per forza provocare traumi. Tanto pi? che l’et? effettiva di uscita dal lavoro ? gi? attorno ai 60 anni. Ripeto. mi pare che attorno a questo tema si addensi una preoccupazione esagerata?.

                  Eppure c’? una forte pressione, sia dall’Europa che dalla Banca d’Italia...
                    ?La Banca d’Italia non ? cos? tanto legittimata a parlare di questa materia. Farebbero meglio a guardarsi anche in casa. Quanto all’Europa, il sistema italiano ? tra i pi? sostenibili?.

                    b.di g.

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