"Intervista" S.Pezzotta: «Pronti a un dialogo serio senza uscite improvvisate»
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lunedì 6 giugno 2005
IL SEGRETARIO DELLA CISL APRE AD UN TAVOLO GENERALE SUI PROBLEMI ECONOMICI DEL PAESE «Pronti a un dialogo serio senza uscite improvvisate» Pezzotta: non si taglia l’Irap se non c’è copertura, ma no a nuove tasse La contrattazione? Se la fanno funzionare, tutto andrà a posto da sé
Intervista Raffaello Masci
NO a un taglio dell’Irap senza copertura. No a discutere di costo del lavoro sulla base di proposte estemporanee. Sì ad un tavolo generale sulla contrattazione, ma previa un’intesa nel sindacato, Cgil compresa. Savino Pezzotta, segretario generale della Cisl, non ama il gioco di canto e controcanto con il governo, che un giorno fa una proposta e un giorno un’altra, sfruttando le platee di convegni e congressi. Vorrebbe chiudere il contratto del pubblico impiego e poi sedersi a un tavolo e ragionare. Meglio ancora se prima ci si è messi d’accordo tra confederazioni.
Quindi, segretario, la proposta del ministro Maroni di cominciare a trattare sugli oneri impropri (malattia, maternità, assegni familiari) per ridurre il costo del lavoro, non le interessa?
«Non è che non mi interessa. Gradirei solo che si facesse un po’ di chiarezza, a vantaggio di tutti. Vogliamo parlare di riduzione del costo del lavoro? Benissimo. Vogliamo parlare di cambiamento delle regole contrattuali generali. Bene anche questo. Ma affrontiamo una cosa per volta con un progetto globale per ciascuna di queste questioni, senza uscite improvvisate».
Proviamo a farlo qui un ragionamento. Cominciamo dalla riduzione del costo del lavoro. Il primo punto è il taglio dell’Irap: il governo l’ha promesso.
«Ho sentito che il ministro Maroni propone di farlo comunque, anche in deficit. Questo non mi pare accettabile. Il taglio dell’Irap ci interessa ma a due condizioni: che si stabilisca da subito con che cosa compensarlo (altrimenti dovranno essere le Regioni a trovare altri balzelli), e poi che non si dia a pioggia, ma finalizzandolo ad obiettivi specifici, come il Sud o l’innovazione. Altrimenti è uno sconto e basta».
Un taglio dell’Irap in deficit significa che ricadrà sulla fiscalità generale. E’ ovvio.
«Appunto. E’ inaccettabile: in nessun modo questo taglio, pure importante, deve ricadere su quella parte della popolazione, come i lavoratori dipendenti, che già paga molto e fino all’ultimo centesimo. Perché è evidente: se un taglio non è compensato è facile ipotizzare che vogliano rimettere le mani sull’Iva o sull’Irpef, o su altre tasse che andrebbero, quelle sì, a pioggia sui cittadini e i lavoratori».
Il suo messaggio è chiaro: se toccate l’Irap diteci come compensarla. Però, in una logica di riduzione del costo del lavoro, si può affrontare anche il «tabù» dei contratti territoriali, o no?
«Contratti territoriali, gabbie salariali e cose del genere, il ministro Maroni se li tolga dalla testa. Non è né un tabù né una posizione ideologica che impediscono di discuterne, ma un ragionamento molto semplice: un contratto nazionale serve a garantire un potere di acquisto collettivo e mette a riparo dal lavoro nero e dal sommerso. E’ una questione di giustizia minima e di chiarezza nei rapporti di lavoro. Poi c’è un secondo livello di contrattazione che è aziendale e deve essere di carattere integrativo. Lì possono esserci delle differenze, in ragione della produttività e della redditività. Se un contratto di secondo livello non c’è, allora si può parlare anche di un integrativo su base territoriale, ma integrativo deve essere, chiaro?».
In questo quadro come vede l’ipotesi di una forma di scala mobile a fronte di un allungamento dei contratti da due a quattro anni?
«Ma di che stiamo parlando? Gli automatismi hanno fatto il loro tempo. Il governo aveva ventilato questa ipotesi per il pubblico impiego. Bene, la mia risposta è che si faccia funzionare la contrattazione e il problema si risolve da sé».
A proposito di contrattazione. A Santa Margherita, Confindustria ha riproposto un tema che è nell’aria da molto: la revisione degli accordi del luglio ’93. Si può fare?
«Anche i modelli contrattuali invecchiano, si capisce. Si possono rivedere, non c’è dubbio. Noi questa disponibilità l’abbiamo data e abbiamo detto che ci sarebbe piaciuto affrontare la questione prima della chiusura del contratto del pubblico impiego, in maniera di poter discutere insieme anche di un disegno di riforma della pubblica amministrazione».
Ma c’è lo scoglio della Cgil, sostanzialmente indisponibile.
«Agli amici della Cgil vorrei dire che non possiamo aspettare di chiudere tutti i contratti prima di aprire questo tavolo, perché ci sarà sempre un contratto in scadenza, e poi non dobbiamo permettere che sia sempre la controparte a guidare il gioco. Facciamoci noi soggetti di questa vertenza, altrimenti rischiamo di fare come Bertoldo che non trova mai l’albero giusto a cui impiccarsi».
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