16/1/2006 ore: 11:20

"MilanoRoma" Il giudice: «ultimi in Europa»

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    domenica 15 gennaio 2006


    Pagina 10 - Interni
      LA PIAZZA
        Emozione quando la compagna di una delle vittime di Nassiriya urla: voglio un´Italia vera
          Il giudice non celebra ma attacca
          «Basta, siamo gli ultimi in Europa»
            ALESSANDRA LONGO
              ROMA - Aveva detto: «Sul palco di piazza Farnese, ci sarò». E ha mantenuto la promessa. Eccolo lì, Giovanni Palombarini, giudice della Corte di Cassazione, i capelli bianchi, la sciarpa rossa che accentua il pallore del viso, l´espressione lievemente tesa. Lo applaude il popolo che invoca i Pacs, i patti civili di solidarietà, gli iscritti all´Arcigay con le loro bandiere arcobaleno, i militanti radicali e socialisti della Rosa nel Pugno, quelli di Rifondazione, i diessini dall´anima cento per cento laica, i Comunisti italiani, i Verdi. Chissà quante volte nella sua vita questo signore compassato, severo, avrà indossato l´ermellino. E ora invece è qui, sotto l´ambasciata francese dove, tre anni fa, si «pacsarono» (un neologismo cui bisogna abituarsi) Alessio e Christian, ancora felicemente uniti. Palombarini parla ad una folla colorata che chiede «libero amore in libero Stato», che srotola striscioni contro il Vaticano, «Ratzinger-Ruini, siete pericolosi impiccioni» (frase coniata dai Cobas, subitamente costretti dalla polizia a "coprire" il nome del papa con dei pezzi di carta).

              Ecco un giudice tra i «culattoni», come direbbe - e infatti ha detto, fedele al suo stile - il ministro Calderoli. Un giudice quasi in pensione che non si sente né una star né la pecora nera del mondo che rappresenta quando solidarizza con i duecentomila di Milano e denuncia il tentativo di ritrasformare le donne in «meri contenitori della specie». Legge dai suoi appunti, senza enfasi: «Negli ultimi tempi la laicità dello Stato è messa in discussione. Vi ricordo che rispetto alla libertà e ai diritti non si può mai abdicare». E ancora: «Dicono che i Pacs servono alle unioni omosessuali. Non è vero ma se anche così fosse? Questo ci dice che c´è bisogno di una legge, che non si può continuare a chiudere gli occhi di fronte ad un fenomeno sociale né accettare che l´Italia, sui diritti civili, sia il fanalino di coda dell´Europa». Nessuna violazione della Costituzione, nessuna insidia per il matrimonio. Bravo! Bravo!, «Grazie del tuo coraggio!», gli urlano. E sono coppie di lesbiche, fidanzati gay, mamme con bambini, disabili in carrozzella, facce di politici come il radicale Daniele Capezzone che denuncia «l´Opa del Vaticano sulla società italiana e i troppi Giovanardi nel centrosinistra» o il diessino Franco Grillini che guarda il cielo terso e poi conferma solenne: «Dio ci vuole bene».

              Chi si aspetta, come il ministro Castelli, pronto al provvedimento disciplinare, un Palombarini-Milingo, gran cerimoniere ribelle di improbabili matrimoni di piazza, rimane deluso. Questa è una manifestazione «politica», non un altro Gay Pride, precisano subito gli organizzatori. Solo qualche nota di colore tenuta ai margini, allegramente tollerata, come l´abito da sposa di Vladimir Luxuria o il boa di struzzo tinto di viola di un tal Emilio. Sul palco di piazza Farnese ci sono sì cinque coppie disposte a raccontare pubblicamente la loro storia ma Palombarini non le benedice, rivendica i loro diritti come fanno altri due suoi colleghi presenti in piazza, Franco Ippolito e Ignazio Patrone, presidente e segretario di Magistratura democratica.

              Alessandro Cecchi Paone, uscito combattivo ed eccitato dal suo personale outing («Il Vaticano non si permetta di giudicarci, Tremaglia è un fascista razzista, Giovanardi un cialtrone») presenta i candidati ai Pacs, coppie etero, lesbo, gay: Pasqualina e Andrea, Paola e Luisella, Cristina e Luca, Agata e Anna (23 anni insieme), Alfredo e Claudio. Dicono: «L´amore ce lo siamo preso, non vogliamo provocare nessuno, urtare nessuno, solo veder affermata, riconosciuta, la nostra esistenza. Paola Concia si rivolge al centrosinistra più cauto: «I diritti degli omosessuali non tolgono niente a nessuno, semmai aggiungono solidarietà, dignità ad un Paese bistrattato da questo maledetto presidente del Consiglio». Si tengono per mano, si fanno fotografare, si emozionano. L´europarlamentare Pasqualina Napoletano si è un po´ vestita da matrimonio, una rosa di velluto bordeaux fissata sul cappotto scuro. Da sotto il palco invano qualcuno insiste: «Bacio! Bacio!». Loro stanno seri, non è giornata. Lella Costa, che conduce entusiasta la kermesse, se li guarda e dice: «Mi fanno tenerezza».

              Atmosfera gioiosa, colonne sonore improbabili, anche Raffaella Carrà con «Com´è bello amarsi da Trieste in giù». Enrico Boselli, Gianni Cuperlo, Alfonso Pecoraro Scanio, Giovanni Berlinguer, Franco Giordano fanno il monitoraggio della piazza. Prodi mortificato? Gli passerà... Un unico momento teso quando prende il microfono Adelina Parrillo, la compagna, non moglie, di Stefano Rolla, caduto a Nassyria. Fu tenuta fuori dalla chiesa dove si celebrava la commemorazione ufficiale dei caduti. Le è impossibile dimenticare il torto subito, pronuncia parole dure, sotto emozione: «Voglio un´Italia vera, non quella che appoggia falsamente i tricolori sulle bare».
                Palombarini, il giudice dai capelli bianchi, se n´è andato, con discrezione. Ma la manifestazione non muore subito. «Siamo in 50 mila!», giurano gli organizzatori. C´è musica, in tanti vanno al microfono. Pannella si accende un sigaro, si guarda intorno, forse un po´ deluso: «Quattromila, seimila, non fa differenza. Il fatto è che quando c´è la volontà di organizzare, in piazza ci va anche mezzo milione di persone ma sotto elezioni prevale la paura di turbare i benpensanti».

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