"Intervista" M.Caputi (Sviluppo Italia): «Terapia d’urto per il turismo»

martedì 7 settembre 200
sezione: ECONOMIA ITALIANA - pag: 16 |
COMPETITIVITÀ • Massimo Caputi (Sviluppo Italia): necessario il rilancio degli investimenti in tempi brevi «Terapia d’urto per il turismo»
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«Bisogna mobilitare le risorse dei privati, attrarre più capitali dall’estero e ricostruire un network efficiente»
VINCENZO CHIERCHIA
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MILANO • «Le condizioni del settore turistico italiano sono gravi, serve una terapia d’urto in tempi rapidi. Ma non c’è tanto bisogno di ampliare l’offerta ricettiva, quanto di riqualificare il modello turistico. Ci vuole un netto salto di qualità, bisogna mobilitare le risorse dei privati, attrarre investimenti qualificati dall’estero, far sì che il nostro Paese abbia un network efficiente per catturare i flussi turisti d’Oltralpe e vendere il prodotto Italia con sistemi all’avanguardia». Per Massimo Caputi, amministratore delegato di Sviluppo Italia, società pubblica per la promozione dello sviluppo produttivo e imprenditoriale, fortemente impegnata anche nel comparto turistico, con una rete di 18 società che fanno capo alla Sit.
Dottor Caputi, qual è il male oscuro del settore?
L’Italia è l’unico Paese a non avere strutture, rete organizzate di vendita all’estero dei servizi turistici paragonabili al potenziale del Paese. È una grave anomalia che penalizza oltremisura. Da questo punto di vista deve essere accelerato il più possibile il portale Internet annunciato con massicci investimenti dal Governo mesi fa.
Quindi occorre più promozione?
Sì ma in maniera incisiva e determinante. La promozione sui grandi mercati deve essere del Paese e non può essere fatta solo da amministrazioni locali. Bisogna poi individuare i nuovi flussi turistici e creare circuiti dedicati. Il modello spagnolo insegna. Servono poi alleanze tra amministrazioni locali e operatori privati con l’obiettivo di ampliare la stagione e calmierare i prezzi per rilanciare la competitività.
I tour operator non godono in generale di buona salute.
La crisi era ampiamente annunciata. Per i tour operator decisivo sarà il ruolo delle banche. Un processo di aggregazione sarebbe stato preferibile. Oggi seguiamo da vicino le vicende di Cit. È comunque sintomatico che i tour operator italiani soffrano di difficoltà finanziarie e non figurino in nessuna delle principali classifiche internazionali. Solo Alpitour ha una dimensione di un certo rilievo.
Resta poi il nodo dell’Enit.
È un modello che va modernizzato coordinando attività di promozione con iniziative sul fronte commerciale. La vera sfida si gioca poi sugli investimenti.
Perchè?
Bisogna sfruttare tutte le opportunità. Se ci sono le condizioni i grandi investitori esteri non mancano mai all’appello. La valorizzazione a fini turistici di importanti beni demaniali, ad esempio, sarà un banco di prova molto importante. Ci sono siti di elevatissimo interesse: dall’Arsenale di Venezia a diverse isole della Laguna, dal polo dell’Asinara e dalle aree di Capo Teulada in Sardegna, al castello e al carcere borbonico di Procida, nel Napoletano. Dai forti di Genova a diverse aree intorno a Ostuni. Non è possibile che l’Italia non abbia una rete alberghiera paragonabile ai paradores o alle posadas.
Quali sono i vostri impegni nel settore turistico?
Abbiamo avviato l’ingresso dei privati nella società Sviluppo Italia turismo. Ci sono già gli interventi definiti per lo sviluppo di tre poli turistici in Puglia, Calabria e Sicilia. Stiamo definendo i progetti di investimento anche per Campania, Veneto e Toscana; puntiamo moltissimo sui porti turistici. Sul fronte estero, dopo l’intesa con il gruppo Forte a Sciacca siamo impegnati nel decollo dell’intervento da 70 milioni della spagnola Sotogrande a Donnafugata, sempre in Sicilia, con un albergo di lusso e due campi da golf.
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