«Io, Chiambretti, licenziato dai sindacati»

L’attore: ecco perché non mi fanno presentare il concerto del Primo Maggio
«Io, Chiambretti, licenziato dai sindacati»
ROMA - «Licenziato» nel giorno della Festa del lavoro. Piero Chiambretti, dopo nove anni di conduzione e direzione artistica, non presenterà il concerto del Primo Maggio organizzato dai sindacati in piazza San Giovanni. Nella guida della maratona musicale sarà sostituito da Claudio Amendola. E Chiambretti si sfoga: «Non ho gradito il modo. Ho saputo del mio "licenziamento" dai giornali. Sono di sinistra, mi spiace, ma né il mio amico Cofferati, né il direttore artistico Sergio Bardotti mi hanno avvisato. Bastava una telefonata: "Grazie per quello che hai fatto"». Deluso dal comportamento che hanno avuto nei suoi confronti, Piero Chiambretti insiste: «Il bello è che aspetto ancora dei soldi dell’anno scorso». A pagina 27
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Sfogo per l’esclusione dalla kermesse del 1° maggio
«Io, il primo licenziato nella festa del lavoro»
Chiambretti: aspetto ancora i soldi del 2001
ROMA - Piero Chiambretti si ritrova addosso un record difficilmente eguagliabile: è il primo lavoratore licenziato dai sindacati il giorno della Festa del lavoro. Al suo posto conduce Claudio Amendola. Alla maratona musicale del Primo maggio che i sindacati promuovono a piazza San Giovanni (diretta su Raitre dalle 16 alle 23), tra Oasis e Zucchero si aggiunge il cast del «Gobbo di Notre Dame», il musical di Cocciante. Chiambretti, come sta? «Non bene, grazie. Ma il mio non è il lamento del trombato. Mi ha disturbato il modo. Ho saputo del mio "licenziamento" dai giornali, sono di sinistra, mi spiace, ma né il mio amico Cofferati né il direttore artistico Sergio Bardotti mi hanno avvisato. Bastava una telefonata: "Grazie per quello che hai fatto". Non c’è nulla di personale, la situazione è degenerata quando il produttore esecutivo, Riccardo Corato, è entrato in collisione, per il budget, con Cgil, Cisl e Uil e con gli organizzatori tecnici, che erano pure creditori: questo ha permesso loro di diventare produttori della manifestazione. E’ una battaglia di tutti contro tutti, c’è una causa, io ci sono andato di mezzo perché mi hanno associato a Corato. Il bello è che io stesso sono creditore, aspetto ancora dei soldi, ma questo non è il punto». Una considerazione dopo nove anni di conduzione e direzione artistica? «Ne faccio due. 1) La Rai ha sempre mal sopportato quel concerto, non rientra nel budget della stagione e l’impegno profuso non corrisponde all’ascolto per la media stagionale. La rete che si appioppava il Primo maggio ha sempre storto il naso. I direttori non lo vogliono, la Rai lo segue per spirito di servizio, deve farlo perché i sindacati sono una parte della rappresentanza parlamentare e la tv dal mondo politico prende, se non ordini, esempio. 2) Gli stessi sindacati fino a che non si è formato l’esercito dei 500 mila in piazza non hanno capito l’importanza del concerto. I sindacalisti, televisivamente parlando, fanno calare gli ascolti, così per avvicinarli alla piazza (metà va lì per ascoltare musica) avevamo trovato il modo di mettere in maniera buffa le loro facce nel backstage . Ma attraverso la musica passano temi importanti. Il concerto a San Giovanni è il più importante d’Europa». Ma non ha però il fascino di un «Live Aid»: perché? «Intanto perché quello fu il primo di una serie di concerti benefici in una città come Londra, poi era un evento organizzato da musicisti per musicisti. C’era qualcosa di diverso. San Giovanni è cresciuta malgrado abbia un grande nemico: i decibel. Se si spara la musica, trema la Basilica. Il rock, lì, va dosato con il volume da musica classica. Il rammarico è di non avere avuto Springsteen». Il ricordo più bello e quello più brutto? «Coincidono: nel ’97 fummo tempestati dalla pioggia, un fulmine provocò un blackout, si temeva che il maltempo non facesse riempire la piazza. Invece fu invasa come sempre. A San Giovanni il sole splende anche con la pioggia». Quei ragazzi sanno che differenza c’è tra l’articolo 18 e l’Articolo 31? «I ragazzi hanno orecchio: l’articolo 18 sui licenziamenti è stonato, il gruppo degli Articolo 31 atteso sul palco, no». L’hanno fatta fuori l’anno del suo grande successo in tv con «Chiambretti c’è». «Le delusioni sono state due, entrambe senza motivazione, c’è anche l’esclusione all’ultimo Sanremo. Non so se si riprenderà "Chiambretti c’è", non so nemmeno se ci sarà Chiambretti. Ogni volta ti danno per morto e devi dimostrare che non lo sei, è come avere sempre 18 anni. Se escludo di lavorare a Mediaset? Io non escludo nulla, tengo le mie simpatie per la Rai ma oggi è facile confonderla con Mediaset. Occupare spazi solo per occuparli, non mi interessa. Preferisco vedermi in tv San Giovanni. Dal palco, l’orizzonte è coperto da migliaia di test, è un’emozione che terrò nel mio cuore per sempre».
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Valerio Cappelli
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