"Pd" Sì dei sindacati, operai tiepidi
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domenica 25 marzo 2007
Pagina 10 - Politica e società
Partito democratico. Interesse «trasversale»delle tre confederazioni per il progetto - Segreteria Cgil divisa a metà tra pro e contro
Sì dei sindacati, operai tiepidi
Giorgio Pogliotti
ROMA
Il sindacato guarda con interesse alla creazione del partito democratico. Il sostegno è trasversale tra le tre sigle confederali dove, pur non mancando i dissensi, si esprime un giudizio positivo sulla nascita di una forza riformista che potrà contribuire alla semplificazione del quadro politico. Ma Cgil, Cisl e Uil sottolineano all'unisono le difficoltà del nuovo soggetto a instaurare un rapporto con il mondo del lavoro. Come emerge dal consenso ridotto che arriva da operai e pensionati.
La Cgil e la mozione Fassino
Nella segreteria della Cgil a favore della "mozione Fassino" per la creazione del Pd si sono espressi Achille Passoni, Nicoletta Rocchi, Mauro Guzzonato e Marigia Maulucci (non iscritta ai Ds), mentre il segretario generale Guglielmo Epifani non ha votato (per rispetto del proprio ruolo). Contrari, invece, Fulvio Fammoni, Carla Cantone, Paolo Nerozzi e Morena Piccinini. Gli ultimi due hanno annunciato il sostegno alla mozione Mussi. «Non sono entusiasta - sostiene la Rocchi - ma non vedo alternative. Sono favorevole al bipolarismo e mi auguro che il Pd possa creare un'alternativa alla deriva populista- plebiscitaria, ma deve fare della qualità del lavoro una priorità». Il presidente di Ires-Cgil, Agostino Megale, sottolinea come la "mozione Fassino" parli anche di partito del lavoro, ma «dalle parole bisogna passare ai fatti, adottando alla base del Pd il manifesto del lavoro di Cesare Damiano e Tiziano Treu».
Le difficoltà di dialogo emergono anche da un sondaggio realizzato da Swg: lo scorso 20 marzo l'area di favore tra i lavoratori che alle elezioni hanno votato per l'Ulivo era pari al 70 per cento. Ha raggiunto il 78% tra gli insegnanti e il 72% tra gli impiegati, per attestarsi al 67% tra i pensionati e al 61% tra gli operai. ma il consenso aveva raggiunto il 73% a dicembre 2006, il 70% a gennaio, per scendere al 68% a febbraio. L'operazione avrà conseguenze per il sindacato? «La sfida per l'unità del sindacalismo - aggiunge Megale - che il gruppo dirigente di Cgil, Cisl e Uil sta ponendosi viene rilanciata in modo più avanzato. Penso all'esperienza della federazione unitaria realizzata tra il '74 e l'84, che può tornare utile».
Il giudizio della Cisl
Quanto alla Cisl, la segreteria non si è espressa, anche se tra i numi tutelari del Pd figurano - seppur nelle loro diversità - gli ex segretari generali Pier Carniti, Franco Marini, Sergio D'Antoni e Savino Pezzotta. E Raffaele Bonanni, pur geloso dell'autonomia sindacale, non è certo indifferente all'operazione. Secondo Pier Paolo Baretta «l'attuale eccessiva frantumazione è uno dei problemi principali per ledue coalizioni». Baretta non si aspetta conseguenze per il sindacato: «Pur guardando con favore al processo non credo che ciò possa soffocare la nostra autonomia, che è l'autonomia del sociale dalla politica - sostiene -. Non cambia la nostra impostazione con il partito democratico perché non crediamo a Solidarnosc, né al Labour. Ma autonomia non vuol dire non guardare con interesse all'evoluzione del quadro politico». Baretta si dice «sorpreso dall'assenza di un confronto con i sindacati, da parte del gruppo dei saggi incaricati di scrivere le tesi del partito democratico». Anche per Giorgio Santini, «la nuova forza politica può aver successo se risponde alle aspirazioni e ai bisogni quotidiani degli italiani: è essenziale che il Pd affermi la propria anima popolare».
Gli umori della Uil
Se la Uil non si è pronunciata, il suo leader Luigi Angeletti, pur non coinvolto direttamente, dice di guardare con attenzione alla creazione del Pd. In segreteria tra i sostenitori c'è Paolo Pirani, componente della direzione dei Ds. «È sbagliato dire "siamo fuori" perché è in corso una lotta politica per definire il carattere del Pd - sostiene -. È una nostra esigenza avere interlocutori in grado di interpretare sul piano politico quelle istanze riformiste che noi esprimiamo sul piano sociale». Anche Pirani sottolinea un deficit nel rapporto del Pd con il mondo del lavoro: «Dal documento dei saggi emerge più attenzione al consumatore che al lavoratore - aggiunge -. Per un soggetto riformista il tema del lavoro deve invece rimanere centrale». Pirani non si aspetta conseguenze per il sindacato: «Rappresentiamo interessi trasversali, con 12 milioni di iscritti - sostiene -. Un sindacato schierato sarebbe più debole. Anche se l'unità del mondo del lavoro è un'istanza reale».
La ricerca
Tornando al sondaggio della Swg - che sarà presentato martedì ad un convegno dell'Ires su «Lavoro, politica e sindacato» con i segretari dei Ds Piero Fassino, del Pdci Oliviero Diliberto e del Prc Franco Giordano, Tiziano treu (Margherita), il ministro Alfonso Pecoraro Scanio e il leader della Cgil, Guglielmo Epifani - l'apice di consenso si registra tra i lavoratori tra i 44 e i 54 anni (77%9 e tra gli over 64 (70%); più tiepidi gli ex sessantottini tra i 55 e 64 anni, la fascia 35-44 (67%9 e i giovani tra 18 e 24 anni (66%). L'area della contrarietà tocca le punte del 25% nella fascia tra 55-64 anni e il 23% tra i 25 e 34 anni. A livello geografico il grado di consenso più alto si registra nelle Isole (74%), dove è più forte la componenete ulivista e nel nord Ovest (72%). Le maggiori resistenze nel Sud (25% conrari) e nel Nord Ovest (22%). «Ancora non c'è un effetto di traino nel Paese, l'interesse è limitato anche perché mancano una leadership e un programma - sostiene Maurizio Pessato, ad di Swg - ma è presumibile che vi sarà un impatto dopo i congressi di margherita e Ds».
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