22/1/2003 ore: 11:07
"Intervista" Venturi: «Il sì condanna le imprese al nanismo»
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22 gennaio 2003
Anche Venturi (Confesercenti) giudica un grave sbaglio la consultazione per estendere il reintegro
«Il sì condanna le imprese al nanismo»
Sono le aziende minori a creare nuovi posti
ROMA. Una condanna al nanismo
imprenditoriale. Alla dimensione familiare
d’impresa. In tempi in cui si
riscopre che la competitività ha bisogno
di dimensioni adeguate e che non
sempre "piccolo è bello", il rischio di
una vittora del referendum di Rifondazione
sarebbe, per il presidente di
Confesercenti Marco Venturi, quello
di spingere le aziende fuori dal mercato.
Come convincerete gli italiani a
votare contro il referendum?
Mettendo bene in chiaro quali saranno
i danni di un «sì». Non è una
novità che la crescita di posti di lavoro
in Italia è sostenuta dalla piccola e
media impresa: bene, tutto questo finirà.
La frenata sarà brusca e temo che
già l’effetto-annuncio del referendum
stia portando a un rallentamento.
Ma non è la congiuntura a frenare
l’occupazione?
Naturalmente ha un peso. Ma anche
in periodi di bassa crescita il
contributo che le Pmi hanno dato
all’occupazione è sempre stato superiore
a quello della grande impresa,
che continua a perdere posti.
Quali sono gli altri danni?
Innanzitutto costringerà l’impresa
alla dimensione familiare. La rigidità
del lavoro porterà l’imprenditore a
chiudersi in una dimensione ancora
più piccola con evidenti danni per il
nostro sistema e per la competitività.
Sappiamo bene che la concorrenza
dei mercati si può affrontare solo con
una dimensione d’impresa adeguata.
E poi il sommerso: più vincoli portano
lavoro nero. Già siamo al
27%, mi sembra una soglia fin
troppo drammatica.
Ma dovrete convincere anche
i lavoratori...
Spiegheremo ai lavoratori
che questi danni si scaricheranno
su di loro. Meno posti di
lavoro, più nero, perdita di competitività
sono tutti fattori che avranno conseguenze
negative.
Siete disponibili ad «aprire» su
nuove tutele?
Si può ragionare sugli ammortizzatori
sociali per i periodi di non lavoro.
E sulla formazione. Su questi temi
non ci sono chiusure tra piccoli im-
prenditori. Vede, nella piccola impresa
il rapporto tra datore di lavoro e
dipendente è diretto, personale, quindi
c’è tutta la disponibilità a cercare
soluzioni che aiutino nelle situazioni
di crisi.
Chiedete una legge che eviti il
referendum?
No, non vogliamo leggi che accolgano
il senso del referendum.
Dunque, si va di nuovo allo scontro
sull’articolo 18?
Già abbiamo perso troppo tempo
su questo tema. Il conflitto sociale
non è valso il risultato che abbiamo
portato a casa. Ora basta. Non vogliamo
un nuovo scontro sul referendum
ma tutto dipenderà da come saranno
schierate le parti in campo. Noi vorremmo
evitare una nuova conflittualità.
Aspettate i sondaggi?
Avremo sondaggi ad hoc ma rifletteremo
anche sulle indicazioni che
arriveranno dalle nostre strutture territoriali.
Dagli orientamenti e dal clima
cerchereremo un coordinamento con
le altre associazioni datoriali. Soprattutto
se dovremo fare una battaglia
sul referendum e costituire
comitati per il «no».
Insomma, meglio il non raggiungimento
del quorum?
Uno nuovo scontro, ripeto, sarebbe
inutile. Ma è troppo presto
per ragionare sul raggiungimento o
no del quorum.
Se vince il no, si augura una
modifica più incisiva sui licenziamenti?
Con il Patto per l’Italia abbiamo
già raggiunto un’intesa. Vale quella,
è inutile riaprire un fronte.
LI.P.