"Intervista" Pezzotta: basta accuse la Cgil esaspera il clima
20 giugno 2002
L'INTERVISTA
Pezzotta: basta accuse la Cgil esaspera il clima
«Il nostro sì alla trattativa ha finora bloccato ogni modifica sui licenziamenti»
ROMA - Se i rapporti fra Savino Pezzotta e Sergio Cofferati già erano difficili prima, figuriamoci adesso. La Cgil ha organizzato lo sciopero generale in Lombardia contro le modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori proprio per oggi. Con tanto di manifestazione. Dove? Ma naturalmente a Bergamo, che oltre a essere la roccaforte della Cisl è pure la città natale del suo segretario generale, Pezzotta. Apriti cielo: la Cisl accusa la Cgil di aver fatto uno sciopero contro i sindacati che si sono seduti al tavolo. Condivide, Pezzotta? «L’impressione è questa. Da giorni il segretario della Cgil attacca solo Cisl e Uil». Cofferati sostiene che firmando un accordo rompereste «un patto definito con milioni di lavoratori». E afferma che Cisl e Uil «ne risponderanno». Un’accusa di tradimento in piena regola. «Certo ch e ne risponderemo ai nostri iscritti e ai lavoratori. Come nel 1984, nel 1992, nel 1993. Siamo coerenti con una mobilitazione che ci ha chiesto di far modificare le posizioni del governo». Ritiene di esserci riuscito? «Possiamo metterla come vogliamo, ma l’azione della Cisl e della Uil ha finora bloccato ogni modifica dell’articolo 18. E l’ha bloccata andando alla trattativa, mica lasciando il tavolo. Poi, certo, è una trattativa difficile e delicata...». Ma se si dice che avete già fatto un accordo. «Ma quale accordo? Prima di firmare qualunque accordo voglio passare attraverso il confronto con gli organismi statutari. E non è affatto vero, come si dice, che la Cisl li abbia già convocati. L’accordo lo faremo solo se vi sono le condizioni. Ma gli organismi statutari comunque voglio riunirli al più presto, per un’altra ragione». Quale? «Fare una valutazione del clima di tensione che si sta creando in questo Paese. Non so fino a che punto possiamo continuare a esasperare gli animi in questo modo. La situazione non mi piace affatto». Perché non le piace? «Mi riferisco ai toni dei tradimenti, del "renderanno conto"... Vuol dire esasperare la situazione. E bisogna stare attenti a usare il fucile a pallettoni. Io continuo a tenere toni bassi perché so che c’è un domani, per noi e per loro, e spero che ci si possa rincontrare». Già, ma su quali basi? «Certamente non su queste. Non c’è nessuno che ha il verbo del sindacato, che può decidere ciò che è giusto e ciò che non lo è. Io non voglio diventare il capo dell’opposizione, e non insulto nessuno perché voglio esserci anche domani, fra un mese e fra due. E’ troppo comodo alzare il tono e andarsene. Troppo comodo».
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S. Riz.
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