"Intervista" T.Boeri: «Il nuovo welfare? Reddito minimo garantito per tutti»
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sabato 3 dicembre 2005
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L'Intervista Tito Boeri
L’economista però avverte che per espandere le garanzie bisognerà abbassare quelle esistenti
«Il nuovo welfare? Reddito minimo garantito per tutti»
di Vladimiro Frulletti / Firenze
Via le «tutele di carta» e un reddito minimo per tutti. È questa per Tito Boeri, professore di economia del lavoro alla Bocconi e direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, la base del nuovo welfare su cui dovrebbe impegnarsi un futuro governo di centrosinistra. «Il problema di fondo per far ripartire la crescita e affrontare i problemi distributivi - spiega Boeri - non è quello di trovare nuove idee o di andare in giro per il mondo a cercare nuovi modelli. La cosa fondamentale è fare piazza pulita di alcune idee in cui siamo cresciuti e a cui abbiamo creduto. Idee che oggi non funzionano più».
Quali sono le idee vecchie ?
«Innanzitutto le tutele di carta. Le carte dei diritti, che a più riprese vengono rilanciate, o l’ingegneria contrattuale come la Legge Biagi. Un’ingegneria per cui per tutelare i nuovi lavori si finisce sempre per istituire delle figure contrattuali ad hoc. Poi però il mercato è così rapido non si riesce a attuarle».
Quali altre idee sono superate?
«C’è la credenza diffusa, ma perniciosa, che in Italia ci si possa basare sulla famiglia per risolvere i problemi distributivi. Le famiglie sono sempre più piccole e sempre di più c’è polarizzazione: o tutti lavorano o nessuno lavora. C’è poi da cancellare l’idea che la mancanza di intervento pubblico per tutti possa essere ovviata dalla presenza del sindacato».
Che colpe hanno i sindacati?
«Il sindacato è presente solo in parte, copre una parte limitata, spesso minoritaria dei lavoratori. Non copre i disoccupati e quindi non possiamo affidarci al sindacato per fare politiche redistributive. Questo però non vuol dire che il sindacato non ha funzione sociale. Ad esempio svolge un ruolo importantissimo rispetto agli immigrati. Siamo il paese che ha il più alto tasso di sindacalizzazione fra gli immigrati».
E le idee nuove quali sarebbero?
«Un sistema di assistenza sociale di ultima istanza. Cioè un reddito garantito minimo per tutti e un salario minimo per ogni lavoratore. Per realizzarlo ci vorrà coraggio perché è innegabile che ci saranno sia dei costi politici che fiscali».
Cosa intende per costi politici?
«Per dare tutele comuni a tutti bisogna spalmare su una platea più vasta le tutele che esistono oggi. E visti i vincoli di bilancio qualcuno avrà meno tutele di quante ne ha oggi, ma altri avranno finalmente tutele che oggi non hanno. Cioè ammortizzatori meno generosi ma per tutti».
Lei pensa che un lavoratore a tempo indeterminato che prende 1200 euro al mese sia un privilegiato?
«Ma non si capisce perché i lavoratori della grande impresa sia trattati diversamente da quello della piccola impresa».
Ma i soldi per fare queste riforme dove si trovano?
«Abbiamo calcolato che ci vorrà circa un punto di Pil, 14 miliardi di euro. In un paese che spende 500 miliardi all’anno in spesa corrente non è impresa impossibile trovare questi 14 miliardi. Solo il secondo modulo fiscale di Berlusconi ne vale metà. L’altra metà si può trovare eliminando una parte delle politiche attive del lavoro. Ci sono corsi di formazione assolutamente improbabili. Meglio allora fornire un reddito e aiutare a trovare un lavoro».
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