15/1/2007 ore: 9:30
"Lavoro" Welfare, una riforma per combattere la disoccupazione
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Pagina 7 - Economia/Oggi Welfare, una riforma per combattere la disoccupazione Indennità legate alla riqualificazione professionale DIRITTI Una rete di tutele comune a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro contratto. Ma con una visione strategica netta, che segna una cesura con il passato: spostare le risorse verso una politica del lavoro attiva, con processi che portino alla creazione di nuovi posti, e abbandonare così le politiche tipicamente assistenzialiste. Ad esempio, vincolando l’indennità di disoccupazione a corsi di formazione e riqualificazione professionale. Il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha già annunciato la riforma degli ammortizzatori sociali prossima ventura, che sarà oggetto di un tavolo che si aprirà tra poche settimane con le parti sociali (in cui si discuterà dell’intera partita lavoro). E i tecnici del ministero stanno elaborando i punti da discutere. A partire dal fatto che, oggi, il mercato del lavoro è diviso in due grosse parti: la prima, costituita da chi è assunto a tempo indeterminato, che gode di alcune sostanziali tutele, per quanto perfettibili. E l’«altra metà del cielo», fatta di lavoratori con contratti i più fantasiosi, o senza alcun contratto, la massa di milioni di precari che il governo di centrodestra ha contribuito ad alimentare. Spiega Giovanni Battafarano, capo della segreteria tecnica del ministero del Lavoro: «La riforma deve innanzitutto riconoscere a tutti alcune fondamentali tutele, prevedendo strumenti universali uguali per tutti. L’indennità di disoccupazione, però, deve essere legata ad un periodo formativo di riqualificazione professionale». In sostanza, il lavoratore disoccupato sarà obbligato a frequentare corsi di formazione, pena la perdita dell’indennità. E le imprese? «Saranno obbligate anch’esse alla loro quota di attività formativa - continua Battafarano - L’idea è quella di investire molto nella formazione, tanto più perchè in un mercato stabile, come quello cui noi tendiamo, per le imprese è importante e vantaggioso stabilire un rapporto di fidelizzazione con i lavoratori, e ritrovarsi con forze qualificate». Tutti processi che dovranno coinvolgere anche le Regioni, come vuole del resto la riforma del titolo V della Costituzione. Ma qual è oggi la situazione in materia di ammortizzatori sociali? Decisamente non brillante, e molto diversa a seconda del settore lavorativo di appartenenza. Le misure previste sono sostanzialmente la cassa integrazione e la successiva indennità di mobilità, che però riguarda solo le grandi aziende. Entrambe le misure hanno entità e durata variabile a seconda del luogo di lavoro e anche dell’età (gli over 50 anni hanno un trattamento migliore), la mobilità comunque dura al massimo tre anni e riguarda un numero ristretto di persone. In più, c’è l’indennità di disoccupazione, che è stata portata al 50% dell’ultima retribuzione, della durata massima di 11 mesi nel caso il lavoratore abbia più di 50 anni. Esistono poi alcuni meccanismi mai tradotti in leggi (si tratta piuttosto di intese frutto di trattative sindacali), che in caso di crisi aziendali portano ad accordi di solidarietà. Per i precari, finora, esisteva il nulla più assoluto. Nella nuova Finanziaria, invece, è stato stanziato un fondo proprio in favore dei collaboratori a progetto coinvolti in crisi aziendali. «L’obiettivo deve comunque rimanere quello di combattere il precariato - dice Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil - Se la riforma degli ammortizzatori dovesse avere solo un carattere risarcitorio, diciamo subito che non saremmo d’accordo». In realtà, su questo punto il ministro Damiano e i sindacati concordano. Resta il nodo delle risorse. La copertura finanziaria dovrebbe comunque venire garantita da una quota delle entrate fiscali aggiuntive, e si sta ragionando su una sua possibile gradualità. |