"Intervista" N.Rossi: «E’ giusto fare delle proposte, ma non per conto della Cisl»

martedì 20 gennaio 2004
«E’ giusto fare delle proposte Ma non per conto della Cisl»
ROMA - «Avevo ritenuto sbagliato l’atteggiamento del centrosinistra di non presentare una proposta sulle pensioni quando i sindacati ci dicevano di farci i fatti nostri. Ma trovo altrettanto sbagliato che la Margherita lo faccia oggi». Nicola Rossi, economista e parlamentare Ds molto vicino a Massimo D’Alema, continua a pensare che «sulla previdenza si deve intervenire subito». Ed è favorevole a una maggiore articolazione dei contratti sul territorio, come chiede il leader della Margherita, Francesco Rutelli. E allora che cosa c’è che non va? «Che la proposta sulle pensioni avviene dopo che i sindacati hanno assunto posizioni diverse. Si tratta cioè di un’uscita che visibilmente è dettata dalle esigenze di una organizzazione». Dice che Rutelli fa il gioco della Cisl, che ha già presentato proposte analoghe? «Penso proprio di sì». Non crede invece alla voglia di Rutelli di dimostrare che l’opposizione sa dire la sua anche su argomenti impopolari? «La politica deve innanzitutto dimostrare di essere autonoma. Invece sia due mesi fa, quando il segretario dei Ds Piero Fassino annunciò una proposta sulle pensioni, sia adesso, non è stato così». Sarebbe stato meglio, anche per i Ds, seguire l’idea di Fassino due mesi fa? «Sì. Ci sarebbe stato il tempo di costruire una proposta unitaria del centrosinistra». Rutelli probabilmente ha rotto gli indugi perché ha capito che nei Ds c’erano troppe resistenze ad affrontare il tema. «Se la mossa di Rutelli equivale a un liberi tutti, mi auguro che a questo punto arrivi anche la proposta dei Ds. Resto convinto che si possa completare il processo riformatore degli anni Novanta». La proposta della Margherita non fa questo? «No, altrimenti avremmo visto al primo posto l’estensione del contributivo pro rata. Cosa che non c’è. E non mi stupisce». Perché? «Perché la Cisl è stata sempre contraria». La proposta Rutelli affronta però il problema che, nel 2005, la Dini prevede una revisione dei coefficienti di calcolo, che ridurrà l’importo delle pensioni. «Capisco che si voglia scambiare il mantenimento del livello della pensione con un allungamento dell’età di pensionamento. Ma non è detto che si debba farlo come propone la Margherita». Ci sono altre strade? «Per esempio, si potrebbe lasciare inalterata la fascia flessibile di età pensionabile prevista dalla Dini, da 57 a 65 anni (Rutelli propone 59-67, ndr. ) e spostare di due anni, da 62 a 64 l’età centrale (quella che assicura un’equivalenza tra contributi e prestazioni, ndr .). In questo modo si avrebbe un incentivo più forte a ritardare il pensionamento». E della proposta di dare più peso al contratto territoriale e aziendale che ne pensa? «La riflessione vera la devono fare i sindacati. I limiti dell’attuale impianto contrattuale sono evidenziati soprattutto dai flussi di migrazione dal Sud al Nord, che sono tornati sui livelli degli anni Cinquanta. Davanti a questo il sindacato dovrebbero chiedersi se una riforma della contrattazione non sia ragionevole». Ha fatto bene Rutelli quindi a porre il problema? «Sì, ma sono i sindacati a doverlo affrontare».
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Enr. Ma.
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