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L’uomo che dice solo ?no?
6 febbraio 2002di Marcello Sorgi
Un curioso paradosso aleggia sul congresso della Cgil che si apre oggi a Rimini: Sergio Cofferati, uscito come il grande sconfitto dalle assise di Pesaro dei Ds, arriva all’appuntamento con il suo sindacato non solo come il vincitore di questa prima fase di confronto-scontro con il governo di centrodestra, ma anche come l’unico leader della sinistra rimasto in piedi dopo la tempesta del 13 maggio.
Gli altri, da Fassino a D’Alema, a Rutelli, o continuano a essere impelagati nella resa dei conti e nelle lotte intestine seguite nell’Ulivo alla sconfitta elettorale, o s’interrogano senza trovare risposta - una comune risposta - sul modo di impostare l’opposizione a Berlusconi. E a parte l’estemporaneo ?caso Moretti?, toni da denuncia ai limiti della propaganda elettorale, allarmi sui rischi di regime, si alternano a tentativi di trovare un’intesa con pezzi di centrodestra, sulla politica estera, sull’Europa o sulla Rai. Cofferati no.
Archiviato come un incidente di percorso l’insuccesso di Pesaro, ? tornato a dedicarsi in pieno all’attivit? sindacale. Il bilancio che presenta oggi a Rimini ? in attivo: uscito dall’isolamento, ha concluso, proprio alla vigilia del congresso, un contratto vantaggioso per gli statali (altro discorso ? vedere quale impatto avranno sui conti del governo aumenti medi di cento euro per milioni di impiegati pubblici). Ha rinsaldato l’unit? sindacale.
Facendo leva su Fini, ha riaperto un canale di comunicazione con il governo e ha posto Berlusconi di fronte a un’alternativa: o mette tra parentesi la riforma dell’articolo 18 (licenziamenti), o si ritrova con altri scioperi generali e cortei da seicentomila persone in piazza, alla vigilia della campagna elettorale per le amministrative. Se il governo gli verr? incontro, la Confindustria, che preme per questa come per altre pi? radicali riforme dell’economia, si trover? in un angolo.
E man mano che il campo di D’Amato si restringe, potrebbe anche allargarsi lo spiraglio che ? parso riaprirsi, dalla grande industria verso la Cgil, dopo lo strappo della firma separata del contratto dei metalmeccanici. Tutto questo, Cofferati lo ha ottenuto coi suoi ?no?. E’ una strana politica per l’uomo che Lama, nei suoi ultimi anni, aveva considerato il delfino, il leader giovane destinato a riprendere la battaglia riformista dopo la sconfitta del taglio della scala mobile del 1984. Una sconfitta imposta a Lama da Berlinguer, che non gli consent? di trovare un accordo con Craxi, e confermata, dopo la morte del segretario comunista, nel referendum dell’85.
Da allora in poi, e sia pure con due turni d’attesa - Pizzinato e Trentin - prima di salire alla guida del maggior sindacato, Cofferati ? stato a lungo l’uomo della concertazione, del dialogo con i governi Dini e Prodi, perfino di una moderata flessibilit?: la prima (e insufficiente) riforma delle pensioni, il rispetto per l’inflazione programmata, i contratti diversificati per le aree di crisi e per la formazione dei giovani.
La svolta vera, prima ancora che con Berlusconi, s’? avuta con D’Alema: quando appunto, tra Ds e Cgil, com’era gi? accaduto negli Anni Ottanta tra socialisti e comunisti, s’? riaperta la gara sull’innovazione. Che per Cofferati, spinta oltre certi limiti (il dalemiano ?meglio il lavoro nero che la disoccupazione?) rischiava di terremotare il sindacato. E per D’Alema, come oggi per Fassino, era ed ? l’unica strada per rendere credibile una sinistra di governo e distinguerla da quella ?antisistema? di Bertinotti, dei ?no-global? e di Moretti. Per questa via D’Alema ha perso il governo, il centrosinistra, con e senza Rifondazione, le elezioni, e il ?Cinese? ? rimasto in piedi.
Pu? bastare a dargli ragione, se il suo futuro, come si dice, ? quello di restare alla guida del sindacato, o candidarsi a leader dell’opposizione, per la lunga traversata nel deserto che attende il centrosinistra negli anni della destra trionfante. Non basta, invece - e Cofferati ? il primo a saperlo -, se l’ambizione del leader della Cgil ? riportare, domani, la sinistra al governo.
Dire solo ?no? non servir? pi? a niente, quando l’Italia si sar? stancata del centrodestra e ci sar? bisogno di una nuova forza riformista, capace di coniugare, come in Germania o in Inghilterra, dinamismo e solidariet?, competizione e giustizia sociale, risposte semplici alle societ? complesse.
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