20/3/2003 ore: 10:41
"Libro" Maroni cancella la concertazione - di G.Giugni
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giovedì 20 marzo 2003
economia e lavoro
l’anticipazione
Maroni cancella la concertazioneGino Giugni
la.ma.
Pubblichiamo l’anticipazione del
libro di Gino Giugni, con Paola
Ferrari e Carmen La Macchia,
«La lunga marcia della concertazione»
(il Mulino) in libreria la
prossima settimana.
La proposta contenuta nel Libro
bianco si compone di tre
fasi: nella prima, a livello nazionale
o anche regionale, l’esecutivo
avanza alle parti una intenzione
di intervenire su una certa materia
che non comporti impegni di spesa
pubblica, sollecitandone una reazione
in termini di opportunità e modalità
di realizzazione. A questa prima
fase di consultazione ne segue una
seconda, nella quale l’esecutivo offre
alle parti l’opportunià di negoziare
sul tema che forma oggetto dell’iniziativa
governativa. Se le parti si rifiutano
di trattare sul tema o le trattative
non hanno esito positivo, l’esecutivo
potrà precedere per via legislativa.
Nel naso invece si sia raggiunto
un accordo, l’esecutivo si impegna a
tradurre in legge l’intesa che può essere
adottata, in caso di disaccordo
tra gli stessi attori sociali, a maggioranza.
Il Libro bianco afferma di voler
«sperimentare una pratica dove il
confronto fra istituzioni e parti sociali
assuma la valenza non di un obiettivo
in sé, ma di uno strumento utile
al conseguimento di obiettivi di volta
in volta condivisi».
Anche qui prima di rispondere è bene
fare chiarezza. L’ho già accennato
in precedenza: nell’Unione Europea
i termini dialogo sociale e concertazione
sono equivalenti e indicano
una molteplicità di forme finalizzate
al coinvolgimento delle parti sociali
nella definizione degli obiettivi e delle
politiche. A livello comunitario,
dunque, il dialogo sociale non si contrappone
alla concertazione né la sostituisce.
Quanto alla procedura in
tre fasi descritta nel Libro bianco,
essa effettivamente ripete almeno
nella struttura il meccanismo intro-
dotto nel trattato di Maastricht (ora
nel trattato di Amsterdam) per cooptare
le parti sociali nella normazione
europea, costituendo in definitiva
uno strumento che recepisce in direttiva
gli accordi conclusi a livello interconfederale
europeo. Ma questa
procedura è altra cosa rispetto alla
concertazione. Essa somiglia piuttosto
al fenomeno delle cosiddette leggi
negoziate, che spesso sono state
uno degli esiti della concertazione
che, di conseguenza, ne costituisce il
presupposto, non l’alternativa. Comunque,
tanto la legislazione negoziata
quanto la consultazione obbligatoria
non sono affatto una novità
nel panorama sindacale italiano.
Il patto del 1998 aveva già riconosciuto
una priorità di iniziativa alle
parti sociali nella regolazione delle
materie di lavoro e aveva attribuito
alle intese trinagolari la competenza
per trasporre le direttive comunitarie
nell’ordinamento interno. Mi pare,
peraltro, che questa vicinanza al
modello europeo sia soltanto millantata.
Nell’Unione Europea, infatti, la
procedura sopra descritta è solo uno
dei modi in cui si svolge l’attività di
concertazione o di dialogo sociale,
come si preferisce chiamarlo. Il coinvolgimento
delle parti sociali, con
procedure istituzionalizzate, avviene
in moltissime altre sedi, una lunga
storia di comitati che concorre a formulare
obiettivi condivisi.
Esaurire dunque i modi della concertazione,
così come si svolgono nella
dimensioni comunitaria, nella negoziazione
collettiva tipizzata dalla procedura
del trattato di Amsterdam riduce
e mortifica il valore che l’Unione
Europa assegna al confronto con
le organizzazioni dei lavoratori e dei
datori di lavoro nella definizione della
politica sociale. Valore che è ben
compendiato nella formula contenuta
in uno degli articoli, il 138, con
cui si affida alla Commissione il compito
di «promuovere la consultazione
delle parti sociali a livello comuni-
tario». In realtà la volontà chiaramente
espressa è quella di cancellare
la concertazione ed espressamente,
infatti, il Libro bianco afferma la necessità
di favorire «il passaggio dalla
politica dei redditi ad una politica
per la competitività mediante l’adozione
di una metodologia di confronto,
basata su accordi specifici,
rigorosamente monitorati nella loro
fase implementativa, restando meglio
precisata la distinzione delle reciproche
responsabilità tra governo e
parti sociali». Ma, per l’appunto,
questa non è concertazione e nemmeno
dialogo sociale: è una mera
procedura di consultazione. Il valore
del metodo della concertazione consiste
nella partecipazione e nella condivizione
della selezione degli obiettivi.
Nella procedura descritta nel Libro
bianco, invece, le parti sociali
sono coinvolte soltanto nella ricerca
di soluzioni tecniche per il raggiungimento
di obiettivi che sono stati predeterminati
in altra sede.