"Opinioni" Una via cinese per la sinistra italiana - di Piero Ignazi

Una via cinese per la sinistra italiana |
di Piero Ignazi In Europa la sinistra ? andata al governo seguendo tre strade diverse: quella francese della gauche plurielle, una articolazione polifonica di domande e interessi diversificati, ricondotti ad unit? da un autorevole partito leader, senza alcun collegamento organico con i sindacati; quella inglese di un rinnovamento radicale, lungo e faticoso, del partito laburista, rinnovamento acquisito anche attraverso un affrancamento dalla tutela di un sindacato molto potente; quella tedesca di un bilanciamento tra componenti radicali e riformiste entrambe sostenute, chi pi? chi meno, da un solido ancoraggio sindacale. In Italia l'esperienza dell'Ulivo si ricollegava, grosso modo, alla strada francese. Quell'esperienza, cos? come venne presentata all'epoca, ? chiusa, perch? bocciata dagli elettori. Nei prossimi mesi, o anni - in fondo non c'? fretta: le prime elezioni in arrivo sono quelle europee del 2004 - emerger? qualcos'altro. In questi giorni, la sinistra sta forse imboccando la via ?cinese?. Il segretario generale della Cgil (soprannominato ?il cinese? per via dei suoi occhi dal taglio orientale) con il suo forte discorso di chiusura al congresso della confederazione sindacale ha dimostrato non solo la sua statura di leader (e di questo non c'era bisogno di prove) quanto la sua disponibilit? a guidare tutto lo schieramento di opposizione. Il problema della leadership tormenta l'Ulivo fin dalla sua nascita. I meriti di Rutelli sono molti ma finora non si ? dimostrato in grado di controllare e guidare la coalizione. E, per quanto abbia una grande capacit? comunicativa, non ? riuscito a parlare al cuore degli elettori, a suscitarne le passioni. Lo stesso vale per Fassino, persona fin troppo mite e ragionevole per essere coinvolgente. Dopo la provocazione di Nanni Moretti la questione leadership ? scoppiata sfuggendo alle alchimie degli interna corporis di quel che resta dell'Ulivo. Inevitabile quindi che la figura di Cofferati, forte dei suoi 5 milioni e passa di iscritti, si proiettasse sul teatrino dell'Ulivo. Ma a quale fine e con quale prospettiva? Il segretario della Cgil ha subito una curiosa metamorfosi mediatica: dipinto per anni come l'anima riformista e modernizzante del sindacato, con il governo ?amico? dell'Ulivo ? diventato il signor no, il conservatore, il massimalista dello scontro; e ,a maggior ragione, lo ? oggi con un governo ?nemico?. Forse ? cambiato Cofferati, forse ? cambiato il contesto: ma non ? questo il punto. La questione fondamentale ? capire se la tensione agonica nei confronti del governo, rilanciata con forza anche ieri, costituisca un elemento tattico per serrare le fila di una opposizione sfilacciata e smobilitata oppure rappresenti una impostazione strategica di scontro frontale. Nel primo caso l'irruzione di Cofferati pu? apportare al campo arido dell'Ulivo quel fertilizzante necessario per una sua rapida ripresa; ma ad una condizione: che questa impostazione battagliera venga contenuta nel breve periodo e venga affiancata da un approccio pi? dichiaratamente riformista (il modello tedesco a due gambe) per evitare una deriva massimalista. In sostanza, l'opposizione dura ha senso se inquadrata in un'ottica di breve periodo che preveda una sua evoluzione pi? ?centripeta?. Nel secondo caso, se l'atteggiamento del segretario della Cgil riflette invece un orientamento di lungo periodo, strategico, allora il rischio per l'opposizione ? quello di seguire le orme del laburismo dei primi anni 80, condotto al suo minimo storico dalla leadership massimalista di Michael Foot. Il futuro di una eventuale ?via cinese? della sinistra italiana rimanda alla decifrazione dell'ideogramma del tipo di opposizione: se sar? tattica e flessibile le potenzialit? di aggregare consensi diversificati aumenteranno; se sar? strategica e assoluta finir? per chiudersi in un vicolo cieco, asserragliata nel proprio bunker, incapace di andare oltre il proprio orgoglio.Domenica 10 Febbraio 2002
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