17/4/2002 ore: 11:20
"Opinioni" Sedersi al tavolo - di Carlo Dell'Aringa
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chiamata procedura di raffreddamento. Lo sciopero è riuscito, non c’è dubbio. Lo scontro fra Governo e sindacato ha raggiunto un livello che mai era stato raggiunto negli ultimi vent’anni e forse occorre andare ancor più indietro nel tempo per osservare una situazione di questo tipo. Ma se si pensasse di piegare un governo con uno sciopero, si commetterebbe un grave errore, drammatico per lo stesso sindacato e per i lavoratori che rappresenta. Il Paese ha bisogno di un governo autorevole per fare le necessarie riforme e questo deve essere da tutti condiviso, anche da chi è contrario (o anche molto contrario) alla coalizione che questo governo sostiene. Sarebbe autolesionista pensare il contrario. Ora la domanda che va fatta al sindacato è la seguente: quale autorevolezza rimarrebbe al Governo se stralciasse l’art.18; se tornasse sulle proprie decisioni, così a lungo difese (e talvolta anche con argomenti che meriterebbero almeno una discussione)? La risposta, scontata, è: ben poca. È questo che il sindacato vuole? È questo l’interlocutore forte che vorrebbe al tavolo del negoziato? La discussione dell’art.18 può peraltro essere rinviata a tempi migliori, quando gli animi si saranno rasserenati (almeno un po’) e quando le discussioni avranno perso almeno parte del tono ideologico che le hanno sinora caratterizzate. Molti lavoratori sentono sulla loro pelle la minaccia. Sbagliata o giusta che sia, questa è la situazione, una situazione in cui, come qualcuno ha sostenuto, con una buona dose di ragione, anche una riforma dell’art.18 potrebbe non condurre a qualche risultato positivo per questo Paese. In futuro può darsi, ma in questo momento è veramente arduo immaginarlo. Per questo occorre praticare una classica procedura di raffreddamento del conflitto, il che comporta, per tutti, astenersi dal prendere qualsiasi iniziativa sulle materie oggetto del contendere. Si tengano le bocce ferme sulle questioni che rischiano di esasperare ulteriormente lo scontro. Le si accantoni, sperando in tempi migliori. Almeno per il tempo necessario per avviare il confronto e per arrivare a qualche risultato utile. Quando si dovesse riscoprire quanto è utile il confronto, si potrebbe assistere anche a qualche cambiamento di idee e di convinzioni. Si parta dagli ammortizzatori sociali, che, dopo quello del pubblico impiego, è uno dei temi più cari al sindacato. Se dopo aver ottenuto il contratto dei pubblici dipendenti, il sindacato riuscisse a portare a casa anche un sostanzioso avvio della riforma degli ammortizzatori, potrebbe ritenersi più che soddisfatto. Avrebbe ottenuto lo stesso da un altro governo, in così poco tempo? Si passi una mano sulla coscienza e risponda! Se si depongono le armi, non si fa un regalo, vi sono motivi validi per farlo. Si rinunci dall’altra parte a ogni azione che potrebbe essere interpretata come un atto di belligeranza. Il Paese ha una eredità da conservare e un futuro da sfruttare. L’eredità consiste nel risanamento e nell’ottima tenuta dell’occupazione cui ha contribuito in modo determinante il senso di responsabilità del sindacato. Non riconoscere questo si fa torto alla storia. Il futuro davanti a noi serve per mettere in pratica quelle riforme, anche del mercato del lavoro, che ci permetterebbero di agganciare definitivamene l’Europa. Si possono fare entrambe le cose, conservare l’una e realizzare l’altra, e il modo migliore per farlo, nel nostro Paese almeno, è di farlo con il contributo del sindacato. |