18/6/2002 ore: 10:06
"Intervista" Vincenzo Visco: «Con queste manovre si finisce come la Enron»
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Intervista a Vincenzo Visco
Intervista
a cura di
Bianca Di Giovanni
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17.06.2002 "Con queste manovre si finisce come la Enron" ROMA Sorpresa: la Patrimonio Spa non è altro che un doppione, una copia (per la verità «non conforme») di una struttura già esistente. Si tratta della Agenzia del demanio, istituita dall’Ulivo per valorizzare il patrimonio pubblico. Naturalmente quello alienabile. A questo punto la domanda è: perché Giulio Tremonti ha tirato fuori dal cilindro la «Patrimonio Spa», con tutte le incognite che contiene, se poteva vendere un bel po’ di beni (esclusi quelli demaniali e storici) attraverso una struttura già avviata? E non solo. Perché la furia «economizzatrice» del ministro dell’Economia ha sempre sorvolato sull’esistenza dell’Agenzia? «Perché l’obiettivo non è tanto vendere patrimonio, ma nascondere il debito». A spiegarlo è l’ex ministro Vincenzo Visco che per primo ha segnalato i rischi contenuti dal decreto salva-deficit. Al decreto di Tremonti è dedicata una nota di Nens (Nuova economia nuova società) consultabile sul sito www.nens.it. Le osservazioni ricalcano quelle esposte anche dalla Corte dei Conti e riprese poi in parte dalla lettera del presidente Carlo Azeglio Ciampi. Gli indizi conducono tutti verso un unico disegno: collegare il patrimonio alle opere per le infrastrutture tenendo fuori dal bilancio pubblico i debiti contratti per finanziare le opere. «Nulla impedisce a vendere il patrimonio alienabile - continua Visco - E nulla impedisce a creare società che trovino sul mercato le risorse per finanziare le infrastrutture. Anche l’Ulivo vuole finanziarle. Ma attraverso il mercato, non con il bilancio pubblico». L’economista Giacomo Vaciago afferma che lei voleva fare la stessa cosa di Tremonti. «È assolutamente vero che anche l’Ulivo voleva valorizzare e vendere il patrimonio. Solo che per farlo avevamo istituito una commissione del ministero delle Finanze - presieduta proprio da Vaciago - che studiasse il modo in cui potevano essere venduti i beni alienabili (naturalmente non il Colosseo). Era stata fatta una lista ed era stato indivuduato qualche centinaio di beni (tra cui il Foro italiaco) per un valore complessivamente molto modesto, mi pare duemila miliardi. Questo elenco era stato messo assieme ad altri beni che si stavano privatizzando. Ci furono anche allora le polemiche sul Colosseo, ma naturalmente nella lista c’erano solo beni disponibili». C’era un elenco preciso. «È ovvio che l’operazione era diversa. L’obiettivo di valorizzare il patrimonio c’era, ma ci rendemmo conto che l’operazione era molto complessa. Gran parte di questo patrimonio è rappresentato da beni culturali, che si escludono, o da beni in uso dallo Stato o da altri enti pubblici. Su questi si può fare un’operazione di razionalizzazione per evitare sprechi di spazi. Poi ci sono le caserme, su cui c’è un contenzioso biblico con la Difesa che non le molla, anche se sono vuote. C’è un problema delicatissimo, politico, di rapporto con i militari. Dopodiché ci sono Comuni, Regioni e Sovrintendenze da ascoltare. Insomma, per fare un’operazione di valorizzazione bisogna mettere attorno a un tavolo molti soggetti, avere dei progetti e delle idee specifiche e saperle gestire. Per questo fu fatta l’Agenzia del demanio». Allora a cosa serve la Patrimonio Spa? «Serve a fare propaganda e a creare un’altra occasione di conflittualità tra pezzi di Stato, perché l’Agenzia del demanio si ritrova espropriata dalle sue funzioni». Altroché cancellare gli enti inutili, Tremonti ha fatto un doppione. «Esattamente». Sotto non c’è nient’altro? «La nuova società serve a creare il marchingegno di cosmesi contabile, denunciata già da diversi osservatori. La prima idea, poi sventata, era quella di vendere alla società tutti gli immobili ad uso governativo, prendendoli poi in affitto. Questa cosa è stata sventata prima grazie all’opposizione, che ha chiesto il bilancio consolidato della Società e dello Stato, poi grazie al monito di Ciampi. A questo punto la cosa più pericolosa è l’uso che si fa delle Infrastrutture Spa». In che senso? «Qui il tentativo è di far fare a Infrastrutture investimenti per opere pubbliche togliendoli dal bilancio dello Stato». È qui che si crea il bilancio “parallelo”? «Sì, il tentativo è questo. Ora bisogna vedere cosa ne pensa Bruxelles. È una cosa molto pericolosa, perché quando si cominciano a mettere debiti fuori bilancio poi si finisce come la Enron. Se le cose vanno bene non succede niente, ma se il meccanismo si inceppa poi ci si ritrovano i debiti, e dato che le società sono dello Stato si tratta di debito pubblico. Anche qui dopo il monito di Ciampi è più difficile che si utilizzi impropriamente la società». Può spiegare meglio dove si annida il pericolo? «Infrastrutture reperisce risorse sul mercato garantite con gli immobili che le assicura Patrimonio. Poi concede prestiti ai costruttori, a tassi magari più alti, e il valore del debito che Infrastrutture fa con le banche invece di andare nel debito pubblico sta fuori. Se qualcuno non paga, se qualche infrastruttura non dà reddito la cosa si complica. Se con Infrastrutture si fa solo il project-financing, nulla quaestio. Anch’io avevo studiato una decina d’anni fa strumenti di questo tipo, ma erano autosufficienti, erano di mercato, non creavano problemi con il bilancio pubblico. Le due idee di per sé possono essere accettabili, a patto che non si facciano imbrogli. Ma il fatto è che Infrastrutture diventa davvero autosufficiente se si toglie qualsiasi legame con la Patrimonio che controlla beni pubblici». Quali osservazioni ha fatto la Corte dei Conti? «Le stesse che abbiamo appena ricordato. Perché creare la Patrimonio se c’è l’Agenzia? Perché non scrivere chiaramente che le spiagge e il Colosseo non si possono vendere? Infine attenzione al debito «sotto lalinea» (cioè nascosto, ndr)». È l’ultimo trucco di Tremonti. Può ricordare gli altri? «Rinvii di coperture, coperture fantasiose, sovrastime di entrate, sottostime di spese, la cartolarizzazione del Lotto è una stravaganza assoluta sotto osservazione a Bruxelles». Come aggiusteranno i conti? «Adesso faranno condoni, anche se non resta molto da condonare. L’unica cosa che darebbe dei soldi oggi come oggi è il condono edilizio, perché gli sgravi fiscali li hanno già fatti. Così si spiega anche la fretta nel fare le due società. possono cominciare a finanziare (con il trucco del debito, ndr) certe opere per cui avevano tagliato i fondi. Comunque ripeto: se Infrastrutture è di mercato è possibile che l’Europa la approvi e allora non c’è problema. Ma il fatto che sia di mercato è molto opinabile, visto che dietro ci sono interventi e garanzie del Tesoro». Dopo Ciampi, comunque, i rischi sembrano allontanarsi. «Non lo so, io mi fido poco. L’unica cosa su cui il pericolo mi sembra davvero sventato è la vendita dei beni culturali. Per il resto c’è da vigilare». |
Intervista a: Vincenzo Visco